Edito da Edizioni Romperelerighe, Rovereto, 2016, 36 p.
Provare a limitare l’indecenza. Stiamo sopravvivendo in anni che stanno diventando sempre più bui: di guerra fra poveri, di cinismo, di disperazione, di rabbie sfogate a chi ci è prossimo, di rassegnazione e di passività. L’individuo è solo: fra paure, problemi materiali ed “economici”, fra affetti centellinati e miseri. È l’autorità. È la legge: quella del capitale, quella della gerarchia. Quella che, beffeggiandoci, ci hanno detto che è una “legge naturale”. La condivisione di piaceri, di fatiche, di progetti si trasforma solo in una comunione di passioni tristi come rabbie ed angosce. Microclima quotidiano di guerra civile. Su questo terreno etico ed emotivo delle persone prosperano furbetti, affaristi, carogne e fascisti che soffiano sulle braci di questa “guerra di tutti contro tutti”. Padroni e politici ridono e banchettano sulle nostre ossa. La collera non tocca mai loro, i diretti responsabili di tutto questo.
Siamo ormai incapaci ad utilizzare la parola come strumento di chiarificazione delle nostre azioni. La usiamo come arnese di confusione portatrice di opinioni che, come insegne luminose, vengono smerciate all’ingrosso dalla nostra bocca. Siamo incapaci a restare con gioia ad assaporare il silenzio. Incapaci di unire il pensiero alla parola e alla pratica per colpire uomini e strutture che han deciso di trascinarci verso la catastrofe. Inetti nell’ascoltarci nella mente, nelle mani e nel cuore per provare noi ad attaccare l’esistente, e a ritrovare il piacere dell’azione che si trova faccia a faccia con il nemico nel nostro quotidiano. Cercare modi nella pratica per autogestirci assieme ed alleggerirci il peso della miseria umana e materiale che il capitalismo ci stritola ogni giorno di più addosso. Ritrovare nel blocco oppressivo di questo quotidiano impostoci le linee di fuga per riprenderci la capacità di riassaporare la bellezza delle passioni, della reciprocità con un nostro simile, della vita.
Provare a limitare l’indecenza, e con l’auspicio che l’insurrezione parta ancora una volta in primo luogo da noi stessi. Dal cuore di ogni singolo solo che scopre gioiosamente di essere una persona, un individuo. Lor signori soffiano sulla guerra tra poveri, e su una guerra che sta probabilmente balenando verso un futuro scontro tra potenze a livello mondiale. Dall’Ucraina, la situazione è evidentemente cambiata. Nel militarismo è concentrato, secondo noi, tutto il meccanismo perverso e schifoso di questo carcere sociale: dall’autorità alla santificazione della gerarchia e del più forte, fino alla trasformazione degli esseri umani in macchine di morte al servizio di qualche potente. Combattere il militarismo significa muovere una pulsione etica e di cuore che va contro tutto quello che è il mondo che ci hanno imposto.
Nella pratica significa, oggi come ieri, dare una speranza all’umanità davanti al dramma della guerra e di questa barbarie socialmente organizzata. Dedicato a tutti coloro che vogliono provare a limitare l’indecenza di se stessi e del mondo. Dedicato a chi ci sta provando.
I contributi che seguono, come spiegheremo all’interno dello scritto, sono semplicemente una miscela di scritti nostri e non, di interviste, di articoli di giornale e di approfondimento tratti da fonti di cosiddetta “contro-informazione” e da fonti principalmente provenienti dal campo statale e borghese, cioè da quello del nostro nemico. Lo scritto così assemblato nasce da esigenze individuali di fare il punto su una situazione internazionale che diviene di anno in anno più terribile e pericolosa.
Nasce dall’urgenza impellente di non stare zitti di fronte alla grandezza tremenda della catastrofe che ci stanno apparecchiando, e dalla volontà di portare un contributo nella pratica e nel pensiero al campo antimilitarista. Vuole, quindi, non limitarsi all’elenco degli orrori, ma offrire spunti curiosi ed interessanti per provare ad indirizzare i nostri sforzi per rendere sempre più concreta la nostra opposizione alla guerra. Sabotare l’ingranaggio militarista è possibile. Ci piace chiudere con la citazione rubata dall’introduzione di un opuscolo che, per noi, ci sembra tristemente ancora molto attuale: (“Verrà la realtà e ci troverà addormentati”, ha scritto un poeta spagnolo. Ecco, in fondo la questione è tutta qui. Vogliamo farci trovare con gli occhi aperti).
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