Moroni Primo, “Tra postfordismo e nuova destra sociale”

Edito da: Shake edizioni
Luogo di pubblicazione: Roma
Anno: 1993
Pagine: 39
File: PDF
Introduzione/Premessa/Presentazione/Sinossi/Quarta di Copertina/Sintesi:
I materiali, i riferimenti e le riflessioni contenuti in questo articolo sono soprattutto una sollecitazione a seguire percorsi di lettura, itinerari bibliografici e a dotarsi di “strumenti di lavoro” adatti a consentire la conoscenza delle profonde trasformazioni in atto in una parte consistente della società italiana e di converso del suo porsi nell’Europa delle grandi strategie economiche. Nell’intenzione, quindi, materiali problematici e sicuramente non esaustivi così come sono legati a ricerche sul campo e a letture d’appoggio. In definitiva queste note vogliono essere una sollecitazione a tornare a “fare inchiesta e ricerca” partendo dai propri ambiti di lavoro e utilizzando Marx & co. come una “cassetta degli attrezzi” con la quale scardinare i sistemi di falsificazione dell’avversario di sempre. Il lettore troverà quindi in queste note possibili “ripetizioni” e percorsi apparentemente contraddittori (specialmente nelle parti finali), ma, appunto, l’intenzione è quella di produrre materiali relativi a ricerche e percorsi tutt’ora in corso e tutt’altro che conclusi.

Nota dell’Archivio
– Il saggio venne pubblicato su Decoder, n. 8, Primo Semestre 1993. Successivamente, fu ampliato e pubblicato in “Vis àVis, Quaderni per l’autonomia di classe”, Bologna, n. 1, autunno 1993

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Ellul Jacques, “La Tecnica. Rischio del secolo”

Edito da: Giuffrè editore
Luogo di pubblicazione: Milano
Anno: 1969
Pagine: VII+443
File: Epub
Introduzione/Premessa/Presentazione/Sinossi/Quarta di Copertina/Sintesi:
Questo libro è famoso. È stato un best-seller nell’edizione americana di qualche anno fa. Giunge in Italia con un certo ritardo, ma in tempo per una comprensione più matura e aderente. Nel 1954, quando l’opera apparve, le linee della civiltà tecnologica non si erano ancora definite proprio nel senso previsto da Jacques Ellul: e il distacco di un buon quindicennio era necessario per un bilancio, che si chiude largamente in attivo.
La ricerca centrale riguarda il rapporto nuovo che l’uomo è tenuto ad instaurare con l’universo tecnologico, con un ambiente cioè che si è sovrapposto alla vecchia «natura». Tale rapporto non sussegue in continuità col dominio stabilito sul mondo fisico dall’homo faber, non è il compimento dell’opera millenaria iniziata dall’umanità per umanizzarsi.
L’homo faber creava; l’uomo dell’universo tecnologico rischia di essere creato, cioè sospinto all’estremo automatismo. Le cose tecnologicamente trasformate minacciano all’improvviso di esercitare sull’uomo quel sopravvento che egli sembrava essersi assicurato sulle cose «selvagge». Quali le responsabilità? Quali le incognite?
Il discorso di Ellul è una risposta ancora tutta da meditare.

Nota dell’Archivio
– Traduzione dal francese del libro “La technique ou l’enjeu du siècle, Colin, Parigi, 1954

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(a cura di) Mazauric Claude, “Babeuf. Il tribuno del popolo”

Edito da: Editori Riuniti
Luogo di pubblicazione: Roma
Anno: Aprile 1977, Ristampa
Pagine: 300
File: PDF
Introduzione/Premessa/Presentazione/Sinossi/Quarta di Copertina/Sintesi:
Il pensiero e l’azione di Francois-Noél, soprannominato Gracchus, Babeuf vanno sempre più suscitando l’interesse degli storici e dei lettori. Non passa anno senza che appaiano nei vari paesi notizie o voluminosi studi su Babeuf e i babuvisti. L’attenzione oggi rivolta al più efficace assertore del comunismo utopistico, al capo della Congiura degli Eguali, – il primo esperimento di partito rivoluzionario organizzato-, è un naturale portato dell’affermarsi nel mondo contemporaneo del socialismo scientifico, il quale riabilita in sè anche le utopie che lo hanno precorso e insieme sa dare di loro una immagine critica che ne fissa la grandezza e i limiti.

Note dell’Archivio
– Prima edizione: 1969
– Traduzione dal francese di “Textes choisis”

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Picco Laura, “La fata rovesciata”

Edito da: Edizioni Ottaviano
Luogo di pubblicazione: Milano
Anno: Aprile 1976
Pagine: 91
File: PDF
Introduzione/Premessa/Presentazione/Sinossi/Quarta di Copertina/Sintesi: ///

Note dell’Archivio
– Laura Picco è lo pseudonimo di Laura Pariani
– Per una panoramica sul lavoro di Pariani/Picco, rimandiamo a questo saggio più intervista: “Il racconto come militanza: sulle radici femministe dell’opera di Laura Pariani”

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Voci da dentro. Sull’ipocrisia della “lotta alla criminalità organizzata”

Edito da: OLGa
Luogo di pubblicazione: ///
Anno: Gennaio 2014
Pagine: 28
File: PDF
Introduzione/Premessa/Presentazione/Sinossi/Quarta di Copertina/Sintesi:

Da alcuni anni ogni mese spediamo a molti detenuti e detenute un opuscolo con lo scopo di rompere l’isolamento, amplificare la solidarietà, condividere informazioni interessanti e che spesso vengono taciute o distorte dagli organi di stampa in mano al potere. Negli anni si sono intrecciate relazioni con molti/e detenuti/e e molte sono le storie, i pensieri e le idee che non riescono a trovare posto nell’esiguo spazio dell’opuscolo mensile, così abbiamo pensato di raccoglierle, raggruppate per temi, in uno spazio dedicato. In questa prima pubblicazione Mario, Pasquale e Antonio parlano della loro esperienza mostrando l’ipocrisia della “lotta alla criminalità organizzata” condotta dallo Stato soprattutto nel Sud Italia ed in Sardegna.

Nota dell’Archivio: ///

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Berneri Camillo, “Il credo”

Edito da: estratto dal n. 4 della Collana Anteo
Luogo di pubblicazione: Ragusa
Anno: Gennaio 1962
Pagine: 1
File: PDF
Introduzione/Premessa/Presentazione/Sinossi/Quarta di Copertina/Sintesi:

Riprodotto da “Pensieri e Battaglie” — Vol. edito “a cura del Comitato Camillo Berneri” – Paris, 1938

Nota dell’Archivio
– Testo fotografato
– Testo dattiloscritto da Franco Leggio

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Simonelli Giovanni, “Maria vergine…ed i fratelli di Gesù”

Edito da: Supplemento al n. 26 della Collana Anteo
Luogo di pubblicazione: Ragusa
Anno: Settembre 1966
Pagine: 4
File: PDF
Introduzione/Premessa/Presentazione/Sinossi/Quarta di Copertina/Sintesi: ///

Nota dell’Archivio
– Testo fotografato

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Primo Maggio 1983

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Durata: 1 Maggio 1983
Luogo: Milano
Periodicità: Numero Unico
Pagine: 4

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Di Gioia Franco, “Storie nostre”

Edito da: Edizioni Underground
Luogo di pubblicazione: Catania
Anno: Maggio 1991
Pagine: 176
File: PDF
Introduzione/Premessa/Presentazione/Sinossi/Quarta di Copertina/Sintesi:

Di immediata e piacevole lettura, il libro di Franco Di Gioia ci porta in modo diretto ed efficace all’interno dei meccanismi di sfruttamento che nella maggior parte dei casi schiacciano e condizionano i proletari di tutto il mondo, con la specificità efferata e sconsolante con la quale gli stessi meccanismi agiscono nei confronti dei proletari del nostro Meridione. E la sua storia, una delle Storie nostre, “storie” di sfruttati che di regola restano vittime di processi più grandi di loro ma che qualche volta, come nel caso di Franco, riescono attraverso il meccanismo stesso di oppressione e di miseria e l’estraneazione d’un lavoro in fabbrica, a prendere coscienza del proprio essere proletari estraneati da ogni gestione della ricchezza che concorrono a produrre. E questa presa di coscienza viene tratteggiata puntigliosamente, nei suoi vari momenti, legandosi sì alla dimensione del lavoro, e quindi dell’alienazione specifica della fabbrica, ma anche alle occasioni che la vita non manca mai di fornire, incontri e letture, incontri con altri compagni e letture di testi anarchici e rivoluzionari. Il risveglio alla coscienza piena e matura di sfruttato, anticamera a quella coscienza ancora più articolata che agisce nella dimensione rivoluzionaria, è de­ scritto in tutti i suoi aspetti e costituisce uno dei punti migliori di tutto il libro. Franco abbandona il lavoro al Nord e ritorna a Grisolia spinto dall’idea di dare inizio qui, insieme ad altri compagni — che nel frattempo ha conosciuto – e agli sfruttati calabresi del suo paese d’origine, alle lotte. Ed è un’altra serie di descrizioni di iniziative in prima persona. Gli anarchici organizzano, senza delega e senza alcuna pretesa ideologica, rivolte di paese, occupazioni di Comuni e di stazioni ferroviarie, manifestazioni con centinaia di partecipanti anche nelle città sedi della Regione e delle Amministrazioni locali. E nel corso di queste lotte, man mano che l’intervento si articola e si sviluppa, Franco e gli altri compagni anarchici, scoprono una verità che teoricamente cono­scevano a priori, ma che nel riscontrarla in seno alla pratica non manca di sorpren­derli e amareggiarli: quando gli sfruttati riescono ad impadronirsi del potere – sia pure il potere locale di un’amministrazione comunale – diventano essi stessi sfrutta­ tori. E fanno presto a diventarlo, e non cedono a quegli altri sfruttatori, quelli che hanno dietro le spalle secoli di addestramento e di esercizio. Da qui le loro lotte contro la mafia emergente del PCI, insediatosi quest’ultimo in alcuni Consigli comunali della zona, e diventato nei fatti, nella mentalità, negli interessi e nella gestione della cosa pubblica, mafioso come tanti altri partiti con lunga tradizione alla spalle. La ricerca del dettaglio, nella narrazione poniamo dei fatti della sua infanzia, delle vicende della fanciullezza e del periodo che precede la presa di coscienza rivoluzionaria, sono in Franco un momento per scandagliare meglio le condizioni specifiche in cui si trova a vivere il proletario del nostro Meridione e i sentimenti e le sofferenze che vive quando si estranea da un tessuto che bene о male lo ha prodotto, e quindi anche condizionato, e si trova catapultato in situazioni di emigrazione, come potrebbe essere Milano о la Germania. Le difficoltà di una presa di coscienza, specialmente al Sud, sono quindi dovute, come emerge chiaramente dal racconto, alle scarse occasioni culturali fornite dal tessuto dei nostri paesi più arretrati: mancanza di una vera e propria circolazione delle idee, residui ancestrali di rispetto feudale e di chiusura contro cui è difficile lottare. Ma Franco e gli altri si inseriscono proprio in questo tessuto e vi apportano, come un innesco esplosivo, la circolazione vivacissima delle idee anarchiche, la distribuzione di libri, opuscoli, volantini, la gestione della parola pubblica, con quei comizi che nei piccoli paesi del nostro Sud fanno ancora tanta presa sulla gente, ed infine – come tratto originale e di grandis­sima presa — la lettura pubblica delle poesie, mirate su argomenti di grande impatto perché specifici e conosciuti da tutti, ma da nessuno apertamente affrontati in un di­ battito. Nel grande crogiuolo di queste lotte, che nel piccolo riflettono il grande del movimento che in questi ultimi vent’anni s’è sviluppato in tutta l’Italia e in Europa, Franco, insieme agli altri compagni, non solo verifica e sperimenta la fondatezza delle idee anarchiche, ma le rafforza, concludendo il suo libro proprio con un’affer­mazione di fiducia nel futuro: «Personalmente» — egli dice — «non mi interessa sapere se un giorno si riuscirà a vivere come noi desideriamo, perché mi preme più di ogni altra cosa lottare per le cose che ritengo più giuste. Per questo, il mio contributo sarà sempre e soltanto per l’anarchia». Ma, se dalla lettura di tutto il libro, emerge questa costante della fiducia in se stesso e della giustezza dell’ideale anarchico, parallelamente si sviluppa una considerazione di grande interesse, particolarmente per tutti quei compagni che in questi due ultimi decenni sono stati impegnati nelle lotte di ogni genere: l’illusione – sostanzialmente egli dice — di volere a tutti i costi essere capiti dalla gente, ci ha condotti a presentarci agli altri, e quindi anche ad agire, come “bravi ragazzi”, evitando per quanto è stato possibile il ricorso alla violenza о l’indirizzarsi verso scelte individuali ed organizzative di altro genere. Ed è proprio dall’alto della sua esperienza, di una serie considerevole di lotte sviluppate e portate avanti all’interno degli sfruttati, che Franco conclude per l’inutilità di questa preoccupazione, fondata sulla necessità assoluta di “farsi capire dalla gente”, e quindi per la legittimità di quelle scelte, operate da tanti altri compagni, che spesso sono state tacciate come scelte “incomprensibili” о che passavano sopra la testa degli sfruttati. Ognuno, egli afferma, deve lottare con i mezzi che crede opportuni, colpendo gli obiettivi e i responsabili dello sfruttamento secondo come riterrà necessario. Conclusione che spazza via, d’un sol colpo, tutte le chiacchiere sulla violenza о sulla nonviolenza, alternativa puramente metafisica, che hanno funestato il movimento anarchico per tantissimo tempo. Di questo libro, la cui lettura è certamente utile e piacevole, si potrebbero dire molte altre cose, noi preferiamo solo sottolineare gli spunti finali, che Franco pone sul tappeto come, più che altro, un soliloquio, un discorso rivolto a se stesso. Spunti che si potranno condividere о meno, affrontando problemi esistenziali che non tutti affrontiamo о consideriamo alla stessa maniera. Ma è anche qui una delle ricchezze del libro: il coraggio di affermare le proprie idee così come sono, senza nascondersi dietro il dito dei luoghi comuni о delle affermazioni che si presume possano risultare gradite al palato degli altri. Insomma, un’avventura per il lettore, uno di quei libri che una volta letti lasciano il segno così come accade quando s’incontra un’amico che non si vedeva da tanto tempo.
Alfredo Maria Bonanno

Note dell’Archivio: ////

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Fabbri Luigi, “La repubblica romana del 1849”

Edito da: Casa Editrice Sociale
Luogo di pubblicazione: Milano
Anno: 1949
Pagine: 34
File: PDF
Introduzione/Premessa/Presentazione/Sinossi/Quarta di Copertina/Sintesi:

Iniziamo i Quaderni della Sociale con lo studio di Luigi Fabbri sulla Repubblica Romana del 1849 non solo per la sua attualità in occasione del centenario, ma anche per rendere omaggio alla me­moria di un onesto e tenace lottatore che tutta la sua vita dedicò alla causa della giustizia sociale. La prima volta venne pubblicato nel 1925 a puntate nella rivista L’università libera edita dalla Casa Editrice Sociale. Cogliamo l’occasione per ricordare agli amici vecchi e nuovi che quest’anno si compiono quarant’anni da quando nel lon­tano 1909, iniziammo la nostra attività editoriale… In questi Qua­derni è nostra intenzione raccogliere quanto di meglio si è prodotto nel campo della libera cultura e che non sia già stato da altri pub­blicato. Per una efficace formazione di uomini liberi crediamo sia necessario conoscere anche i piccoli testi e le tendenze meno seguite. Per la loro diffusione contiamo sulla solidarietà di tutti gli amici. Di ogni quaderno vengono stampate soltanto mille copie.

Nota dell’Archivio
– La ripresa della casa editrice diretta da Giuseppe Monnanni dopo il secondo conflitto mondiale, fu, stando a quanto riportato da Schirone Franco nel capitolo “La Casa Editrice Sociale. Un esperimento di cultura anarchica (1909-1933)” – ed inserito in “Leda Rafanelli: tra letteratura e anarchia. Atti della giornata di studi “Leda Rafanelli. Una vita anarchica” tenuta a Reggio Emilia il 27 gennaio 2007”, Biblioteca Panizzi Archivio Famiglia Berneri – Aurelio Chessa, 2008 -, difficoltosa per le condizioni in cui si trovava il territorio e il movimento anarchico italiano dopo la guerra. La morte della casa editrice avviene, scrive Schirone, non solo perché l’editore “sarà duramente colpito da problemi di salute e non potrà continuare la sua opera, ma anche perché lo scenario politico e sociale dell’Italia del secondo dopoguerra è radicalmente cambiato rispetto a quello che aveva visto nascere le tante iniziative editoriali di Monanni. Il movimento anarchico italiano è stato perseguitato e quasi annientato in vent’anni di totalitarismo, i suoi migliori militanti rinchiusi nelle carceri, o al confino, o esuli nel mondo, o assassinati nelle piazze d‟Italia (e non solo di questa); il sindacalismo rivoluzionario dell’USI non esiste più; le diverse correnti individualiste sono scomparse ed i migliori hanno fatto scelte diverse; la lotta partigiana ha determinato altre tematiche, altre scelte e nuovi bisogni; la presenza nel movimento operaio è stata, anche volutamente, minima e, nel suo complesso, l’anarchismo non è stato in grado di crescere pur avendo avuto i presupposti nell’immediato dopoguerra, quando, a seguito della lotta partigiana, numerosi giovani si sono avvicinati al movimento facendo ben sperare in una ripresa.”

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