Associazione culturale “Pietro Gori”, “L’impegno antimilitarista libertario dal 1945 ai giorni nostri”

Milano, 2018, 13 p.

Non c’è antimilitarismo senza abolizione dello Stato. Non c’è abolizione delle Stato senza antimilitarismo. Richiamandoci ad uno storico slogan del movimento delle donne (ed adattandolo all’argomento – l’antimilitarismo – che qui viene trattato) si può cogliere immediatamente il nesso che esiste tra potere e militarismo, azione antimilitarista e lotta contro lo Stato, liberazione totale e lotta contro ogni potere politico ed economico, religioso e militare. In effetti da sempre, all’interno del movimento d’emancipazione del popolo, esistono due mezzi per raggiungere un unico scopo sintetizzato nella libertà e nell’uguaglianza: uno “legale” e l’altro d’appropriazione ed emancipazione diretta. Il primo mezzo colloca l’emancipazione all’interno della legalità che le singole leggi di ciascuno Stato/Potere assume per la propria autoconservazione.
Il secondo invece vede nella cosiddetta legalità un mezzo di falsa liberazione, una apparente emancipazione che resta tutta interna alla logica del potere che anzi si rafforza e si perpetua attraverso il dominio sui singoli e sulla collettività. Dunque non può esistere liberazione senza liberazione dal potere, non può esistere emancipazione senza mettere il potere in discussione, senza abolirlo in favore di una organizzazione sociale basata sulla socializzazione dei mezzi di produzione, sul rifiuto della delega, su piccole e grandi comunità federate tra loro, sulla autogestione della produzione dei beni necessari alla vita collettiva.

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