Edito da Eleuthera, Milano, 2008, 79 p.
Attraverso l’uso critico della tecnica è possibile progettare edifici che possano, da un lato, contribuire alla risoluzione delle problematiche ambientali e, dall’altro, partecipare alla ricomposizione culturale delle comunità locali. Le grandi trasformazioni indotte dal modello economico globale hanno investito anche settori tradizionalmente poco reattivi come quello edile, disperdendo quella identità culturale, ambientale e sociale propria di un’attività da sempre connessa con le comunità e i luoghi. Nella costruzione dei manufatti la componente artigiana, fondata sulla capacità tecnica e la specificità geografica degli operatori, oggi è stata quasi totalmente sostituita da materiali, componenti e processi industrializzati, con esiti sociali e ambientali pesantemente negativi. Proprio l’accrescersi dei problemi connessi ai mutamenti climatici ha fatto emergere con prepotenza, anche nell’edilizia, la necessità di invertire questa impostazione, con l’obiettivo di aumentare l’efficienza energetica e ambientale. Ridurre le quantità e aumentare la qualità dei manufatti, recuperando l’artigianalità dei processi, la specificità delle soluzioni rispetto ai luoghi e la partecipazione attiva delle comunità, appare lo strumento primario per un’architettura sostenibile.
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