Giugno 2020, 20 p.
Con l’espressione “terzo genere” si cerca di descrivere tutti i soggetti il cui sesso, genere, ruolo di genere, espressione di genere o orientamento sessuale non rientra in uno schema binario ed eterosessista di maschio/femmina e maschile/femminile. Il termine “terzo” sta ad indicare un generico “altro”; in alcune civiltà infatti gli antropologi hanno riscontrato l’esistenza di quattro, cinque, sette o più generi. “Terzo” sta anche ad indicare la rottura della dicotomia, la messa in crisi del modello dei due generi opposti e complementari. Può indicare un ampio spettro di soggettività: persone di entrambi i generi, di nessun genere, di sesso/genere opposti, androgine, in continuo movimento da un genere all’altro o di un genere indipendente e diverso dai due soli riconosciuti, maschio e femmina. Mentre nel mondo occidentale l’esistenza di persone che non rientrano nei parametri tipici di sesso e genere maschio/femmina è da secoli resa difficile attraverso l’emarginazione e lo stigma sociale, in molte tradizioni non occidentali è possibile notare una maggiore apertura verso questo tipo di realtà. Purtroppo questo aspetto è stato spesso trascurato o distorto dagli antropologi e dagli storici occidentali che si sono occupati dello studio di queste particolari civiltà. Oggigiorno il sistema binario sessuale (la convinzione che i sessi e i generi siano due soltanto e siano sostanzialmente immutabili nel corso della vita) è uno dei presupposti di base, indiscutibili, su cui si fonda la quasi totalità delle scienze sociali, antropologiche e sessuali della tradizione occidentale. Ma come è nata questa credenza? E’ sempre stato così, o in altri tempi e in altri luoghi le cose funzionavano diversamente?
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Nota dell’Archivio
-Articolo pubblicato originariamente nel volume “TranScritti”, a cura di Buci Sopelsa e Davide Tolu, ed. DataNews, 2006