Edito da BFS-Rivista Collegamenti/Wobbly, Pisa-Genova, 2001, 160 p.
Max Hölz (Moritz/Sassonia 1889 – Gorki 1933) è una delle figure più affascinanti e meno conosciute del movimento operaio tedesco. Di origini modeste, volontario nella Prima Guerra mondiale, dove sente per la prima volta parlare del socialismo, è protagonista del movimento dei consigli del 1918-1919 nella Germania centrale, per lunghi anni costretto alla clandestinità, comandante delle milizie operaie nel sollevamento del marzo 1921. Spartachista fuori dai ranghi, pronto ad accorrere dove vede accendersi i fuochi della rivoluzione o dove la reazione scatena i suoi colpi, Hölz è sempre lì, a organizzare, dirigere, combattere. Con una regola: “Non chiederò mai a chi mi segue di fare qualcosa che io stesso non farei”. Uomo di prima linea, nei combattimenti, nelle azioni più pericolose, dovunque c’è da rischiare, tanto da creare un vero e proprio mito che nasce e s’ingigantisce nella fantasia popolare, nei resoconti dei giornali, nelle paure dei suoi nemici: una sorta di novello Robin Hood, che espropria i capitalisti per finanziare la rivoluzione. Soprattutto, è uno straordinario recettore degli antagonismi di classe, con l’istinto della pratica diretta, non mediata da teoricismi paralizzanti. Una vicenda, la sua, che ci restituisce le atmosfere vissute da un ribelle proletario in un’epoca di rivoluzionari. Il volume raccoglie la sua autobiografia, finora mai pubblicata in italiano.
Nota dell’Archivio
-Traduzione del libro “Vom “Weissen Kreuz” zur roten Fahne Jugend- Kampf- und Zuchthauserlebnisse”, Malik-Verlag, Berlino, 1929