Edito da Eleuthera, Milano, 2021, 200 p.
In dissenso con la pretesa «autoriale», Doglio concepisce il piano urbanistico come un processo collettivo e pluralistico da costruire attraverso l’azione sociale degli abitanti e il territorio come un sistema aperto in cui è ammesso il disordine e in cui si negano i rapporti di dominio aprendosi alla solidarietà e alla condivisione.
Ma che razza di società vogliamo? Da una parte c’è il piano rigido proprio di una società preordinata secondo schemi astratti che dalle rilevazioni sul campo esigono solo una conferma. Dall’altra c’è il piano aperto, flessibile, sottoposto alla verifica della realtà e ricreato costantemente dall’azione reciproca fra gli esseri umani e l’ambiente. A partire da questa visione, Doglio elabora una critica pungente della cultura disciplinare ufficiale, cogliendo con grande lungimiranza la crucialità di tematiche che di fatto verranno affrontate solo alcuni decenni dopo: la necessaria interazione fra interessi plurali e spesso divergenti; la dimensione deliberativa come confronto argomentativo fra voci diverse; la possibilità di apprendimento tramite negoziati o argomentazioni. La società che emerge da questa visione richiama quella che in alcune città medievali, e poi nel flusso dei moti rivoluzionari, si configurò in modo spontaneo, senza la necessità di un piano preconcetto imposto dall’alto: una società aperta e viva, in cui il sociale è l’elemento che unisce gli abitanti, in una continua e creativa partecipazione di ognuno all’opera comune.
Nota dell’Archivio
-Come riportato dalla curatrice, questa antologia riporta i seguenti scritti, interventi ed estratti:
–Il piano e l’indagine, «Comunità», n. 94, 1961
–A quale piano miriamo e come ci vogliamo arrivare, Convegno di Santa Ninfa, 2 giugno 1962
–Il piano della vita, «Comunità», n. 109, 1963
–Elementi per l’identificazione del soggetto della pianificazione territoriale (a scala regionale, che è poi l’unica scala creativa e partecipazionista), «Architetti di Sicilia», 1965
–Della metropoli come mercato e del territorio come merce fa parte della raccolta di scritti Dal paesaggio al territorio, 1968
–Il piano armonico (La pianificazione della libertà), pubblicato in Anarchismo ‘70. Materiali per un dibattito, edizioni L’Antistato, Cesena, 1970
–Pianificatori… di che cosa? (1970) e Il primo immobile (1971), «Parametro», Bologna
–Forme sociali e forme architettoniche. “La prima versione, più estesa e intitolata Le forme della socialità urbana, è inclusa nell’articolo La società del piano urbanistico (1972) pubblicato nel primo numero di «La ricerca sociale», rivista dell’Istituto di Sociologia dell’Università di Bologna che Doglio contribuisce a fondare insieme ad Achille Ardigò, partecipando al comitato di direzione. L’articolo, che raccoglie le riflessioni e gli studi da lui effettuati per il Piano Regolatore di Cefalù, di cui si è occupato a metà degli anni Sessanta insieme a Giuseppe e Alberto Samonà, verrà riproposto in forma semplificata e ridotta, con il titolo Forme sociali e forme architettoniche, nella rivista «Spazio e società» (1976) e successivamente in Studi in onore di Giuseppe Samonà (1988). In questa sede si propone l’ultima versione, rivisitata e pubblicata in forma breve per La città è nuda (1995), numero monografico della rivista «Volontà» che raccoglie le riflessioni sulla città di più autori legati al pensiero libertario.”
–Storia di Fantaghirò isola bella, «Parametro», Bologna, 1972
–La fionda sicula. Piano della autonomia siciliana, 1972. “È un insieme di passaggi tratti dall’Introduzione e dai capitoli iii e iv dell’omonimo volume di Carlo Doglio e Leonardo Urbani. Il lavoro può essere interpretato come il suo tentativo più maturo di enunciazione di una teoria di pianificazione urbanistica e territoriale in cui rielabora le riflessioni maturate nei sette anni di lavoro sul campo in Sicilia. Il libro, che viene presentato dagli autori come «un’opera globale sulla Sicilia», si struttura contrariamente alle altre pubblicazioni di settore non come un trattato tecnico ma come un racconto, in cui le proposte di assetto territoriale si fondono con la narrazione storica e l’indagine sociale.”