Edito da L’Impulso Edizioni, Livorno, 1956, 32 p.
Perché la pubblicazione di questi scritti di Antonio Gramsci (che poi sono gli “scritti” propriamente detti, trattandosi, a differenza delle Lettere e dei Quaderni, di materiale elaborato per la pubblicazione e pubblicato) costituiscono un grande avvenimento culturale e politico?
Pur avvertendo la difficoltà di operare in Gramsci e particolarmente in questo Gramsci una distinzione del culturale dal politico, possiamo rispondere che gli scritti dell’ “Ordine Nuovo” (A Gramsci. L’Ordine Nuovo. Torino. Einaudi 1954. pp. 500) presentano ai tanti, ai troppi lettori e ammiratori del Gramsci, della sua umanità, della sua cultura, della sua intelligenza un Gramsci che vuol veder la gente in faccia, che offende, che urta, che non si fa perdonare, in grazia dell’erudizione il peccato di essere un comunista rivoluzionario; possiamo rispondere che la pubblicazione di questi scritti spezza un equivoco, rompe il malinteso di un Gramsci soltanto sensibile umanista c diligente filologo, soltanto cultore delle patrie lettere o critico drammatico, tutt’al più mediatore di Marx con De Sanctis e Croce.
Questo Gramsci era ospite gradito dei circoli intellettuali borghesi, della provincia culturale sub-crociana, del bel mondo delle lettere e delle arti. Ora l’apparizione del Gramsci, militante rivoluzionario, è un fatto culturalmente positivo, proprio perche è destinato a dissipare questi indebiti consensi e sospette simpatie all’opera sua
Sotto l’aspetto politico poi la pubblicazione (e quindi la diffusione, la lettura, la conoscenza) di questo volume avrà enormi ripercussioni all’interno del partito comunista (e di riflesso in quello socialista). Non bisogna infatti dimenticare che la grande massa dei militanti comunisti, venuta al partito di « tipo nuovo » di questo dopoguerra, seguendo non tanto le lontane rimembranze del partito di Livorno quanto le suggestioni del mito sovietico (e di questo più i fasti staliniani che gli echi remoti dell’ottobre rosso), questa nuova generazione di militanti che è stata nutrita per dieci anni di broda “democratica” conosce assai meglio gli articoli della Costituzione Repubblicana o le parole d’ordine dei Partigiani della Pace che, non per fare un esempio, le 21 condizioni d’ammissione alla Internazionale Comunista o le tesi di Roma del Partito Comunista d’Italia; i suoi massimi problemi teorici possono essere quelli della critica e dell’autocritica o della direzione collegiale o della possibilità di coesistenza degli stati socialisti con gli stati capitalisti: più in là non va.
Per questo la pubblicazione degli scritti di Gramsci degli anni 1919-1920 è per centinaia di dirigenti comunisti di base, bravi ed entusiasti, per migliaia di attivisti sinceri e devoti, come un vasto ed improvviso bagliore che illumina nuovi orizzonti, che getta viva luce su zone rimaste fino ad ora nell’ombra.
In queste pagine gramsciane si sente un linguaggio nuovo, chiaro, vigoroso, si afferrano orientamenti precisi, si scopre una affascinante prospettiva di lotte e di conquiste rivoluzionarie; quei nomi di Trotskj, di Bucharin. di Radek, di Zinovieff. di Kameneff si sentono citati, non più (o meglio non ancora) col marchio dell’infamia e col solito corredo di improperi, ma come degni compagni di Lenin, come artefici di una grande rivoluzione, come uomini provvisti di particolari loro vedute, non esenti da errore, ma non per questo vituperati nè vituperabili ( l’augusto nome di Stalin, a segno di tanta fama, in 500 pagine non viene citato neppure una volta); e poi la grandiosa immane complessa problematica della rivoluzione comunista, della sua strategia c della sua tattica, delle sue esperienze, via via analizzate e studiate, in Russia, in Germania, in Ungheria, in Italia. E quale valore di contributi, quale ricchezza di dibattiti, quale impegno di ricerca a confronto con la povertà degli empirismi oggi in voga, in confronto con i miserevoli contorsionismi tattici e ideologici dell’era staliniana!
Nota dell’Archivio
-Come riportato nell’introduzione dell’opuscolo, “questo breve studio sul pensiero di Gramsci del periodo ordinovista riproduce, ampliata e rielaborala, una recensione del volume di scritti del!’ Ordino Nuovo, apparsa su l’Impulso, organo dei Gruppi Anarchici d’Azione Proletaria (numeri del 15 dicembre 1954. 15 gennaio e 15 febbraio 1955)“