Edito da Edizioni Bezmotivnyki, 2012 [?], 72 p.
Introduzione
Dopo un po’ di discussioni sull’istituzione carceraria,dopo alcune riflessioni sia collettive che individuali, e dopo varie critiche e auto-critiche sul modo di lottare contro il carcere e la società che lo genera, abbiamo deciso di fare un opuscolo di approfondimento per conoscere meglio il nostro nemico. Come individui che anelano alla propria “libertà” non possiamo che odiare nel profondo di noi stessi tale struttura e chi vi “lavora” o chi vi collabora. Per noi il carcere non è solamente rappresentato da quelle mura che vediamo, ma anche dalle relazioni economiche, politiche e sociali che ruotano attorno a questa struttura. Per questo motivo abbiamo deciso di approfondire un po’ meglio tutte queste relazioni che si reggono sulla sofferenza di migliaia di uomini che sono rinchiusi in questi posti e sulla collaborazione di altri che contribuiscono a mantenere e a far funzionare la reclusione carceraria.
Non è né la prima né l’ultima volta che ci occupiamo di carcere, anche perché crediamo che la lotta che portiamo avanti contro questa istituzione è contro tutta la società. È vero che in questi ultimi anni abbiamo lasciato molto da parte questo percorso di lotta per svariati motivi. Abbiamo constatato che non è abbastanza continuare la lotta dei compagni che finiscono in carcere per stargli più vicini. Abbiamo visto che, in questo modo, a volte, ci si allontana dal portare una solidarietà (per farci capire) più attiva e di attacco a quei compagni che hanno deciso di seguire un percorso di lotta al sistema. Pensiamo che “dovremmo” scegliere più accuratamente che percorsi intraprendere senza lasciare isolate quelle persone che formano parte della lotta e che si trovano recluse, ben consapevoli però delle nostre forze e dei nostri limiti. Queste sono le nostre impressioni. Lungi da noi l’idea di limitare o di giudicare altre sensibilità che scelgono altri percorsi. Proprio per la mancanza che abbiamo cercato di spiegare prima, ci siamo resi conto che, almeno per quello che ci riguarda, “dobbiamo” cambiare rotta su questo aspetto. Questo mezzo lo mettiamo a disposizione di quelli che vogliono distruggere tutte le forme autoritarie, di cui il carcere che è una delle più evidenti. Questo opuscolo nasce dalla consapevolezza di provare a superare certi nostri limiti per colpire meglio e non essere impreparati.
Ma per fare ciò c’è anche bisogno che le persone che, come noi, hanno a cuore la lotta contro il carcere e la società, abbiano più autonomia e iniziativa ad attaccare e sabotare individualmente come collettivamente, ognuno con i propri mezzi e le proprie pulsioni. Per ciò questo opuscolo è un invito a AGIRE! Non solo un lavoro teorico, ma consapevoli che la conoscenza dei nostri nemici è fondamentale. Riportiamo di seguito l’introduzione dell’opuscolo dei compagni di Monza. Abbiamo saccheggiato dal loro lavoro tutto ciò che ci è piaciuto e che condividiamo. Abbiamo preso la sua struttura come base per il nostro. Ci rifacciamo al loro approfondimento con la voglia di allargare e di condividere tale percorso che sentiamo nostro con l’intenzione di colpire il nostro comune nemico, per conoscere meglio ogni singolo carcere e i suoi tentacoli con la consapevolezza e la lucidità di chi abbiamo davanti e delle sue forze (che sono molto superiori alle nostre).
Siamo consapevoli di questo e, anche se a volte riusciamo ad essere una spina nel fianco del nemico cercando di non lasciare solo chi è nel ventre della bestia, abbiamo anche chiaro che le nostre forze sono parziali e ci teniamo a non dare false aspettative a chi è detenuto.
Per noi rimane fondamentale dire a chi è dentro e lotta che non è solo. Come individui sentiamo e pensiamo che non ci può essere coesistenza fra noi e una società carceraria che ritiene “giusto” privare della propria libertà un essere umano. Speriamo che questo piccolo opuscolo possa diventare un contributo utile per provare a smuovere le tensioni e le passioni per la lotta contro il carcere e il sistema. Questo opuscolo parla del carcere di Spini di Gardolo (Trento), un carcere nuovo, lontano dall’essere un hotel di lusso (come lo hanno definito quelle carogne dei giornalisti, politici e merde varie).
Siamo del parere che, anche se il carcere fosse d’oro, sempre carcere rimarrebbe. Dedichiamo questo piccolo contributo a due amici che sono rinchiusi nella struttura di Trento e ad altre tre persone che sono prive della loro libertà (sono ai domiciliari a Trento), e a tutti quegli individui che sono rinchiusi in qualsiasi modo, e che con la loro dignità tuttora continuano a lottare. A loro va uno speciale saluto con tutto il nostro affetto, sperando che presto ci troveremo nelle strade per continuare a lottare contro ogni gabbia, con più rabbia verso chi ci rinchiude e tanto amore per voi! Per l’Azione!
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