Edito da Anarchismo, Trieste, 2013, 168 p.
Nota introduttiva
Da solo, all’appuntamento col tiranno, per ucciderlo. Da solo contro Mussolini, contro il boia che aveva dato vita a un partito di miserabili e di sopraffattori che aveva imbrigliato il popolo italiano dopo avere ucciso o costretto all’esilio ogni opposizione. Da solo contro gli attendismi, contro le chiacchiere, contro gli accordi e le coalizioni nate nei corridoi della politica di sinistra. Da solo contro tutti, contro la prudenza e contro la ragione, contro l’orrore.
Mettendo in gioco la propria vita per respirare finalmente un’aria libera, lui, proprio lui che non viveva nemmeno in Italia ma che dall’oppressione fascista si sentiva colpito come qualsiasi uomo che vuole essere libero e che in questo suo legittimo desiderio si vede ostacolato dall’impossibile libertà dei tanti sottoposti a una dittatura stupida e ignobile come tutti i dispotismi.
Ecco il punto. Mettendo da parte per un momento, per un solo momento, ogni altra considerazione, c’è da chiedersi: è giusta quest’analisi – che tale era stata la riflessione che in Schirru aveva preceduto la decisione di agire –, è giusto mettersi in gioco individualmente e fino in fondo? Anche oggi, in un regime politico che la poltroneria mentale di tanti definiscono “democrazia”, sarebbe giusta una decisione del genere? Oppure solo la dittatura la rende legittima?
Queste domande trovano un fondamento su tante perplessità passate, ascoltate e lette in ambiente anarchico, che se la dittatura giustifica l’attacco anche individuale, la democrazia lo rende impossibile. Atrocità logica che vedevo in atto nella Spagna post-franchista e che ho letto essere elemento di freno anche nell’Italia immediatamente dopo il fascismo. Tanto per fare due esempi di cui ho documentazione certa.
Uccidere il tiranno è sempre legittimo. Che questo tiranno sia un organismo collettivo non toglie che all’interno di quest’ultimo non ci sia modo di individuare un obiettivo qualificabile come “tiranno”. Non ammettere questa possibilità significa giocare con le parole.
Schirru sapeva a cosa andava incontro, a morte certa. Non indietreggiò di un passo, e con lui tanti altri, prima e dopo.
Trieste, 20 ottobre 2011
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