2017, 27 p.
Questo opuscolo nasce come trascrizione di una chiacchierata avvenuta a Firenze il 16 dicembre 2017 tra i compagni di questa città, colpiti da più di un anno da un’operazione repressiva denominata “Operazione Panico”, un biologo ed un avvocato. Il senso di questa iniziativa era, per noi, principalmente iniziare a schiarirci le idee rispetto alla tematica dell’uso repressivo del DNA, confrontandoci con chi ci potesse aiutare a muovere i primi passi nella comprensione sia delle cosiddette basi scientifiche di cui il sistema giuridico si sta dotando per affinare il proprio operato, che del funzionamento delle nuove leggi, disposizioni e procedure in materia di prelievo e uso forense della prova genetica, con cui ci troveremo, nostro malgrado, sempre più spesso ad avere a che fare. Questi sono d’altronde i motivi che ci spingono alla pubblicazione delle informazioni raccolte, le quali, oltre al caso specifico fiorentino, potrebbero a nostro avviso tornare utili anche ad altri compagni.
L’introduzione di nuove tecnologie di controllo ed indagine, di cui tutti eravamo a conoscenza, almeno a livello teorico, è divenuta un’inquietante realtà tangibile di cui ci siamo resi conto, in ritardo, solo nel momento in cui l’abbiamo subita in prima persona, in seguito agli arresti di agosto, ed un dato di fatto di fronte al quale ci siamo trovati totalmente impreparati. Ciò nonostante, al di là del contenuto prevalentemente “tecnico” di questa conversazione, il nostro obiettivo non è quello di trovare delle “strategie difensive” da suggerire agli avvocati, ma di capire a fondo quale sia la direzione in cui il nostro nemico si sta muovendo, e dotarci degli strumenti necessari a contrastarlo e contrattaccare. Ci teniamo a ribadire il nostro disprezzo per lo Stato, per le sue leggi, e per i suoi servi, di cui faremmo volentieri a meno ma con cui purtroppo, quotidianamente, ci troviamo costretti a fare i conti.
Questa trattazione è, certamente, imparziale e incompleta. Da un lato, perché effettivamente parecchie informazioni mancano, sono ambigue, o sono difficili da reperire. Dall’altro, perché siamo convinti che sia necessario non focalizzarsi solo sull’ambito repressivo dell’utilizzo della genetica, dato che questo discorso si insinua in ogni aspetto dell’esistente e, di conseguenza, si manifesta anche nell’ambito del controllo sociale. Ciò che possiamo fare è cercare di conoscerlo il meglio possibile, saper delineare chiaramente i vari scenari, diffondere le conoscenze che si sono acquisite, partendo dalla consapevolezza che il campo di sperimentazione privilegiato, del DNA come di tanti altri strumenti-meccanismi di controllo sociale, è quello della marginalità, dei delinquenti/detenuti, della sovversione e contestazione politica. In un momento come quello odierno, anche solo riuscire ad acquisire e diffondere conoscenze, fare il punto della situazione, raccogliendo, ad esempio, esperienze dirette di prelievo coatto e di modi per opporvisi, può servire a rendere il quadro più comprensibile e ci sembra già un buon punto di partenza. Senza pretesa di esaustività, ci auguriamo che questo modesto contributo sia da stimolo per ulteriori riflessioni ed approfondimenti.
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