Edito da Biblioteca de L’Adunata dei Refrattari, Newark, [1929 o 1930], 24 p.
“Viva Rambolot ritrae […] una famiglia della “buona società”. Questa volta l’anarchico non è solo di passaggio: è colui il cui nome compare nel titolo della commedia. Tuttavia, il personaggio non appare fisicamente perché è in prigione per aver fatto saltare una banca. Il pubblico ministero Deperney è incaricato del processo contro l’attentatore, un processo attraverso il quale spera di essere promosso. Nella sua requisitoria, la cui bozza legge davanti alla sua cameriera, fa propaganda anarchica “in negativo”, come nei giornali che Damiani leggeva in gioventù sui muri della capitale italiana, che gli hanno insegnato l’anarchismo e le motivazioni di Ravachol. La situazione si capovolge quando Deperney viene a sapere che Rambolot è suo figlio illegittimo e contemporaneamente gli viene raccontato lo stato depravato della sua famiglia e dell’ambiente circostante: droga, adulterio, omosessualità, giochi perversi… Tutta la buona società del paese è stata coinvolta in un incendio che ha devastato il negozio Le Mode Oneste, che fungeva da luogo di ritrovo. In un lampo di follia, il procuratore difende il figlio.[…]
Come si vede, la commedia è intrisa di un certo moralismo che non sembra preoccupare i lettori anarchici, se dobbiamo credere al commento di “Lotta anarchica”: “Rambolot sintetizza l’espressione della rivolta, e noi a nostra volta non possiamo che pronunciare lo stesso grido”.” (estratto da Felici Isabelle, “Poésie d’un rebelle. Poète, anarchiste, émigré (1876-1953)”, Atelier de création libertaire, Lione, 2009, pagg. 80-81)