Rensi Giuseppe, Religione nella scuola. Rensi Emilia, Scuola e libero pensiero

Edito da La Fiaccola, Ragusa, Dicembre 2000, 62 p.

PREMESSA
Il problema di grande attualità che vede i fautori della scuola statale contrapposti ai sostenitori della scuola privata (leggi confessionale) ha origini remote. L’agile e ben docu­mentato excursus storico di Emilia Rensi, acuta e profonda osservatrice del mondo della scuola, traccia le linee fonda­mentali dell’annoso conflitto tra Stato e Chiesa, mettendo in guardia da corrivi permissivismi, gravidi di nefaste conse­guenze per la scuola laica. Dopo la prima edizione di questo volumetto non pochi avvenimenti succedutisi nel volgere di una quindicina d’an­ni, hanno peggiorato una situazione già difficile per la scuo­la statale che di fatto ha abdicato ai propri compiti istituzio­nali, subendo un costante condizionamento politico-confes­sionale.
Oggi si scontano gli effetti di un errore di impostazione e cioè l’aver recepito (auspice il guardasigilli del tempo, il comunista Palmiro Togliatti) all’articolo 7 della Carta Co­stituzionale, il Concordato dell’11 febbraio 1929 stipulato tra lo Stato fascista e il Vaticano: di qui una sequela di fatti negativi che caratterizzano i rapporto tra la Repubblica ita­liana e la Santa sede in materia di educazione scolastica. Infatti il predominio ecclesiastico, meglio clericale, as­sentito dai vari governi insediatesi dopo il 1945, con una se­rie di provvedimenti a favore della scuola confessionale, è culminato nella revisione del Concordato del 1929. Il cedimento operato da Togliatti che riteneva di giocare machiavellicamente il Vaticano, avvalendosi della religione quale istrumentum regni, è stato «coronato» («sic») dalla successiva revisione concordataria sottoscritta dal governo di Bettino Craxi. Ci si dimentica forse che il dominio mondiale della Chiesa, qualora fosse realizzato, «rappresenterebbe la più spaventosa delle tirannidi che il mondo abbia mai vedu­to» (Piero Martinetti, Gesù Cristo e il Cristianesimo, II edizione, Milano, 1949, p. 131). La invocata parità scolastica tra scuola statale e non, tro­va riscontro nell’articolo 9 del neo-Concordato, ma nono­stante ci si riferisca ripetutamente al concetto di libertà sco­lastica, al fine di «rendere un trattamento scolastico equi­pollente a quello degli alunni di scuole statali», il vero sco­po perseguito dai clericali è quello di sottrarre la scuola pri­vata al controllo dello Stato; in particolare poi è implicito il tentativo di cancellare quell’ineludibile richiamo all’articolo 33 della Costituzione che sancisce «il diritto di istituire scuole e istituti di educazione, senza oneri per lo Stato. La chiara e inequivocabile interpretazione del dettato costitu­zionale, non consente di stravolgerne il significato con cavil­lose disquisizioni, avanzate da certi legulei, che sottilizzando sul significato dell’articolo citato, tentano di distinguere isti­tuzione da gestione, per cui il contributo statale sarebbe co­munque da riferirsi anche alla conduzione e quindi al man­tenimento della scuola privata con una evidente forzatura del preciso significato normativo.
A non voler dilungarci oltre su questo ricorrente e scot­tante tema della scuola, è sufficiente richiamare alla memo­ria la nota polemica tra i laici Benedetto Croce, Gaetano Salvemini, e Giuseppe Rensi (di quest’ultimo ristampiamo alcuni articoli degli anni Venti) versus Giovanni Gentile. Costui, divenuto ministro dell’Educazione nazionale, con una impostazione speciosa, riuscì a reintrodurre nella scuola elementare, media inferiore e superiore, come materia di in­segnamento la religione, intesa nell’ottica dell’«attualismo» quale «philosofia inferior»: ciò accadeva nel 1923, agli albo­ri del fascismo. Oltre mezzo secolo di governo repubblicano non è valso a rimediare ai mali della scuola! Negato dalla Corte costituzionale il ricorso al referen­dum popolare per abrogare il Concordato del 1929, il con­flitto tra Stato e Chiesa si è fatto ora più aperto ed aspro; la scuola statale ne esce però sconfitta, poiché anche le recenti sovvenzioni disposte «a favore della scuola privata», in mo­do surrettizio, vengono sottratte alla scuola pubblica. Pur­troppo tutto ciò accade con l’avallo di un governo cosiddetto di centro-sinistra che dai tempi del guardasigilli Togliatti fi­no a Craxi ha volutamente ignorato l’ineludibile dilemma: scuola libera о scuola asservita a interessi di parte? Se tutto ciò non bastasse a denunciare l’ignobile patto Stato-Chiesa, giunge ora (luglio 2000) notizia che anche gli insegnanti di religione nella scuola statale, scelti dall’ordinario diocesano, verranno inquadrati nei ruoli dei docenti delle rispettive classi e stipendiati a carico dello Stato, con possibilità inol­tre di passaggio ad altre cattedre, senza aver superato i rego­lari esami di abilitazione e di concorso, ma avendo acquisito comunque un punteggio da poter far valere nelle graduato­rie di merito. No commenti
Genova, 20 Settembre 2000
Renato Chiarenza

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Note dell’Archivio
-I tre saggi di Giuseppe Rensi sono un estratto del primo paragrafo “Per il pensiero civile” del libro “Realismo“, Società editrice “Unitas”, Milano, 1925.
-Il saggio di Emilia Rensi era stato pubblicato nel Luglio del 1984 nella Collana “Ipazia”

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