Edito da Princeton University Press, Princeton (New Jersey), 1993, XIV+326 p.
Gli storici hanno spesso descritto l’anarchismo italiano come un movimento sociale marginale, destinato a soccombere alle proprie contraddizioni ideologiche una volta modernizzata la società italiana. Sfidando tali interpretazioni convenzionali, Nunzio Pernicone fornisce un quadro solidale ma critico dell’anarchismo italiano: ripercorre l’ascesa, la trasformazione e il declino del movimento dal 1864 al 1892. Basato su ricerche d’archivio originali, il suo libro descrive gli anarchici come rivoluzionari unici e affascinanti – i quali erano una componente importante della sinistra socialista italiana di tutto il XIX secolo e oltre.
L’anarchismo in Italia sorse sotto l’influenza del rivoluzionario russo Bakunin, trionfò sul marxismo come forma dominante del primo socialismo italiano e soppiantò il mazzinianesimo come avanguardia rivoluzionaria italiana.
Dopo aver formato nel 1872 una federazione nazionale dell’Internazionale Antiautoritaria, gli anarchici italiani tentarono diverse insurrezioni; ma la loro organizzazione venne soppressa. Negli anni ’80 dell’Ottocento il movimento era diventato atomizzato, ideologicamente estremo e sempre più isolato dalle masse. Il suo leader più importante, Errico Malatesta, tentò ripetutamente di rivitalizzare il movimento come forza rivoluzionaria. Ma i dissensi interni e la repressione governativa soffocarono ogni rinascita e fecero precipitare l’anarchismo italiano nel declino. Anche dopo la loro esclusione dal Partito Socialista Italiano nel 1892, gli anarchici rimasero un elemento attivo e influente a intermittenza nella sinistra socialista italiana. Come tali continuarono ad essere temuti e perseguitati da ogni governo italiano.
Nota dell’Archivio
-Libro in Inglese