Edito da Lo Straniero, Roma, 2006, 46 p.
Un anno fa si è tenuto a Bagheria un convegno per ricordare Carlo Doglio, studioso di architettura e urbanistica e pianificatore “sul campo” che ha lavorato per Adriano Olivetti, per le edizioni di Comunità e per la rivista che ne prendeva il nome. Doglio operò infatti per lunghi anni in Sicilia, prima a Partitico con Danilo Dolci, poi a Palermo e Bagheria, su iniziale mandato di Olivetti. La sua impostazione fu pianificatrice secondo una vena riformista e libertaria vicina a quella di Lewis Mumford, un autore prediletto dalle edizioni olivettiane, e di colleghi italiani che nel secondo dopoguerra tentarono strade innovatrici, prima dei disastri conseguenti alle mitologie del progresso purchessia che furono care ai governanti del tempo così come all’opposizione. Come molti altri grandi intellettuali dell’epoca, Carlo Doglio è pressoché dimenticato dall’Università e dalla storia della cultura, perché la storia la fanno i vincenti, e l’ha fatta in Italia, per quanto riguarda la sinistra culturale, sociale e non solo politica, l’area comunista (ancora oggi: vedi le poco apprezzabili memorie di vecchi dirigenti più che ufficiali, diventati bonzi del “sistema” e del “palazzo”). […]