Edito da Zero in Condotta, Milano, Settembre 2006, 144 p.
Per cercare di capire la guerra in Afghanistan è necessario intraprendere un lungo e scomodo viaggio attraverso secoli, montagne, frontiere e campi di papaveri. Solitamente, tutto viene fatto risalire all’11 settembre 2001, data feticcio per l’inizio di quella guerra al terrorismo, contro la cui logica milioni di persone si erano mobili tate “senza se e senza ma”. Ma accettare tale punto di partenza significa già aver scelto una ricostruzione senza memoria. D’altra parte, nessun governo vuole ammettere che, dopo cinque anni dall’inizio della missione “Enduring Freedom”, questa terra non ha ancora conosciuto pace e chi aveva cinicamente puntato sulla roulette della guerra per poter realizzare i propri affari ha visto naufragare i suoi calcoli. L’ambiguità democratica si rivela per sino nel linguaggio: nessuno si riferisce alla guerriglia о alle rivolte popolari in quanto tali, preferendo usare espressioni quali terroristi e criminali, identiche a quelle usate dalla propaganda sovietica durante l’occupazione dell’Afghanistan degli anni Ottanta. Da qui la necessità di opporsi alla disinformazione, quale primo passo per opporsi a questa guerra in cui l’Italia resta coinvolta e arruolata.