Edito da Edizioni Ipazia, Ragusa, Luglio 1986, 32 p.
Estratto dall’Introduzione scritta da Pino Iannello
[…]non è la prima volta che si leggono testi antireligiosi e irriverenti, come non è la prima volta che dietro queste letture si scopre una metafora sul potere, tuttavia difficilmente c’è dato di leggere qualcosa che pur mantenendo tutta l’irriverenza, la blasfemia e la provocatorietà di prassi, coniughi insieme questi elementi con una sorta di leggerezza. Ecco, questo è ciò che colpisce in Panizza: può vomitare le bizzarrie più squilibrate, gli sproloqui più iniqui, senza per questo vederlo soffrire di un qualche disagio o malessere di tipo reattivo lungo il percorso dei suoi pensieri. Ha la rara capacità di riuscire a non appensantire quasi mai il tono e se le sue parole qua e là appaiono stanche e poco agili ciò è dovuto al fatto che la leggerezza è sempre un po’ più in qua o più in là delle parole stesse e l’ironia in questo caso consiste proprio nel non dimenticarlo mai. La tranquillità di Panizza non vacilla, non si increspa, la sua coscienza sembra non risentire in alcun modo di qualche perturbazione morale ; non si è imposto di trovare a tutti i costi una alternativa a quel potare da lui tanto strapazzato, non si presenta davanti al mondo con un nuovo tipo di società. […]
Nota dell’Archivio
-Traduzione dello scritto “Christus in Psico-Patologischer Beleuchtung”, Zürcher Diskussionen, n. 5, 1898, pagg. 1-8