Marazzani Pierino, “La chiesa che tortura. Dalle origini all’età contemporanea. Due millenni di sevizie ecclesiastiche”

Edito da La Fiaccola, Ragusa, Dicembre 2009, 200 p.

Dalla prefazione di Valerio Pocar
La letteratura storica, giuridica e anche filosofico-politica sul te­ ma della tortura è quanto mai vasta, con opere di maggiore o mi­nore pregio, purtroppo spesso sollecitate da curiosità, talora an­che malsane, del pubblico e ammiccanti a sadiche morbosità. Qui non si tratta di questo, anche se, ovviamente, in conseguen­za della ricchezza della documentazione che consente di rico­struire il fenomeno non solamente nel suo complesso e nei suoi tratti generali, ma anche nelle variegate e sciagurate prassi e pro­cedure utilizzate, la lettura risulta semplicemente raccapricciante e inadatta agli stomaci deboli. […] In questa speciale capacità di crudeltà e sadismo – è onesto dirlo – la Chiesa non appare affatto poi peggiore, nelle modalità concretamente seguite, dei sistemi repressivi e giudiziari di altre organizzazioni politiche nei lunghi secoli nei quali alla pratica della tortura si faceva abituale e legale ricorso. Il livello di effera­tezza è suppergiù lo stesso, in un quadro di arretratezza civile e culturale e di barbarie generalmente diffuse, e, non per caso, la pratica della tortura veniva spesso delegata e «appoggiata» al braccio secolare, così come l’irrogazione delle pene che ai rei confessi (?) a seguito della tortura venivano comminate e l’ese­cuzione delle pene medesime. Ciò che sconcerta, piuttosto, è la constatazione che il sistema repressivo e giudiziario della Chiesa non fosse migliore di altri. La Chiesa, che ha sempre preteso e ancora pretende di rappresentare un ordinamento teocratico ispirato ai princìpi di un’ideologia fondata sull’amore e sul per­ dono, la Chiesa che ha predicato e predica la carità come virtù teologale pilastro di una vita autenticamente cristiana non appa­re affatto, come queste pagine ricostruiscono, in alcun modo mi­gliore di altri regimi senza pretese virtuose e fondati sulla violen­za e sul prepotere di gruppi che, senza ammantarsi di missioni di realizzazione o di rappresentanza della giustizia e dell’amore in terra, si preoccupavano tutt’al più, e ben volentieri, di giustifica­ re e di legittimare il loro sopruso attraverso il riconoscimento e la benedizione ecclesiastica, benedizione e riconoscimento che la Chiesa fu prontissima a fornire a chiunque apparisse volta a vol­ta il potente di turno, con l’eccezione di quei potenti che ardisse­ro porsi in concorrenza col potere ecclesiastico stesso. Insomma, tra la spada e la croce ci saremmo dovuti e potuti aspettare che la croce fosse la più umana e la meno crudele, magari, non tanto corriva col potere politico. Non fu così.

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