Edito da La Fiaccola, Ragusa, 1987, 76 p.
Prefazione
E’ forse opportuno metter in luce la crudeltà dell’Essere fondato sulla reciproca distruzione, i problemi senza soluzione della vita individuale e sociale, la caducità delle creature viventi e delle vicende per loro tanto assillanti, il perenne susseguirsi dei dolori di queste foglie nella bufera quali noi siamo? Ma non può forse essere vincolo di fraternità reciproca il sentirsi tutti uniti nella comune drammatica sorte? Non pochi ovviamente sono dell’opinione che simile visuale non debba esser comunicata ad altri per non distruggere speranze che possono rasserenare il cammino quotidiano, per non dissolvere illusioni che possono rendere 1’esistenza meno amara. E non mancano di rimproverare chi non tiene per sé la sua angosciata conoscenza della realtà, anziché affliggerne i compagni di sventura.
Ma diamo la parola a Jean Rostand: “il est pénible d’etre un arracheur d’espoir. Mais aussi festóne que toute convinction sincère, désintéressée a droit d’étre exprimée. Davantage je pense qu’elle crée le devoir qu’on l’exprime. Ne faut-il pas que ceux qui pensent comme nous sachent qu’ils ont des frères?” (Le Courrier d’un biologiste, Paris, 1970).
Emilia Rensi