Belbéoch Roger, “Democrazia Nucleare”

Edito da IstrixIstrix, Torino, Settembre 2013, 30 p.

La catastrofe di Chernobyl ha scosso le coscienze. Ma non è stata sufficiente a provocare quell’ampio dibattito che esige l’emergere della “società nucleare”. Poiché i rischi sono enormi, l’avvenire è ipotecato come non lo è mai stato per nessuna civiltà industriale e un nuovo rischio si profila: quello della creazione di un ordine autoritario per meglio “gestire” il nucleare. L’industria nucleare rappresenta certamente, almeno per il momento, l’aspetto più importante e più puro dell’impatto sociale della scienza (e naturalmente degli scienziati). È per questa ragione che le analisi relative all’ingerenza della scienza nella nostra società non se ne interessano affatto. Gli incidenti hanno sempre fatto parte della produzione industriale. Il rischio è riconosciuto come una componente della nostra società. Anzi, il diritto di produrre impunemente rischio dovrebbe essere riconosciuto come motore essenziale dello sviluppo tecnico. I discorsi sul rischio si moltiplicano. Vi si mescolano alla rinfusa le esplosioni delle tubature del gas negli edifici, il tabacco, il trasporto di fusti di prodotti tossici, l’incidente nucleare, le ferrovie, gli errori di pilotaggio degli aerei, il buco nell’ozono eccetera.

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