Edito da La Fiaccola, Ragusa, Maggio 1968, 58 p.
Premessa
La religione cristiano-cattolica gode una apparente buona salute sol perchè è protetta dalle leggi punitive dello Stato italiano? Sembrerebbe di sì. Difatti i ministri del culto cattolico, ovvero i docenti-militanti-gerarchi della religione di Stato dell’Italia democratica e repubblicana, in aperto contrasto con l’insegnamento di Cristo, il quale esortava i suoi discepoli e seguaci a confidare solo nella divina Provvidenza e nella presenza attiva ed assistenziale dello Spirito Santo, si sono garantiti e nelle persone e nella loro attività « professionale » per mezzo di leggi particolari concorda te con lo Stato e di alcuni, articoli del codice penale (n. 402 e seguenti). In verità siffatta tutela, per chi sinceramente crede in Gesù-Dio e nella efficacia della sua pro messa diuturna assistenza a favore della Chiesa, è avvilente ed offensiva, perchè scredita l’insegna mento di Cristo e fa supporre che senza la « protezione » del codice penale e dell’apparato esecutivo-repressivo dello Stato, la religione cattolica non sarebbe in grado di trovare libero assenso nel le coscienze dei cittadini. Purtroppo questa supposizione è avvalorata dal la recente sentenza della Cassazione (25-2-,67), la quale ha affermato che « è reato criticare i dogmi del cattolicesimo ». Non conosco i motivi con i quali la Cassazione ha giustificato la sua sentenza, ma non posso credere che una critica seria, oggettiva, civile, consapevolmente alimentata da dati e rilievi desunti dalle stesse fonti dell’Antico e Nuovo Testamento e dalla tradizione (così cara alla Chiesa cattolica), possa costituire un reato di vilipendio alla religione dello Stato. Se così fosse faremmo un salto indietro di di versi secoli, e dovremmo dire addio alla libertà di coscienza e di pensiero, alla libertà di parola e di critica costruttiva senza la quale lo spirito inaridisce e il progresso si sgretola: dovremmo dire addio alla democrazia e a tutte le conquiste della scienza, della morale e dell’intelletto. Ma rinunceremmo supinamente? No, non si rinunzia senza lotta a ciò che si è faticosamente conquistato; soprattutto se si è coscienti della propria buona fede e del valore morale e ideale della propria opposizione ai dogmi creati dalla Chiesa docente nel corso dei suoi tra vagliati secoli succedutisi a quello in cui si dice avvenne la predicazione di Cristo. Ciò promesso eccomi al tema che desidero presentare al cortese Lettore:
Nota dell’Archivio
-Una recensione di questo opuscoletto venne fatta da Carmelo Viola – che ne aveva curato la prefazione -, su “Volontà. Rivista Anarchica Bimestrale”, a. XXIV, numero 1, Gennaio-Febbraio 1971.