Marzo 1995, 52 p.
Prefazione di Pino Cacucci
Sulla cima della piramide c’é un altare, soltanto una grande pietra in bilico sopra due macigni. Standoci in piedi, scopro che oscilla: per un atti- mo ho una stretta alle viscere, la sensazione di spiccare li volo nel vento e perdersi sul mare verde del Chiapas. Laggiù, in qualche punto di quella foresta scampata al flagello degli allevatori, sono sicuro che qualche piccolo Indio armato della sua vecchia carabina, mi starà guardando e penserà: “Che strano uccello, in cima a quelle vecchie pietre…”. Le rovine di Toninah sono circondate di carriarmati, irti di mitragliere sempre puntate su chi passa, i soldati sono più nervosi che a San Cristobal, e questa che è la più recente scoperta archeologica del Messico, per loro è solo una seccatura: i rari visitatori li costringono a distrarsi dal “lavoro”. All’ingresso della città sacra c’è un piccolo ristorante, ormai chiuso. Il proprietario si riteneva un uomo fortunato, da quando erano cominciati gli scavi proprio nel suo piccolo appezzamento di terra. Sognava sciami di turisti a cui preparare il pranzo, accumulava casse di birra e aspettava, Ma nelle prime settimane di gennaio, si trovava a Ocosingo, e stava mangiando tranqulliamente seduto in un banco del mercato. Si guardava intorno chiedendosi come sarebbe andata a finire, con quei poveracci che aveva- no occupato il paese, armati soprattutto della loro dignità millenaria. Non ebbe il tempo di finire il suo piattino di tacos; i reparti speciali arrivarono all’improvviso, sparando alla cieca. E lui, fu uno del primi a morire, falciato da una raffica assieme a d altri anonimi abitanti, nella strage del mercato di Ocosingo. Gli zapatisti rimasero a resistere, per dare il tempo alla gente di mettersi al riparo, per limitare il numero di morti assassinati a tradimento, mentre mangiavano o compravano verdure e poveri tessuti. Quel giorno, a Ocosingo, tra gli uomini dell’Esercito Zapatista è avvenuta una sorta di rivoluzione interna. Prima, molti di loro si chiedevano se le donne fossero capaci di combattere, e se fosse giusto ricevere ordini da una ragazzina, o dalla propria sorella o compagna. “Da quel giorno, i dubbi sono finiti”, a scritto Marcos. “Perchè a Ocosingo sono state le comandanti dell’EZLN a coordinare la resistenza e la ritirata senza sbandamenti. Le comandanti hanno guidato gli altri in avanti, in una rapida controffensiva che ha permesso di portare via i nostri feriti e alla gente di rifugiarsi nelle case, Da allora, nessuno si chiede più se una donna sia capace di combattere con lo stesso coraggio di un uomo. A Ocosingo abbiamo dovuto tutto a loro”. Sulla parete ho appeso una foto in più. C’è Marcos che parla al tavolo delle trattative. Accanto una piccola donna con una veste rossa a fiori bianchi, passamontagna calato, lo sguardo dolce e calmo: è la comandante Ramona, che partecipava agli incontri con gli emissari del governo nella cattedrale di San Cristobal. Nei mesi seguenti, la sua presenza divenne abituale. Poi, scomparve. I giornalisti chiedevano a Marcos dove fosse finita, la comandante Ramona. Marcos rispondeva in maniera evasiva, a volte infastidita, dimostrando che preferiva non gli venisse chiesto. E gli amici che ho a San Cristobal, mi avevano riferito la voce che circolava: la comandante Ramona è gravemente ammalata, si dice abbia un tumore. Nel novembre scorso, gli zapatisti hanno annunciato che Ramona si era unita al volo delle aquile che osservano la Selva Lacandona da lassù, oltre le nubi basse del Chiapas, sotto il sole che splende sulla cima delle montagne. La morte è sempre una beffa, non esiste un modo di morire- che sia stupido e un altro che sia “intelligente”. Qui si è abituati a morire di stenti, dissenteria, morbillo, persino un raffreddore può uccidere se si patisce la fame da generazioni. Ramona, forse,aveva immaginato che per lei sarebbe stata una pallottola a Ocosingo, quel giorno dell’attacco al mercato. Invece, l’ha uccisa un tumore. Di lei, non conosceremo mai il volto. Ma che importa. In cinque secoli di resistenza, sono caduti 60 milioni di indios senza volto e senza nome. Di lei, almeno conserverò il ricordo dello sguardo dietro il passamontagna nella foto alla parete. Sono certo che Marcos sarebbe d’accordo: a chi, se non a Ramona, si potrebbe dedicare questo libro, a nome di tutti i caduti per la dignità degli esseri umani, per la fierezza di non aver mai chinato mai la testa… Che la terra della selva ti sia leggera come la tua veste a fiori nella foto, comandante Ramona.