Dal Pane Luigi, “In memoria di Carlo Cafiero nel primo centenario della nascita (1846-1946)”

Edito da “La Romagna Socialista”, Ravenna, Dicembre 1946, 24 p.

Al di sopra di tutti i dissensi teorici e pratici, delle divergenze che la lotta e le vicende impon­gono о creano, i socialisti di tut­te le tendenze piegano religiosa­ mente le loro bandiere davanti alla memoria di Carlo Cafiero. In lui onorano, in primo luogo, l’adamantina purezza della fede, la coerenza mirabile fra pensiero ed azione, fra ideale e vita; l’e­sempio eroico della rinunzia e del sacrificio. Se è dato anticipare con un atto ferreo di volontà quella umanità superiore, che sta nei voti e nelle speranze nostre, Cafiero fu tra i pochissimi che non vennero meno all’impresa. In lui la religiosità ardente del mistico, l’assoluto disinteresse dell’asceta, il coraggio e la dedizione incon­dizionata del combattente, l’ar­dire spirituale dell’apostolo, l’al­truismo senza limiti- dell’ideali­smo socialista. Egli fu, per al­tezza d’animo e nobiltà di cuore, qualcosa più di un uomo, fu un santo! Senza essere sociologo, storico od economista, Cafiero ebbe men­te aperta e discreta cultura. La sua sensibilità squisita avvertì il bisogno di porre su basi dottri­nali il movimento sociale italiano. Purtroppo le condizioni politiche di allora erano tali da disperdere in un attimo il lavoro di anni e da spargere al vento in un baleno i pensieri fissati sulla debole car­ta. Ma in mezzo ai frantumi e ai frammenti di una attività letteraria dì continuo interrotta e tur­bata, due meriti incontestabili vanno riconosciuti al Cafiero scrittore e pubblicista : di avere, in primo luogo, tentato di rianno­dare il movimento socialista -alle genuine, tendenze rivoluzionarie del Risorgimento, ricercando e progettando la ristampa dei Saggi del Pisacane; di avere, in secon­do luogo, fatto conoscere per la prima volta in Italia, il primo libro del Capitale di Carlo Marx. Il suo compendio del Capitale, scritto — come si sa — nell’in­verno 1877-78 e pubblicato a Mi­lano nel 1879, non va al di là di un tentativo di divulgazione, oggi completamente superato. Domi­na infatti assoluto nel lavoro del Cafiero l’intento pratico di fare del Capitale un’arma rivoluzionaria e perciò il pensiero del Marx vi subisce delle trasforma­zioni pericolose dal punto di vi­sta teorico. La dottrina economica del Marx vi assume una veste etica e il materialismo storico, si trasforma in una metafisica ma­terialistica. A Cafiero dunque ri­sale in parte la responsabilità della degenerazione teorica del marxismo in Italia; ma nello stesso tempo la gloria di aver diffuso la fama di Marx, facendo dell’opera sua uno strumento ef­ficace di lotta e redenzione so­ciale. Onoriamo infine in Carlo Ca­fiero il simbolo purissimo della Internazionale italiana, il com­battente che riassume e celebra in sé le più nobili caratteristiche del primo socialismo nostrano. Per le condizioni arretrate del nostro paese quel socialismo fu una rivolta istintiva e indistinta contro la miseria, un grido selvaggio di disperazione о un’ac­corata espressione di pietà; fu insurrezionale, protestatario, mes­sianico, moralistico e, nello stes­so tempo, confuso, utopico, eclettico, unione di scontenti di ceti e classi diverse. Ebbe dun­que, come tutte le cose umane, le sue luci e le sue ombre. Ma in Cafiero, discendente da una famiglia nobile e ricca, che per ideare suo compie — come un San Francesco — un totale rin­negamento del passato ed una « conversione » palingenetica, anche le manchevolezze brillano di una luce pura e la utopia stes­sa s’invera, come l’annunzio profetico di tempi „nuovi, trasci­nante con la promessa della sal­vezza. La prima Internazionale aveva proclamato la necessità di una confederazione di stati liberi in tutta l’Europa. II suo appello alla pace e alla riunione dei po­poli era parso ai benpensanti per lo meno strano e folle. Oggi i fatti hanno pienamente dato ragione a quei nostri precursori e da più parti — anche dai legittimi di­ scendenti di coloro che un tem­po ci derisero — si considerano i confini delle nazioni come la causa principale dei pericoli im­mensi che insidiano la civiltà ed il progresso. Aveva la prima Internazionale propugnato l’unione dei proletari di tutti i paesi per la salvezza comune dei valori umani. Una realtà dura piegò invece, a poco a poco, i partiti socialistici verso una politica nazionale, che age­volò la strada alle competizioni e alle lotte imperialistiche. Ma la tirannia delle necessità brute non cancella il problema dell’a­zione internazionale del proleta­riato come speranza e via di sal­vezza. Oggi grandi complessi economici supernazionali si con­ tendono il dominio del mondo, nascondendo spesso sotto men­tite spoglie la loro indomabile volontà di predominio e di spo­gliazione. E’ chiaro che questo minaccia l’indipendenza dei po­poli, e con l’indipendenza la li­bertà degli individui. Ormai anche i ciechi vedono che l’epoca delle nazioni è finita e che sul piano della storia pre­sente sta la formazione di co­munità supernazionali. Ma con e si costituiranno tali comunità? Attraverso un processo di asser­vimento forzato dei popoli più deboli ai più forti, come era nel programma dichiarato del nazional-socialismo, oppure attraverso la libera decisione dei popoli stessi? L’ideale dei socialisti non ammette dubbi о incertezze: non può essere che uno : la li­bera federazione delle comunità nazionali. Occorre perciò mobilitare tutte le forze, armare, tutte le volontà. Urge ricostituire l’Internazio­nale; ma una Internazionale che sia fuori dall’influsso di tutti i governi nazionali, anche se so­cialisti о comunisti, una Interna­zionale che raccolga ancora una volta la disperazione comune, la miseria comune, le sofferenze di tutti coloro che gemono sotto il giogo del capitalismo, che pa­ventano le guerre e che hanno un comune interesse al rispetto e al trionfo dei valori della giu­stizia e della libertà. Ricordare Cafiero, in un mo­ mento così pieno di forze vol­genti verso le forme autoritarie e tiranniche, è un monito salu­tare; è un appello supremo per la salvezza della libertà umana!

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