Cotta Sergio, “Perchè la violenza? Una interpretazione filosofica”

Edito da: L. U. Japadre
Luogo di pubblicazione: L’Aquila
Anno: 1978
Pagine: 155
File: PDF
Introduzione/Premessa/Presentazione/Sinossi/Quarta di Copertina/Sintesi:

Parlare della violenza non è oggi una novità, il tema è quasi obbligato per chi non si estranei dagli accadimenti quotidiani. Tuttavia questo libretto non. nasce da una sollecitazione del momento, viene da più lontano. E non solo perché è stato lentamente preparato in varii anni da se­minari e conferenze (alle Università di Pamplona e di Parigi, in circoli culturali a Roma e Firenze) e sopratutto da due corsi alla « Scuola di perfezionamento in Filosofia del diritto » dell’università di Roma. Bensì perché il suo autore, come tutta la sua generazione, è passato (senza ancora esserne uscito) attraverso l’esperienza della violen­za di cui è così ricco il nostro secolo.
Ora per racconto altrui, ora per visione diretta, ora per esservi stato coin­volto di persona, la violenza si è di continuo intrecciata alla sua vicenda personale. Scrivere di essa significa dunque raccogliere le fila di memorie e riflessioni, lontane e vici­ne, d’una intera vita. Non è nel potere di un individuo uscire da una violenza epocale, e tanto meno porle fine. Ma tentare di superarla credo sia un fondamentale impe­gno personale per chi ha rispetto per l’uomo e quindi per se stesso. Senza dubbio, per sradicare la violenza dal proprio animo non basta il pensiero. Ma è pur necessario sottoporla ad analisi, scomporne i meccanismi, discuterne le giustificazioni e le promesse. Altrimenti si corre il ri­schio di cadere in equivoco, come spesso avviene, scam­biandola per qualcosa di diverso da ciò che è, e persino subendone il fascino.
Non mi sono prefisso di esaminare l’intero universo della violenza né di illustrare tutte le situazioni da cui essa può sorgere: sarebbe stato un lavoro senza confini, al quale, d’altronde, molti altri si sono già dedicati. A me premevano due obbiettivi nettamente delimitati. Primo, mettere in luce la struttura dell’agire violento partendo, secondo il metodo che mi è abituale, dal rilevamento della sua fenomenologia. Secondo, andando oltre il come della violenza, capire e discutere il perché di ciò che, a mio avviso, è l’aspetto veramente nuovo della situazione odier­na: l’apprezzamento favorevole della violenza. Due obbiet­tivi limitati, ripeto, ma non marginali per raggiungere quel distacco critico che è tanto necessario rispetto a un evento così coinvolgente e all’atmosfera, quasi di fatalità, in cui esso ci immerge.
Roma, ottobre 1977 s. c.

Nota dell’Archivio: //

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