Bernardini David, “Il barometro segna tempesta. Le schiere nere contro il nazismo”

Edito da: La Fiaccola
Luogo di pubblicazione: Ragusa
Anno: 2014
Pagine: 80
File: PDF
Introduzione/Premessa/Presentazione/Sinossi/Quarta di Copertina/Sintesi:
Avete tra le mani un libro di storia contemporanea spe­ciale, scritto da un autore che nei prossimi anni sono sicu­ro continuerà a tirarci fuori piccole perle come questa sulle Schwarze Scharen, le Schiere Nere. David Bernardini non è soltanto un bravo storico, che conosce gli archivi e in questo caso anche la lingua tedesca ma è un ottimo narratore, ha compreso che non basta scri­vere dei dati storici ma che bisogna saperli raccontare e già leggendo la sua breve introduzione capirete di cosa sto parlando. Il periodo compreso tra il 1914 e il 1945, come ci ricorda l’autore, è segnato indelebilmente da una serie di eventi im­portanti: rivoluzioni, crisi, controrivoluzioni e guerre. Que­sti anni, densi di eventi, determinano una mutazione so­ stanziale della militanza, che si contraddistingue sempre più per una peculiare simbiosi tra politica, violenza e cultura, al­ la quale si associano specifici processi generazionali; svariati gruppi della galassia rivoluzionaria decidono di mettere in discussione il monopolio della violenza statale e compren­dono l’urgenza di doversi difendere da soli. Un esempio su tutti è quello degli arditi del popolo in Italia che già nell’e­state del 1921 decidono di organizzarsi e armarsi contro il fascismo. Lo stesso faranno le Schiere nere che si formeranno a otto anni di distanza dagli arditi del popolo, nel 1929, per difendersi dalla violenza del nazismo. I punti di connessione tra i due gruppi sono molti, è in­teressante notare vari aspetti: la simbologia, l’uso del colore nero, la modalità di autodifesa durante i cortei delle orga­nizzazioni rivoluzionarie, l’uso delle canzoni e delle armi della prima guerra mondiale. La cosa più importante però che accomuna le due organizzazioni è sicuramente la neces­sità di non delegare a nessuno la difesa dagli attacchi fascisti e nazisti. Per questo un punto in comune da non sottovalu­tare è che entrambe le organizzazioni si impegnavano a co­struire un fronte unico antifascista: «la “Lega di lotta anarco-sindacalista ‘Schiera nera K pone la necessità di riunire tutti i partiti, i sindacati, i consigli di fabbrica ed i comitati di disoccu­pati in un organizzazione di difesa antifascista costruita dal basso, in vista della creazione di un comitato d’azione unitario» (Der Syndikalist, 1931, n. 50). Certo ci sono anche molte differenze, una su tutte è che quello degli arditi del popolo è stato un movimento che in pochi mesi è riuscito a raggruppare migliaia di iscritti in tut­ta la penisola italiana e soprattutto attingeva militanti in tutto il proletariato rivoluzionario: socialisti, anarchici e co­munisti. Le Schiere nere invece anche nei momenti di mag­giore estensione contavano qualche centinaio di militanti in tutta la Germania ed erano tutti militanti anarcosindacalisti. Dato non trascurabile e molto interessante è che le Schwarze Scharen avevano le idee più chiare degli arditi del popolo, erano anarchici e antimilitaristi e nel loro programma non si limitavano soltanto a parlare di difesa armata an­tinazista. Cosa invece che tristemente accomuna i due movimenti è la velocità della loro scomparsa (2-3 anni di vita) e l’oblio nel quale la storia dei vincitori ha relegato due movimenti che con forza hanno saputo reagire alla violenza nazifascista. Interessante notare che nella Spagna del 1936 i militanti del­ le Schiere nere e degli arditi del popolo si sono trovati uniti, ancora una volta armi in pugno a combattere contro quel mostro chiamato fascismo. Concludo la mia breve prefazione a questo saggio di Bernardini ribadendo una convinzione che ci accomuna ov­vero che la storia non si compone solo di vittime e carnefici, ma anche di ideali, valori, progetti per i quali gli individui hanno combattuto. La storia deve uscire dai muri di costri­zione intellettuale e fisica delle accademie, deve trovare la forza di parlare dei militanti, degli attivisti che hanno cerca­to di determinare il loro futuro. La storia non può e non de­ ve essere solo quella dei vincitori, la nostra storia è quella delle Schiere nere, degli arditi del popolo e dei tanti piccoli o grandi gruppi che nel corso del Novecento ci hanno inse­gnato con la loro azione che anche in situazioni difficili sce­gliere di non delegare a nessuno l’immaginazione e la co­struzione di un futuro migliore è possibile. Mi piace pensare che quel ragazzo vestito di nero dal nome Eugen Benner, il 13 novembre del 1931 per le strade di Wuppertal dopo aver sparato e messo in fuga un nutrito gruppo di SA , rimase lì fermo in mezzo alla piazza con la sua pistola in pugno rivolta verso il cielo a pensare a quel mondo nuovo che abbiamo nei nostri cuori.

Nota dell’Archivio: ///

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