
Università degli studi di Verona, Dipartimento di tempo, spazio, immagine, società, 2010, 2450 p.
Introduzione/Premessa/Presentazione/Sinossi/Quarta di Copertina/Sintesi:
Nel corso di precedenti ricerche che hanno avuto come oggetto la ricostruzione delle vicende degli anarchici, l’analisi della conflittualità sociale nella provincia di Verona e il nodo della memoria del carcere e del confino in epoca fascista a partire dalla curatela dei diari clandestini di Giovanni Domaschi, un anarchico veronese attivo dai primi del Novecento fino alla Resistenza, le fonti di polizia si sono rivelate strumenti preziosi, e a tratti indispensabili, per ricostruire le vicende biografiche di una serie di attivisti politici e in particolare di quelli meno noti, che non hanno lasciato tracce significative in altre fonti. D’altronde, i tratti che le caratterizzano, cioè il peculiare punto di vista del soggetto produttore, la loro funzione e le circostanze in cui sono state prodotte, ne hanno anche messo in evidenza, soprattutto nel confronto con la memorialistica, i limiti intrinseci: «Spesso, le carte di polizia si fermano alla soglia della comprensione della realtà, soprattutto quando non si tratta di decifrare scelte e opzioni politiche e si sondano le profondità poco note dei comportamenti collettivi degli italiani».
Le fonti di polizia presentano un aspetto duplice: descrittivo da un lato, ermeneutico dall’altro. Quest’ultimo, più che facilitare la ricostruzione del profilo dei sorvegliati, risulta adatto in particolare a rivelare la mentalità che informa i soggetti e le istituzioni preposte al controllo e ad analizzare il loro concreto funzionamento a partire dalla scelta dei soggetti da sottoporvi, dagli obiettivi e dalle modalità della sorveglianza, dal flusso delle informazioni e dei documenti prodotti, dall’eventuale passaggio dalla sorveglianza alla sanzione e viceversa. In sintesi, le fonti di polizia sono innanzitutto strumenti per scrivere la storia degli stessi apparati di controllo. L’aspetto descrittivo contiene, ad ogni modo, una ricca mole di informazioni, sia di ordine quantitativo che qualitativo. Non solo, quindi, elementi atti a ricostruire la biografia del soggetto sottoposto a sorveglianza (il suo agire nel tempo e nello spazio), ma anche dati utili a formulare serie da valutare complessivamente: genere, età, estrazione sociale, livello di istruzione, mestiere esercitato, convinzioni politiche, periodo in cui viene esercitata la sorveglianza, distribuzione sul territorio, eventuale immigrazione o emigrazione, eventualità che il sorvegliato sia stato diffidato, ammonito, inserito nella «Rubrica di frontiera», sottoposto al giudizio della magistratura ordinaria, confinato, internato, detenuto, processato dal Tribunale speciale oppure, infine, radiato dal Casellario.
Dai fascicoli personali emergono le storie di vita degli uomini e delle donne protagonisti del dissenso politico e del conflitto sociale e tra questi, in particolare, degli attivisti di base e dei quadri intermedi delle organizzazioni sindacali, dei movimenti e dei partiti di sinistra:
Per una evidente ironia del destino interi strati di popolazione e, singolarmente presi, un numero consistente d’individui altrimenti condannati al più assoluto anonimato o destinati tutt’al più a transitare nei libri di storia per meri tramiti statistici e quantitativi, recuperano, grazie al controllo “occhiuto” esercitato ai loro danni dalle autorità e dal potere, una minima chance di visibilità postuma.
Le fonti di polizia sono dunque in grado di apportare un rilevante contributo alla storia politica e sociale, in particolare per quanto concerne i comportamenti, i quadri mentali, le forme di acculturazione e di politicizzazione in specifici contesti territoriali.
Nota dell’Archivio: ////
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