Quella che segue è una conversazione a tre voci su Furio Jesi (1941 – 1980), archeologo, filologo, studioso di mitologia e cultura tedesca, scrittore e militante della “nuova sinistra”. L’occasione è la recentissima uscita della monografia di Enrico Manera Furio Jesi. Mito, violenza, memoria (Carocci, 2012). Per molti giapster, Manera è una vecchia conoscenza: su Giap, a fine 2010, discutemmo della sua precedente uscita “jesiana”, ovvero il n. 31 della rivista Riga, curato da lui e da Marco Belpoliti, interamente dedicato allo studioso torinese. Numero che resta il miglior “punto d’ingresso” in un labirinto di pensiero e in un’elaborazione radicale purtroppo troncata da un banale incidente domestico. Il libro appena uscito vuole essere un “compagno di viaggio”, un vademecum da tenere accanto una volta deciso di intraprendere la lettura di Jesi.
La conversazione si svolge tra Manera, Wu Ming 1 e un’altra conoscenza dei giapster, Giuliano Santoro, recentemente criticato da un fascista per aver usato Jesi nel suo libro Un Grillo qualunque.
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