Edito da Cooperativa Tipografica Editrice Paolo Galeati, Imola, 1965, 47 p.
PREFAZIONE
Nel 1912 si combatteva, per volere di S.E. Giovanni Giolitti (se non erro era proprio lui che aveva allora in mano le redini del governo italiano, regnando Vittorio Emanuele III), si combatteva – dicevo – la guerra libica ed io ero, per la prima volta, richiamato sotto le armi, pur essendo stato da poco congedato dal periodo di leva vissuto a Palermo. Ero caporale (giù il cappello!) addetto alla fureria di una compagnia di un reggimento di fanteria di stanza, allora, in una città delle Puglie, e avevo la possibilità di assistere a molte scene e scenette di ogni genere, talvolta comiche e talvolta dolorose e anche, tra l’altra volta, più o meno disgustose, come quella, per esempio, del soldato reduce dalla Libia, che nello zaino gelosamente custodiva la mammella di una ragazza nexra, quindicenne, alla quale gliela aveva asportata, dopo averla -diceva lui, con molto orgoglio – deflorata brutalmente seviziata!
Cose queste che naturalmente, sempre più mi facevano odiare la guerra e i suoi entusiasti sostenitori.
Questo lavoretto fu scritto nel mese di maggio, appunto di quell’anno 1912, ricavandolo dal vero, per essere rappresentato al “Circolo Filodrammatico Pietro Gori” da poco costituito dallo stesso sottoscritto. Dopo tale rappresentazione (che, fra parentesi, ottenne un buon successo), il lavoretto fu dimenticato nel cassetto. Ora, alla distanza di oltre cinquant’anni (addio gioventù) mi è capitato tra le mani: l’ho riletto, ci ho data una limatina, ed eccolo qui che esce dalle tenebre -modestamente, come la precedente “Resurrezione di Cristo” – e spicca il volo a rappresentare un altro dei miei tanti peccati giovanili; peccato che però idealmente anche questo è tutt’oggi ancora valido. S’intende che i nomi e alcune sfumature del lavoro sono dettati dalla fantasia.
Milano, Febbraio 1965
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