Metelli Di Lallo Carmela, “Componenti anarchiche nel pensiero di J.-J. Rousseau”

Edito da La Nuova Italia Editrice, Firenze, 1970, 100 p.

Il saggio poggia su due parti corrispondenti, destinate rispettivamente alla presentazione del « modello di anarchismo » assunto come termine di confronto e a Rousseau. Tutt’e due si articolano in questi tre punti: antitesi tra natura e società nelle « società civili » del passato e del presente, modello di ricostituzione della società, metodi per conseguire l’obiettivo della ricostituzione. Vengono cosi messi a confronto vari temi ricorrenti per rilevarne concordanze e divergenze, linee teoriche permanenti o deviazioni dovute a particolari contingenze storiche e culturali. Se ne ricava che nella complessa trama del discorso rousseauiano e riconoscibile un filo conduttore che, insieme ad altri diversi, corrisponde alla linea di ricostituzione della società propria dell’anarchismo. In che senso si parla di anarchismo e a che scopo? È un’analisi fatta al fine di capire meglio Rousseau attraverso l’anarchismo, o di capire meglio l’anarchismo attraverso Rousseau?
Alla prima domanda risponde tutta la prima parte del saggio. Il significato con cui e assunto il termine « anarchismo » non coincide con lo stereotipo dell’anarchico, paranoico giustiziere di granduchi e principesse. L’idea anarchica e considerata con la serietà che merita ogni idea, soprattutto quando sfida lo stato di fatto e l’opinione corrente, nonostante le eventuali debolezze di compiutezza teorica. Il modello anarchico comporta un rovescio, che consiste nel radicale rifiuto di tutte le varie forme di « società civile » esistenti nel passato e nel presente, ivi comprese le due più paradigmatiche versioni della democrazia. Di riscontro, il dritto del modello mostra le linee di un’alternativa radicale, a partire dal la ricostituzione di condizioni primarie per una convivenza realmente umana. Su tali basi, il progetto ricostitutivo si articola in una tematica vasta e puntualizzata in cui emergono i problemi dell’esercizio del potere, degli apparati coartativi, della tecnologia, del consumismo, del condizionamento mentale e operativo, dell’estraniamento dell’uomo da se stesso e dal mondo fino all’assurda scommessa sulla sua stessa sopravvivenza.
Sono, questi, temi del presente, ma anche del passato; tuttavia, mentre nel discorso rousseauiano trovano un’appropriata collocazione logica, oggi sembrano scoperti al confronto con le grandi teorie tradizionali di cui dovrebbero costituire la smentita concettuale e l’alternativa storica.
A questo punto si apre la seconda domanda. È indubbio che l’obiettivo principale del saggio e quello di riconsiderare il pensiero di Rousseau sotto un angolo inconsueto o, comunque, controverso. Proprio quando il pensiero umano si trova in condizioni di dispersione o di incertezza, il paragone coi classici e strumento elettivo di chiarificazione critica, checche ne pensino gli spontaneisti emotivi o i fautori del procedimento « per tentativi ed errori », erroneamente detto « sperimentale ». Il tempo dell’uomo urge verso risoluzioni, ma previamente necessita di una prospettiva teorica internamente non contraddittoria. A tale proposito Rousseau resta non certo l’unica, ma nemmeno l’ultima voce da riascoltare sul tema della ricostituzione della condizione umana individuale e comunitaria.

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