Edito da: La Fiaccola Luogo di pubblicazione: Ragusa Anno: Febbraio 1974 Pagine: 196 File: PDF Introduzione/Premessa/Presentazione/Sinossi/Quarta di Copertina/Sintesi:
Questo testo sullo sviluppo del capitalismo in Cina non è il prodotto del lavoro accademico ed isolato di un qualsiasi sinologo. Si tratta piuttosto di una interpretazione del lavoro degli specialisti, dal punto di vista della teoria proletaria. Opera collettiva, essa mira a fornire i dati di base di una critica rivoluzionaria della società cinese e della sua evoluzione. Così si oppone a tutte le analisi più o meno idealiste dei rapporti sociali e dello sviluppo delle forze produttive in Cina
Nota dell’Archivio – Traduzione del testo “Le Tigre de Papier: sur le développement du capitalisme en Chine – 1949-1971”, Spartacus, Parigi
Edito da: Novadelphi Luogo di pubblicazione: Roma Anno: 2015 Pagine: 300 File: PDF Introduzione/Premessa/Presentazione/Sinossi/Quarta di Copertina/Sintesi: Considerato da Howard Zinn “uno degli eroi del radicalismo americano”, Berkman raccoglie ne L’ABC dell’anarco-comunismo la sintesi ultima del suo pensiero. Il carattere unitario dell’opera le conferisce un valore ulteriore costituendo, come osservato da Paul Avrich, “un classico che gareggia con La conquista del pane di Kropotkin” e inserendosi nella tradizione divulgativa libertaria. Diviso in tre parti, L’ABC si struttura in forma di dialogo con interlocutori immaginari che discutono sull’idea e la pratica anarchica fornendo un’esposizione chiara, rivolta “all’uomo della strada” come sottolinea Emma Goldman nella prefazione al volume. Note dell’Archivio – Titolo originale “Now and After: The ABC of Communist Anarchism” – La traduzione è tratta da “What Is Communist Anarchism?”, Dover, 1972 Link Download
Edito da: Eleuthera Luogo di pubblicazione: Milano Anno: 2012, Prima Edizione Pagine: 192 File: PDF Introduzione/Premessa/Presentazione/Sinossi/Quarta di Copertina/Sintesi:
Nonostante l’epoca drammatica in cui vive, Gustav Landauer, raffinato intellettuale ebreo-tedesco attivo nel movimento socialista e anarchico a cavallo tra Ottocento e Novecento, è fermamente convinto che un altro mondo è non solo necessario ma anche possibile nell’immediato. Così innesta nel suo pensiero politico elementi «eretici» che gli consentono di elaborare una visione originale del mutamento sociale. La rivoluzione non è più vista come un atto, ma come un processo al cui centro pone l’individuo comunitario, ovvero l’individuo impensabile come singolarità in quanto frutto delle sue relazioni con gli altri. Ed è appunto intorno al concetto di comunità solidale, molto simile a quella di Martin Buber, cui lo lega una profonda amicizia, che costruisce la sua visione di un’anarchia del qui e ora. Una concezione controcorrente, tragicamente interrotta dal suo assassinio, che a oltre cento anni di distanza si conferma quanto mai attuale e innovativa.
Nota dell’Archivio – Gli articoli raccolti e tradotti sono i seguenti: –Qualche parola sulla morale. Originale: Etwas über Moral, «Der Sozialist», III , n. 32, 5 agosto 1893, pp. 3-4. –L’immorale ordine del mondo. Originale: Die unmoralische Weltordnung, «Der Sozialist», V , n. 2, 24 agosto 1895,p. 7. –Uscire dalla comunità statale. Originale: Austritt aus der Staatsgemeinschaft, «Der Sozialist», V , n. 3, 31 agosto 1895, pp. 13-15 –Anarchismo-Socialismo. Originale: Anarchismus-Sozialismus, «Der Sozialist», V , n. 4, 7 settembre 1895, pp. 19-20. –Da Zurigo a Londra. Originale: Von Zürich bis London, Pankow bei Berlin, Verlag von Gustav Lan- dauer, 1896, 12 pp. L’opuscolo fu tradotto in altre lingue (inglese, fran- cese, italiano), e molte volte ristampato, talvolta con l’aggiunta del sotto- titolo Rapporto sul movimento operaio tedesco al congresso di Londra, che qui conserviamo. La versione italiana, assai invecchiata e con imprecisioni, uscì senza indicazione del traduttore: Da Zurigo a Londra, Forlì, Mariani, 1896, 16 pp. («Biblioteca di Studi Sociali», n. 1). –Anarchismo e socialismo. Originale: Anarchismus-Sozialismus, «Sozialistischer Akademiker. Organ der Sozialistischen Studierenden und Studierten deutscher Zunge», II , n. 12, dicembre 1896, pp. 751-754. Il presente intervento si colloca all’interno di un acceso dibattito scaturito dal saggio di Augustin Hamon, Un anarchisme, fraction du socialisme? («La Société Nouvelle», XII , t. 1, vol. XXIII , gennaio- giugno 1896: il saggio apparve in due parti, sul n. 134, febbraio 1896, pp. 207-227, e sul n. 135, marzo 1896, pp. 366-382), tradotto in tedesco, in tre parti, sulle colonne del «Der sozialistische Akademiker» ( II , n. 2, febbraio 1896, pp. 107-112; n. 3, marzo 1896, pp. 148-153; n. 4, aprile 1896, pp. 238-242). La discussione iniziò prima del congresso di Londra, e le posizioni come quelle di Hamon, che difendevano l’appartenenza dell’anarchismo alla vasta corrente del socialismo internazionale, intendevano denunciare in anticipo l’illegittimità dell’espulsione che gli anarchici paventavano. –Due parole sull’anarchismo. Originale: Ein paar Worte über Anarchismus, «Der Sozialist», VII , n. 28, 10 luglio 1897, pp. 167-168. L’articolo era apparso qualche giorno prima sul settimanale «Die Welt am Montag. Unabhängige Zeitung für Politik und Kultur» (Il mondo del lunedì. Giornale indipendente di politica e cultura), che ospitava interventi dei diversi protagonisti della vita politica tedesca in una rubrica creata ad hoc, «I partiti si presentano»; la copia del giornale su cui apparve il contributo di Landauer è perduta. –Essenza e prospettive del rivoluzionarismo. Originale: Wesen und Aussichten des Revolutionarismus, «Welt am Montag. Unabhängige Zeitung für Politik und Kultur», V , n. 19, 8 maggio 1899, p. 1. Copia dell’articolo si trova oggi nel Fondo Landauer conservato presso l’International Institute of Social History di Amsterdam, fascicolo n. 158. –Pensieri anarchici sull’anarchismo. Originale: Anarchische Gedanken über Anarchismus, «Die Zukunft», X , vol. 37, n. 4, 26 ottobre 1901, pp. 134-140. –Trenta tesi socialiste. Originale: Dreißig sozialistische Thesen, «Die Zukunft», XV, vol. 58, n. 15, 12 gennaio 1907, pp. 56-67. –La nascita della società. Originale: Die Geburt der Gesellschaft, «Die Zukunft», XVI , n. 19, 8 febbraio 1908, pp. 202-208. Il presente articolo riprende alcune parti del saggio Die Revolution, Frankfurt a.M., Rütten & Loening, 1907. –Appello per il socialismo. Traduzione della parte corrispondente alle pp. 120-127 di G. Landauer, Aufruf zum Sozialismus, Berlin, Verlag des Sozialistischen Bundes (Max Müller), 1911. –L’abolizione della guerra e l’autodeterminazione del popolo. Il 19 settembre 1911, Landauer parlò in un’assemblea pubblica a Ber- lino di fronte a circa settecento persone, sottolineando la necessità di una conferenza europea dei lavoratori per ostacolare la guerra. Il discorso, tra- sformato in un dialogo con domande e risposte, fu predisposto per la stampa nello stesso anno, con il titolo Die Abschaffung des Kriegs durch die Selbstbestimmung des Volkes. Fragen an die deutschen Arbeiter, herausgege- ben vom Ausschuß für den freien Arbeitertag in Deutschland zu Berlin, Berlin, Verlag Max Müller, 1911, 19 pp. Fu diffuso in centomila copie, ma subito sequestrato dalla polizia. A causa di un errore d’impaginazione, non solo nei diversi repertori la consistenza dell’opuscolo è ritenuta di sole 15 pagine, ma soprattutto la numerazione delle domande risulta in- coerente: nella presente traduzione ripristiniamo l’ordine logico. –Rialzati, socialista!. Originale: Stelle Dich, Sozialist!, «Der Aufbruch. Monatsblätter aus der Jugend- bewegung» (Jena), I , n. 1, luglio 1915, pp. 14-19. –La Germania, la guerra e la rivoluzione. Resoconto stenografico del discorso pronunciato al Consiglio provvisorio della Repubblica di Baviera, pubblicato originariamente in Verhandlungen des provisorischen Nationalrates des Volksstaates Bayern im Jahre 1918/19. Stenographischer Bericht, No. 1 bis 10, vol. 1, Sitzung am 8, November 1918 bis zur 10, Sitzung am 4, Januar 1919, a cura del Landtags- archivariat, München, Mühlthaler’s Buchund Kunstdruckerei, 1919, pp. 107-113. Il discorso, completo o in estratto, è stato ripubblicato molte volte nel tempo, e con titoli diversi: il titolo che proponiamo qui ci sembra riassumere bene i contenuti principali dell’intervento di Landauer.
Edito da: Ca’ La Gatera Luogo di pubblicazione: Brembio (Lo) Anno: 2006 Pagine: 16 File: PDF Introduzione/Premessa/Presentazione/Sinossi/Quarta di Copertina/Sintesi:
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Nota dell’Archivio – Come riportato dal traduttore, il manoscritto originale, “The Idea is the Thing”, è conservato “nell’archivio delle carte di Alexander Berkman presso l’International Institute for Social History. La trascrizione inglese usata per la traduzione è quella pubblicata in Anarchy Archives.”
Edito da: Edizioni Anarchismo Luogo di pubblicazione: Trieste Anno: Novembre 2013, Seconda Edizione Pagine: 122 File: PDF Introduzione/Premessa/Presentazione/Sinossi/Quarta di Copertina/Sintesi:
Se dovessimo fare un bilancio di questi ultimi trent’anni, dal punto di vista di quanto ci apprestavamo a fare e che solo in parte abbiamo portato a completamento, c’è da restare sconcertati. Poco, quasi niente. Oppure molto, anzi moltissimo? Chi può dirlo? Non certo la rilettura di questo testo può darci indicazioni certe.
Né il potere, nell’ampio raggio delle sue metamorfosi è andato fino in fondo nei suoi progetti, per altro sempre a breve termine, quindi incapaci di dare un assetto definitivo allo sfruttamento.
Quella pace sociale che sembrava alle porte, come forma produttiva (dopo la grande paura degli anni Settanta), non è stata ottenuta. Nuove ondate di tempesta si sollevano sull’oceano dei rapporti conflittuali tra esclusi e inclusi. Il muro che avevamo ipotizzato non è stato costruito fino a quell’altezza che temevamo.
Forse le stesse forze intrinseche al processo capitalista si sono contraddette, forse è congenito al meccanismo dello sfruttamento il non arrivare mai a perfezionarsi, forse nuovi orizzonti si aprono per uno scontro più radicale e significativo.
Perché no? Immaginarsi meno forti di quello che siamo potrebbe essere un errore. Non voglio alimentare illusioni. So bene che non esiste un centro nevralgico dove colpire a morte il nemico, le illusioni della presa del palazzo d’inverno hanno fatto il loro tempo. In fondo le analisi sociali più recenti, e le recenti esperienze sul campo, un po’ dappertutto, ci indicano che lo scontro è ancora tutto da giocare. Forse abbiamo più frecce nel nostro arco di quanto non pensassimo. Possiamo ancora una volta causare brutte sorprese a chi non si aspetta un’insorgenza generalizzata. Trieste, 18 novembre 2011 Alfredo M. Bonanno Nota dell’Archivio – La prima edizione di questo testo venne pubblicata come articolo “Dominio di classe e limiti del processo di legittimazione” , “Pantagruel” n. 3, ottobre 1981, pp. 3-31. Successivamente, nel 2000, venne pubblicato come opuscolo.
Durata: 6 Marzo 1887 – 3 Ottobre 1887 Luogo: Mantova Periodicità: Settimanale Pagine: 4
Note dell’Archivio – Nell’Archivio mancano i nn. 1, 3, 8, 9, 11, 18 e 20 – La raccolta completa, da sfogliare online, si trova qui – Riguardo il giornale e il tipografo si riportano, in modo assemblato, le seguenti informazioni tratte dai libri di Clara Castagnoli, Giancarlo Ciaramelli, “Un secolo di stampa periodica mantovana 1797-1897”, FrancoAngeli, Milano, 2002, e Giancarlo Ciaramelli e Cesare Guerra “Tipografi, editori e librai mantovani dell’Ottocento”, FrancoAngeli, Milano, 2005: “Il giornaletto è organo del gruppo socialista rivoluzionario anarchico mantovano dall’indirizzo internazionalista. La redazione è composta di “puri operai manuali” e il redattore Fabio Baraldi è un falegname, autodidatta, fratello del tipografo Ciro. I suoi articoli rivelano il tentativo di trasferire a Mantova l’impostazione marxistica della Comune di Parigi dando informazione sui movimenti rivoluzionari dei vari Stati europei, reclamando la sostituzione della monarchia con la repubblica, i diritti della donna, la scomparsa della proprietà privata. Nel programma sostiene: “Lotteremo contro la borghesia tutta fin quando vi saranno ricchi e poveri, cioè sfruttati e sfruttatori, vi sarà sempre miseria e schiavitù; contro qualunque autorità sia costituzionale o repubblicana poichè questa non esiste che per difendere gli interessi della borghesia (i ricchi); contro qualunque pregiudizio. Alla proprietà privata vogliamo sostituire il Comunismo, all’autorità l’Anarchia, al pregiudizio la Istruzione ossia la Scienza, alla patria la Fratellanza di tutti i popoli, alla famiglia attuale il Libero Amore” (La Lotta, La Redazione, 6 Marzo 1887). Naturalmente il primo numero del giornale fu sequestrato e così avvenne anche per altre cinque volte su un totale di venti numeri usciti (Il primo battesimo, La Redazione, 13 Marzo 1887). In una serie di articoli dal titolo “Chi siamo?” il giornale professa la sua adesione all’ideale del comunismo: “per noi la proprietà è un furto”, e più avanti: “vogliamo che tutti lavorino e godano il frutto in comune secondo il principio: da ognuno secondo le sue forze, ad ognuno secondo i suoi bisogni”. Il metodo di lotta è comunque essenzialmente anarchico: “non vogliamo attendere l’emancipazione dalle leggi socialiste proposte al Parlamento, o dal voto amministrativo o dal suffragio universale; non abbiamo fiducia nelle organizzazioni di resistenza, nelle cooperative, negli scioperi, tutti mezzi incapaci a darci o procurarci un’esistenza perennemente libera e umana; noi siamo anarchici antiparlamentari e non crediamo più alle frottole dei deputati” (Smascheriamoli, Vittorio Cappellini, 3 April 1887). Sostiene come unico mezzo la lotta di tutto il popolo. Nei primi numeri appoggia inoltre la proposta dell’Humanitas, movimento estremistico di comunisti anarchici, di unirsi in una sola organizzazione. Successivamente in una nota appoggia invece la tesi contraria all’organizzazione unitaria sostenuta dalla “Gazzetta operaia” di Torino (Organizzazione anarchica?, 14 Agosto 1887). In occasione del 16° anniversario della Comune parigina celebra la data del 18 Marzo come “la più grande pagina della storia dell’emancipazione del proletariato” con un numero speciale in cui pubblica un appello agli operai e alle operaie della città e campagna perchè lottino per la loro emancipazione; e aggiunge una breve storia della Comune (20 Marzo 1887). Pubblica poi il manifesto degli anarchici forlivesi per l’elezione di Amilcare Cipriani (10 Aprile 1887) e invita i compagni a iscriversi al Circolo Operaio Socialista appositamente costituito per fare propaganda socialista in mezzo alle classi povere, in attesa che spunti “l’astro desiderato del comunismo anarchico” (Circolo operaio socialista, 24/25 Aprile 1887). Segue l’annuncio della prossima costituzione di un gruppo comunista anarchico rivoluzionario a Mantova di cui diventa organo dal numero seguente (Movimento rivoluzionario, 14 Settembre 1887) E quando giunge la notizia dagli Stati Uniti che nel prossimo Novembre cadranno per mano del boia i sette anarchici condannati a Chicago, il giornale in prima pagina alza un’accorata protesta d’indignazione, invitando i compagni mantovani a tenere pubbliche riunioni contro la sentenza di morte (Ai compagni, 2/3 Ottobre 1887). Sotto il titolo Movimento rivoluzionario riporta le principali notizie del movimento operaio mondiale; reca inoltre corrispondenze dai centri più importanti dell’anarchismo italiano ed europeo, e da alcuni centri della provincia. Mentre nel numero del 18/19 Settembre annuncia che, a breve, il giornale allargherà il formato, e per questo sforzo finanziario chiede l’aiuto ai compagni, “La Lotta” invece cesserà con il numero successivo le pubblicazioni, dopo aver subito l’ultimo sequestro. Le difficoltà economiche avevano costretto già il giornale a una sospensione durata dal Giugno alla metà di Agosto.”(Castagnoli e Ciaramelli, op. cit., pagg. 160-2)
Agostino Giovannazzi (Mantova 1 Ottobre 1851-19 Giugno 1913) Dopo essere stato direttore per nove anni della Tip. Mondovì, si mette in proprio il 1 Gennaio 1881 rilevano le attrezzature della tipografia Belfiore, già in precedenza acquistate da Bortolo Balbiani. Le prime edizioni portano talvolta la denominazione Tip. Giovanazzi succ. Balbiani o Tip. Giovanazzi-Balbiani o, relativamente al periodico “La Scintilla”, Tip. Belfiore. Dall’Ottobre 1887 si trasferisce da via Cappello 6, in via Mangani 23 (poi via P.F. Calvi). È ricordato per essere stato un valente intagliatore di caratteri e un eccellente litografo, ma soprattutto per avere fondato il giornaletto “Mah!!!” (1885-1913), foglio popolare scritto in dialetto mantovano. Fu stampatore e direttore responsabile dell’organo della società democratica mantovana “Il Mincio” (1881), e il tipografo di diversi altri periodici, tra cui “La Federazione Operaia” (1885-1886), “La Nuova Favilla” (1885-1887), “La Comune” (1882-1883), “La Lotta” (1887), “L’Amico del popolo” (1888), “L’Arcobaleno” (1893). Alla sua morte gli subentra il figlio Silvio che continuerà solo per qualche mese l’attività paterna. Giovanazzi ricoprì diverse cariche, dal 1871 al 1878, nella Società Tipografica Mantovana. (Ciaramelli e Guerra, op. cit., pagg. 302-5)” – Sul fratello di Fabio Baraldi, Caio Siro, si veda la biografia curata da Maurizio Antonioli nel Dizionario Biografico degli Anarchici Italiani. L’epitaffio citato da Antonioli è consultabile qui.
Edito da: Ipazia Luogo di pubblicazione: Ragusa Anno: 1979 Pagine: 101 File: PDF Introduzione/Premessa/Presentazione/Sinossi/Quarta di Copertina/Sintesi: Nel concetto comune, accettato dai più senza controllo, come moneta corrente, si suol designare col nome di anarchico colui il quale, professandosi nemico dell’attuale ordinamento economico-politico, vagheggia e, per quanto può tende con altri al fine rivoluzionario di rovesciarlo mediante la violenza, aspirando come ideale ultimo, come programma massimo, per dir così, della sua azione rivoluzionaria, ad una società nuova fondata sulla perfetta uguaglianza di tutti i suoi componenti, e quel ch’è più caratteristico, una società senza Governo, senza Stato, senza leggi, senza tribunali, senza nessuna di quelle istituzioni ufficialmente riconosciute (quali, ad esempio, la Proprietà, il Matrimonio, l’Esercito, ecc.), che, sotto forme diverse, si sono sempre mantenute presso tutti i popoli, in tutti gli ordinamenti e in tutti i tempi. Si è sempre fatta – e si fa tuttora da molti – una grande confusione fra socialisti e anarchici, fra la dottrina e l’ideale di questi ultimi e il collettivismo. Fa d’uopo invece riconoscere che, contro tutte le apparenze, c’è fra gli uni e gli altri, fra le teorie socialiste e le anarchiche, una notevolissima, per non dire anzi essenziale e insanabile divergenza. E la verità è che così sul terreno dottrinario come sul terreno pratico della propaganda e del programma, i capi riconosciuti delle due dottrine hanno sempre impegnato fierissime polemiche, e, sull’arena tumultuosa dei comizi, i socialisti e gli anarchici si schierano generalmente in due colonne avversarie e nemiche. Nè potrebbe essere altrimenti. Il socialista di qualunque tendenza combatte anzitutto e soprattutto quello ch’egli chiama l’ordinamento borghese (intendi il regime capitalistico della proprietà e della distribuzione delle ricchezze); egli mira, nell’interesse del proletariato, alla socializzazione dei mezzi di produzione e di scambio, al collettivismo, e crede che ad esso – indipendentemente dall’azione dei partiti – sia incamminata, per fatalità di leggi economiche, la società attuale. Ridotta alla sua più semplice espressione, la dottrina socialista non è che lo sforzo cosciente col quale una classe d’uomini (il Proletariato) si studia, nel suo diretto interesse (che in ultima analisi coincide e s’identifica con l’interesse di tutta la collettività), di affrettare l’avvento di una nuova fase economica, di un nuovo evo storico, i cui germi sono già sviluppati nel seno della attuale fase economica nella compagine dell’attuale evo storico. La fatalità del collettivismo! Ecco infatti il motivo che ricorre sovente nella letteratura socialista. Coloro che accettano i postulati di C. Marx sanno benissimo che il Collettivismo non può rappresentare l’ultima, definitiva fase della storia umana… Nel concetto marxista il Collettivismo rappresenta nè più più nè meno che la sintesi con la quale le forze motrici dell’odierno regime borghese risolveranno le contraddizioni, le antinomie del regime borghese. Il Socialismo sarà, in altre parole, il figlio del Capitalismo, e uscirà per processo naturale dalle sue viscere, nella stessa guisa che quest’ultimo è uscito dalle viscere della società feudale. (Il Feudalismo sarebbe il nonno del Socialismo!) È logico che, date queste premesse, il socialista non possa concepire la sua futura Utopia che traverso i punti di vista (un kantiano direbbe traverso le categorie) della società borghese: il Governo, lo Stato, la Famiglia, la Proprietà, il Diritto Punitivo, ecc., ecc. Non passa neppure per la mente al socialista la possibilità di far tabula rasa di queste istituzioni che hanno in ogni tempo e presso ogni popolo, quantunque sotto diverse forme, contrassegnato la convivenza sociale degli uomini. Egli dirà che vuole abolita la proprietà capitalistica, ma per far posto alla proprietà statale; vuole abolito il Governo borghese, ma per far posto al Governo socialista. Possiamo, in altre parole, immaginare il regime collettivista come un vasto ordinamento borghese senza borghesia (intendi senza borghesia padrona o dominante). Insomma: il socialista non è necessariamente un nemico delle Istituzioni; è, tutt’al più un avversario delle istituzioni borghesi. Ma per l’anarchico è tutt’altra cosa! Prima di tutto egli non fa bersaglio de’ suoi strali la società borghese, ma tutte le forme di società aventi la loro ragion d’essere nel PRINCIPIO AUTORITARIO… È come dire che quand’anche domani si dovessero distruggere gli attuali rapporti di proprietà e di scambio, egli, in quanto professa i principi dell’Anarchia, dovrebbe combattere con non diminuito ardore la società collettivista inaugurata dalla Rivoluzione. Il perchè è presto detto: Il Collettivismo lascia intatta l’essenza dell’antico regime: il principio di autorità; il Collettivismo riconosce e consacra, siccome legittima, la dipendenza dell’individuo nei suoi rapporti con la collettività, e rinnova a quest’ultima il mandato di controllare la condotta. Noi abbiamo visto che il socialista non potrebbe, quando pure lo volesse, immaginare il futuro collettivismo meta delle sue aspirazioni, se non traverso i punti di vista della società attuale. Per l’anarchico il caso è perfettamente l’opposto. Egli non sa che farsene delle cosiddette leggi di Evoluzione e di Continuità storica, che tiene in conto di imparaticci e di retorica borghese. L’anarchico salta a piè pari l’alta siepe delle categorie sociali, da cui è invece limitato l’orizzonte intellettuale e teorico del socialista, e salta questa siepe col negarle a priori, col rigettarle lungi da sè come un inutile ciarpame. La sua, insomma, è una logica diversa da quella del socialista. Egli non ha nè la sua scienza, nè i suoi scrupoli, ed è soprattutto un dichiarato nemico delle riserve con le quali il seguace di Marx concepisce la Rivoluzione. Nel corso delle pagine che seguiranno, noi ci studieremo di esporre e riassumere nel modo più obiettivo la dottrina anarchica. Benchè ancora molti guardino ad essa e a’ suoi seguaci come ad uno spauracchio, come al babau, è fuor di dubbio che essa trovò una larga adesione fra pensatori di alto intelletto e che forma ancora oggi il conforto e la fede di molti uomini, i quali non sono poi tutti dei pazzi o dei delinquenti. Filosoficamente considerate, le dottrine anarchiche potranno fornire materia di disputa, ma nessuno ha il diritto di condannarle a priori come immorali o criminose. Studiarle nella loro genuina espressione è, direi quasi, doveroso per ogni persona colta, per chiunque sdegni di approvare o combattere un indirizzo di idee senza bene conoscerle. Ma, come dissi nella Prefazione, io non intendo assolutamente di far opera apologetica o polemica: non scrivo pro nè contro le idee degli anarchici. Io mi propongo semplicemente di esporle, studiandomi, per quanto mi riuscirà, di prescindere da quelle che possono essere, in proposito, le mie personali convinzioni. Nota dell’Archivio – Questo testo fu pubblicato da Sonzogno negli anni 1909, 1910 e 1927. Successivamente, vennero scorporate due parti di questo testo e pubblicate da La Fiaccola come opuscoli: “La negazione della proprietà e della società borghese in Pierre J. Proudhon e Pietro Kropotkin” (1970) e “La negazione di Dio e dello Stato in Max Stirner e Michele Bakunin”(1966).
Edito da: Gratis Luogo di pubblicazione: /// Anno: 2007 Pagine: 112 File: PDF Introduzione/Premessa/Presentazione/Sinossi/Quarta di Copertina/Sintesi: Pubblicato in Francia nel 1895, può essere letto come la testimonianza di un’epoca o anche come un breve romanzo autobiografico. L’autore è Zo d’Axa, straordinario eretico del movimento anarchico nonché fondatore del settimanale L’Endehors, dalle cui pagine si celebrò l’indissolubile legame di sangue che unisce il sogno all’azione. La sua attività lo portò ad essere accusato di far parte di una “associazione di malfattori”, nell’ambito di un procedimento giudiziario diretto a reprimere un movimento dalle cui fila uscivano in quel «fosco fin del secolo morente» molti tirannicidi e amanti della chimica esplosiva. Zo d’Axa racconta con tono beffardo e irriverente le sue peripezie cominciate a partire dall’arresto e proseguite, una volta libero, quando sarà costretto a prendere la via dell’esilio e a vagabondare per mezza Europa fino in Medio Oriente: due anni di vita trascorsi senza risparmiarsi, fra fughe rocambolesche, sedizioni, detenzioni. Lungo questo percorso, l’argonauta Zo d’Axa ci fa scoprire che la gioia più intensa consiste proprio nel vivere le avventure di un viaggio e non nel raggiungimento del Vello d’Oro: una persuasione che lo spinse sempre a cantare il piacere della rivolta e a deridere i pastori di ogni lieta novella di redenzione.
Note dell’Archivio – Traduzione del libro “De Mazas à Jérusalemme, tratto dall’Endhors, Champ Libre, Parigi, 1974 – All’inizio del libro vi è l’articolo d Charles Jacquiere, “Zo D’Axa, scrittore di pamphlet e giornalista libertario”, pubblicato su Rivista Storica dell’Anarchismo, a. 3, n. 2, Luglio-Dicembre 1996, BFS, Pisa
Edito da: E. Treves & C. Luogo di pubblicazione: Milano Anno: 1869 Pagine: 157 (Primo Volume); 155 (Secondo Volume) File: PDF Introduzione/Premessa/Presentazione/Sinossi/Quarta di Copertina/Sintesi: “Una Nobile Follia” è la storia di Vincenzo D., orfano artista e soldato contro la sua volontà, strappato alla vita e all’amore dall’esercito per andare a combattere una battaglia non sua. L’orrore della guerra, la violenza dell’uomo sull’uomo e la crudeltà di un sistema che obbliga ad uccidere contro ogni convincimento morale del singolo porteranno il protagonista a una trasfigurazione totale e a un catartico sacrificio finale. Pietra miliare dell’anitimilitarismo e della disobbedienza civile, questo libro è ancora oggi di una forza indicibile, non solo per il crudo realismo delle scene di battaglia, ma anche per la lucida analisi e l’argomentato elogio della diserzione.
Edito da: Bepress Luogo di pubblicazione: Lecce Anno: 2015 Pagine: 246 File: PDF Introduzione/Premessa/Presentazione/Sinossi/Quarta di Copertina/Sintesi: Avventurosa e drammatica, quella di Buenaventura Durruti è la vita senza compromessi di un irriducibile rivoluzionario. Anarcosindacalista, svaligiatore di banche, agitatore politico, indomabile vendicatore del proletariato, ricercato dalla polizia di mezzo mondo e celebre capo della colonna che porta il suo nome, ha condotto la più implacabile guerra contro il capitalismo e le sue ingiustizie. Con una cronaca appassionante Abel Paz ha saputo ricostruirne la vita, tratteggiando un paesaggio umano fatto di politici corrotti, poliziotti asserviti al potere e pronti a usare la mano forte contro i dissidenti, sindacalisti impegnati a garantire il potere borghese e operai in rivolta. Al centro di questi intrigati fatti, la fuga tra Europa e America di Durruti che, tra una rapina e un’evasione, si incontra con i grandi rivoluzionari del suo tempo. Poi gli anni ’30, l’antifascismo, la guerra civile spagnola e la creazione del Comitato centrale di Milizie antifasciste della Catalogna. E ancora il luglio 1936, quando a capo di 10000 anarchici, chiamati poi Colonna Durruti, ottiene numerose vittorie contro i franchisti sul fronte Aragonese. Fino all’ultimo spostamento verso la capitale Madrid, dove cadrà il 20 novembre. Abel Paz attraverso la biografia di un personaggio unico, ha raccontato le vicende di un’epoca.
Note dell’Archivio – Traduzione del libro “Durruti: el proletariado en armas”, 1978. La prima edizione di questo libro, “Durruti, le peuple en armes”, venne pubblicata nel 1972 in Francia a causa della dittatura franchista in Spagna. – Nell’edizione del 1996, dal titolo “Abel Paz Durruti en la Revolución española”, Abel Paz ampliò con note e capitoli la biografia di Durruti. Questa versione, in italiano, venne pubblicata nel 2010 in coedizione da BFS, ZIC e La Fiaccola. Link Download
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