Goldman Emma, “Anarchia, femminismo e altri saggi”

Edito da La Salamandra, Milano, 1976, 219 p.

Prefazione di Emma Goldman

Circa ventun anni fa ho ascoltato il primo grande oratore anarchico: l’inimitabile John Most. Mi sembrò allora, ma anche molti dopo, che le parole fossero lanciate tra le masse con una tale carica, un tale entusiasmo ed ardore da non poter più essere cancellate dalla mente e dall’animo umano. Come avrebbero potuto chiunque si fosse trovato tra le folle che partecipavano ai comizi di Most, sottrarsi alla sua voce profetica! Certamente non potevano fare altro che ascoltarlo per sbarazzarsi delle vecchie credenze e vedere la verità e la bellezza dell’anarchia!
La mia grande aspirazione all’epoca era di poter parlare con la voce di John Most: essere anch’io capace di raggiungere le masse. Ah, l’ingenuità dell’entusiasmo giovanile! Sono gli anni in cui le cose più difficili sembrano un gioco da ragazzi. È l’unico periodo della vita che valga veramente la pena di vivere. Purtroppo, è anche un periodo di breve durata. Come la primavera, il periodo dello Sturm und Drang dell’agitatore porta con sè la crescita, fragile e delicata, che può maturare o essere uccisa a seconda delle sue capacità di resistenza contro migliaia di ostacoli. La mia grande fede nel taumaturgo, nelle parole dette, non esiste più. Ho capito la loro inadeguatezza nel risvegliare il pensiero o anche le emozioni. Poco a poco e con una forte resistenza a questa comprensione, ho capito che la propaganda verbale è al massimo uno strumento per scuotere la gente dal suo letargo: non lascia alcuna impressione durevole. Il fatto stesso che molti partecipano alle assemblee solo se spinti da notizie sensazionali o perchè si vogliono svagare, è una prova che essi hanno un’ansia profonda di apprendere. Ancor diverso è per quanto riguarda la forma scritta dell’espressione umana. Nessuno, a meno che non sia veramente interessato alle idee progressiste, si scomoderà a leggere dei libri seri. E ciò mi porta a un’altra constatazione, fatta dopo molti anni di attività pubblica.
È la seguente: nonostante tutte le pretese dell’educazione, il bambino accetterà solo ciò che la sua mente desidera. Questa verità è ormai riconosciuta da molti educatori moderni per quanto riguarda la mente infantile. Io credo che essa sia vera anche per l’adulto. Non si può far diventare qualcuno anarchico o rivoluzionario più facilmente che musicista. L’unica cosa che si può fare è piantare i semi del pensiero.
Se da questi nascerà qualcosa di vitale dipende in larga parte dalla fertilità del terreno umano, anche se non si deve trascurare la qualità del seme intellettuale. Nelle assemblee il pubblico viene distratto da migliaia di cose secondarie. L’oratore, anche se capace, non può sfuggire all’irrequietezza della folla, con il risultato inevitabile che egli non riuscirà a penetrare nel profondo. Probabilmente non riuscirà a soddisfare nemmeno se stesso. Il rapporto tra lo scrittore e il lettore è più intimo. È vero, i libri sono solo ciò che noi vogliamo che siano; anzi ciò che vi leggiamo dentro.
Il fatto che sia possibile far ciò, denota la superiorità dell’espressione scritta su quella verbale. È questa convinzione che mi ha spinto a raccogliere in un volume le mie idee su vari argomenti di importanza individuale e sociale. Essi rappresentano le lotte mentali e affettive di ventun anni: le conclusioni ricavate da così tanti cambiamenti e ripensamenti interni. Non sono così ottimista da sperare che i miei lettori saranno tanti come coloro che mi hanno ascoltata. Ma io preferisco rivolgermi ai pochi che vogliono veramente apprendere, piuttosto che ai molti che vengono per
passare il tempo. Per quanto riguarda il libro, esso deve presentarsi da solo. Commenti e spiegazioni non fanno altro che sottrarre qualcosa alle idee che vengono avanzate. Tuttavia, vorrei prevenire due obiezioni che sicuramente verranno sollevate. Una riguarda il saggio sull’Anarchia, l’altra su Minoranze contro maggioranze.
“Perchè non parli di come le cose funzioneranno sotto l’anarchia?”, mi è stato chiesto migliaia di volte. Perchè credo che l’anarchia non può in tutta coerenza imporre un programma ferreo o un metodo al futuro. Le cose che ogni nuova generazione deve combattere e che sono le più difficili da sconfiggere, sono i segni del passato che ci tiene tutti in una rete. L’anarchia, perlomeno come la intendo io, lascia i posteri liberi di sviluppare i propri sistemi, in armonia con i propri bisogni. La più vivace delle nostre immaginazioni non può prevedere i risultati di una corsa libera da costrizioni esterne. Come si potrebbe pretendere allora di tracciare una linea di condotta per chi deve ancora venire? Noi, che paghiamo un caro prezzo per ogni soffio di aria pura e fresca, dobbiamo stare in guardia contro la tendenza a incatenare il futuro. Se riusciamo a pulire il terreno da tutta l’erbaccia del passato e del presente, lasceremo ai posteri la più grande e la più sicura eredità di tutte le epoche. La tendenza più scoraggiante che esiste tra i lettori è quella di estrapolare una frase da un lavoro, come se fosse un esempio delle idee o della personalità dello scrittore.
Friedrich Nietzsche, per esempio, è considerato un nemico dei deboli perchè credeva nell’Ubermensch. Non viene in mente ai piatti interpreti di quella mente gigante che questa visione dell’Ubermensch presupponeva un tipo di società in cui non esisterà più una razza di oppressi e di schiavi. È lo stesso atteggiamento errato che vede in Max Stirner niente altro che l’apostolo della teoria “ognuno per sè, al diavolo chi è dietro”. Che l’individualismo di Stirner contenga le più grandi potenzialità sociali, è completamente ignorato. È vero però che se la società dovrà mai liberarsi, ciò avverrà grazie ad individui liberi, i cui liberi sforzi costruiranno la società. Questi esempi mi portano all’obiezione che verrà sollevata dal saggio Minoranze contro maggioranze. Non vi sono dubbi; dovrò essere scomunicata come nemica del popolo, perchè rinnego la massa come un fattore creativo. Io lo preferirei, piuttosto che essere colpevole delle banalità demagogiche così in voga come esca per la gente. Mi rendo conto benissimo della malattia delle masse oppresse e sfruttate, ma mi rifiuto di prescrivere i soliti ridicoli palliativi che non permettono al paziente nè di morire nè di guarire. Non si può essere mai troppo estremi nell’affrontare i mali sociali; tra l’altro, è l’estremo che rappresenta la verità. La mia mancanza di fede nella maggioranza è dettata dalla mia fede nelle potenzialità dell’individuo. Solo quando questi diventerà libero di scegliere i suoi compagni per una causa comune, potremo sperare in un’ordine e in un’armonia al di fuori di questo mondo di caos e ineguaglianza. Per il resto, il mio libro deve parlare da solo.

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Note dell’Archivio
-Traduzione del libro Goldman Emma, “Anarchism and Other Essays“, Mother Earth Publishing Association, New York, 1911
-Il saggio di Shulman Alix Kate, “La donna più pericolosa al mondo”, è un estratto tradotto del libro “To the Barricades: The Anarchist Life of Emma Goldman,” Thomas Y. Crowell, New York, 1970.

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