Edito da SE, Milano, 2006, 70 p.
Il senso d’impotenza e di solitudine del condannato incatenato, di fronte alla coalizione pubblica che vuole la sua morte, è già di per sé una punizione inconcepibile. E anche per questo sarebbe preferibile che l’esecuzione avvenisse pubblicamente. L’attore che è in ogni uomo potrebbe allora venire in soccorso dell’animale terrorizzato, e aiutarlo a ben figurare, anche di fronte a se stesso. Ma la notte e la segretezza sono senza appello. In questo disastro, il coraggio, la forza d’animo, persino la fede rischiano di essere affidati al caso. Generalmente l’uomo è distrutto dall’attesa della pena capitale molto tempo prima di morire. Gli si infliggono due morti, e la prima è peggiore dell’altra, mentre egli ha ucciso una volta sola. Paragonata a questo supplizio, la legge del taglione appare ancora come una legge di civiltà. Non ha mai preteso che si dovessero cavare entrambi gli occhi a chi aveva reso cieco di un occhio il proprio fratello.
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Nota dell’Archivio
-Nella Nota al testo viene riportato ciò: “NOTA AL TESTO
Nel 1955 Arthur Koestler si fece promotore in Inghilterra di una campagna nazionale per l’abolizione della pena di morte. La mobilitazione dell’opinione pubblica fu vasta e sfociò in un acceso dibattito parlamentare. Nell’autunno Koestler raccolse in un volume dal titolo “Reflections on hanging” gli scritti pubblicati in precedenza sull’«Observer». Manès Sperber, amico di Malraux, ebbe l’idea di far tradurre il libro in Francia, e propose ad Albert Camus di scrivere un saggio da pubblicare unitamente allo scritto di Koestler. Camus accettò. E’ dell’inizio del 1957 la stesura di “Réflexions sur la guillotine”, che apparve sulla «Nouvelle Revue Française» nei numeri di giugno e luglio. Il libro edito da Calmann-Lévy, “Réflexions sur la peine capitale”, comprendeva, oltre allo scritto di Camus, la traduzione parziale del testo di Koestler e un’indagine sulla pena di morte in Francia di Jean Bloch-Michel, che scriveva anche una breve prefazione, nella quale si mettevano in chiaro gli intendimenti che avevano portato alla pubblicazione dell’opera: «… a giudicare dall’indifferenza dell’opinione e dei poteri pubblici, si potrebbe arguire che si tratta di un problema di scarsissimo interesse. E il silenzio è soprattutto prerogativa delle autorità. Sarà sufficiente interromperlo perché la gente avverta il fastidioso rumore delle esecuzioni. A questo, oggi, si accinge Albert Camus». In Italia, da Longanesi, nel 1958 uscì, con una prefazione di Domenico Peretti Griva, “La ghigliottina”, traduzione dei saggi di Camus e di Bloch-Michel. La versione italiana completa del libro francese apparve da Newton Compton nel 1972: Albert Camus – Arthur Koestler, “La pena di morte”, introduzione, cura e studio critico di Jean Bloch-Michel.”