Max Stirner, “L’unico e la sua proprietà”

Edito da Anarchismo, Trieste, 2012, 243 p., Terza Edizione

La censura prussiana giudicò questo libro «troppo assurdo per essere pericoloso». Marx e Engels, invece, lo considerarono sufficientemente pericoloso per dedicargli più di trecento pagine persecutorie della Ideologia tedesca. Nietzsche non lo nominò mai, ma confessò a un’amica di temere che un giorno lo avrebbero accusato di aver plagiato Stirner. Da più di un secolo le storie della filosofia lo definiscono «famigerato». In breve: L’unico è l’opera più scandalosa e inaccettabile della filosofia moderna.
Quando apparve, a Berlino, nel 1844, suscitò per alcuni mesi reazioni febbrili e appassionate, soprattutto nell’ambiente del radicalismo di sinistra, da cui nasceva, fra quei discendenti di Hegel che si apprestavano a diventare sovvertitori dell’ordine. Poi seguì un lungo silenzio. Infine una riscoperta vorace, negli ultimi anni dell’Ottocento, quando Stirner apparve da una parte come precursore di Nietzsche e dall’altra come profeta dell’anarchismo individualista. Ma anche se Stirner ha avuto una grande influenza sotterranea, che ha agito sui personaggi più disparati, da Dostoevskij a Traven, il mondo della cultura ufficiale lo ha sempre evitato. Non era chiaro se Stirner fosse da considerare un filosofo, un pazzo o un criminale. Ma nell’Unico queste voci parlano insieme, e questa irrevocabile, beffarda confusione dei soggetti e dei livelli è la prima peculiarità del libro.
L’Unico sviluppa ‘sino alle estreme conseguenze’ quella «critica» corrosiva che era stata, da Kant in poi, la parola magica della filosofia; articola un sistema paranoico; fonda le ragioni del delitto. Commistione che non è un capriccio di Stirner, ma rivela, finalmente senza coperture eufemistiche, un processo operante in tutto il pensiero moderno. Con le sue argomentazioni stridule, martellanti, ossessive, Stirner fa ruotare vorticosamente la macchina della metafisica: ne risulta una grandiosa parodia, preludio alla mutezza dell’«indicibile» unico. Ma l’attacco al pensiero discorsivo va insieme, per Stirner, a un micidiale attacco al «sussistente», alla società che lo circonda.
Provocatore e vagabondo della metafisica, Stirner osò vedere il mondo della secolarizzazione trionfante, che è anche il nostro, come un mondo profondamente bigotto. Il sacro, scacciato dai templi, si vendica caricando le più laiche categorie di una violenza devastatrice. La Società, l’Uomo, l’Umanità giustificano ora ogni tortura sul singolo che non si adegui al modello ‘giusto’. E il sarcasmo stirneriano, che oppone l’egoista singolo, marchiato come «mostro inumano», al santo egoismo della Società, trafigge anche le società ‘giuste’, promesse dai miglioratori dell’umanità (siano essi reazionari, progressisti, liberali o socialisti) con frecce che appaiono ancora oggi perfettamente appuntite. (Anzi, spesso si ha l’impressione che colpiscano fatti accaduti nel nostro secolo). Che la sua critica sfoci poi in un nominalismo assoluto, e manifestamente insostenibile, non sembra preoccupare Stirner. In certo modo è ciò che voleva: tutto l’Unico è un solo, immane paradosso su cui il pensiero continua a inciampare.

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Nota dell’Archivio
-Come scrive Roberto Calasso nel saggio dedicato a Stirner, “Accompagnamento alla lettura di Stirner”, le traduzioni de “L’unico” in italiano sono state “una del 1902, presso Bocca, ampiamente tagliata e preceduta da una introduzione di Ettore Zoccoli, che è anche il traduttore. Preoccupato dalla dilagante fortuna che «l’individualismo criminale» di Stirner stava incontrando, Zoccoli traccia un profilo piuttosto dettagliato delle vicende dell’Unico e soprattutto, come voleva la tendenza di allora, mette a confronto le idee di Stirner con quelle di altri maestri dell’anarchismo. L’altra edizione italiana, senza menzione del traduttore, sarebbe apparsa nel 1911, presso la Libreria Editrice Sociale. Nel frattempo Zoccoli, che aveva già pubblicato un breve libro su Stirner e l’anarchismo americano (I gruppi anarchici degli Stati Uniti e l’opera di Max Stirner, cit.), gli dedicava il primo capitolo della sua opera più ambiziosa (L’anarchia, Torino, 1907, pp. 7-69). Questo libro, subito tradotto in russo e in tedesco, fu uno dei canali principali attraverso cui il nome di Stirner si diffuse in Italia.”

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