Edito da Istituto Gramsci Siciliano, Palermo, 1986, 373 p.
Laico fino alle forme più determinate dell’intransigentismo laicista, libero pensatore, libertario in fama di anarchico ed ugualmente personalità tollerante e aperta, alla sua morte (Sciacca 22 febbraio 1886) Saverio Friscia fu celebrato come uomo di parte al di sopra delle parti, uomo giusto: così per gli antichi amici mazziniani e per i nuovi radicali, da Bovio a Cavallotti; così per la generazione giovane che guardava, con attese messianiche, al « sole dell’avvenire ». Col tempo, il suo « anarchismo » aveva subito notevoli attenuazioni. Mentre l’internazionale anarchica veniva investita, dopo il 1874, da un irreversibile processo disgregativo, ed anche in Sicilia andavano nascendo le prime organizzazioni ispirate al socialismo marxista, Saverio Friscia andò progressivamente avvicinandosi a posizioni « riformaste », assicurando nuove proiezioni agli elementi vitali del suo « socialismo libertario », al quale avrebbero attinto le nuove e giovani forze, non più condizionate dai principi mazziniani e dagli umori garibaldini, alla guida, in Sicilia, tra l’ultimo scorcio dell’Ottocento e i primi del Novecento, delle lotte popolari e in specie di quelle del movimento contadino. Alla riscoperta di una personalità politica tanto complessa e ricca, forse seconda soltanto a quella di Francesco Crispi nel composito panorama della democrazia meridionale del l’Ottocento, eppure a lungo dimenticata, è rivolta l’indagine di questo libro, con l’intento di approntarne — al di là delle stesse esigenze di pura e semplice ricostruzione biografica — una prima organica interpretazione.
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