Edito da Feltrinelli, Milano, 1992, 168 p.
2Io mi sono chiesta: e se nel ventesimo secolo venisse al mondo un elfo, una creatura di un’altra epoca? Nella nostra società apparirebbe ‘cattivo’, portatore di male, ma in un contesto diverso non susciterebbe pregiudizi. Come reagiremmo se capitasse tra noi uno così? Noi siamo pigri, quando le cose sono un po’ problematiche, le nascondiamo sotto il tappeto. Questo libro l’ho scritto due volte. La prima versione era meno cruda. Poi mi sono detta:’cara mia, stai barando. Se succedesse davvero, sarebbe molto peggio di così’. E allora l’ho riscritto portandolo alle conseguenze estreme.” Due coniugi, Harriet e David Lovatt, che hanno fatto della felicità familiare il loro credo. Quattro figli ideali, come tutti vorrebbero avere. E a un tratto l’imprevisto: la nascita di un “mostro”. Un bambino aggressivo, violento, che nell’aspetto ricorda uno gnomo, un folletto malvagio. Quello strano bambino, che già prima di nascere si era tristemente annunciato infliggendo alla madre una gravidanza particolarmente penosa, ha un effetto dirompente sull’armonia della famiglia. Gli amici si allontanano intimoriti. I figli sprofondano nella depressione o decidono di sistemarsi altrove, ma Harriet, legata all’ultimo nato dall’orrore e dal senso di colpa, gli resta testardamente vicina, scissa tra una sorta di invincibile attrazione nei suoi confronti e l’amore, ormai incapace di gesti, per gli altri. Scritto con un’economia di linguaggio e con un tono di tranquillo realismo che sottolinea, paradossalmente, l’orrore della vicenda, Il quinto figlio ci propone una storia dove fantastico e quotidiano si intrecciano. Una di quelle storie che Doris Lessing è maestra nel raccontare.
Nota dell’Archivio
-Traduzione del libro “The Fifth Child”, Jonathan Cape, Londra, 1988