Rensi Emilia, “Atei dell’alba”

Edito da La Fiaccola, Ragusa, Settembre 1991, 138 p. , Seconda Edizione.

INTRODUZIONE
Ateismo – Parola difficile da definire, alla quale so­no stati dati via via i significati più diversi. L’epiteto di “ateo”, in senso dispregiativo, specialmente in pas­sato veniva dato a tutti coloro che professavano una religione diversa da quella dominante, da quella di Stato. Per i pagani erano “atei” coloro che non credevano negli dei della città, per i cristiani tutti i pagani erano “atei”, e viceversa. Gli appartenenti alle varie chiese si sono sempre classificati “atei” scambievolmente. Non parliamo poi dei panteisti, dei deisti, dei teisti… tutti “atei” per chi considera ateo colui che non crede in un Dio personale. L’appellativo di “atei” ebbero tutti gli eretici da parte di chi professava il credo egemone. Ed è interessante osservare, a questo proposito, come i ful­mini della persecuzione religiosa caddero più spesso sulla lesta di persone appartenenti a religioni diverse da quella di Stato (dello Stato dove essi abitavano!), о di eretici profondamente credenti, anziché sugli atei veri e propri.
L’ateismo può essere teorico о filosofico, quando il miscredente vuole sostenere la sua tesi con argomenti atti a controbattere gli argomenti in difesa della fede. Vi è anche l’ateismo agnostico, il quale afferma che il problema dell’esistenza di Dio è insolubile, o, almeno, supera le capacità di chi vorrebbe risolverlo. Nella so­cietà presente l’ateismo ha talvolta anche una sua radice sociale: la fede, dicono, ritarda il progresso sociale in quanto, predicando la rassegnazione e spostando la riso­luzione del problema umano nell’al di là, protegge l’or­dine stabilito e impedisce all’uomo di contare sulle sue forze per il riscatto. L’ateismo si può fondare anche sul­lo spirito d’indipendenza, in nome del quale l’uomo non vuole accettare l’idea di un padre-padrone, alla cui autorità deve inchinarsi, al quale deve render conto delle sue azioni, ed in balia del quale deve abbandonare le vicende della sua esistenza. Vi sono atei indifferenti al problema religioso e che dichiarano di esserlo; altri, invece, che della loro indifferenza rimangono inconsa­pevoli, in quanto sono del tutto ignari di questioni me­tafisiche. A questi ultimi è difficile dare un volto e un nome. Come è difficile dare un volto e un nome a tutti quelli (e quanti sono!) i quali, pur appartenenti alle varie confessioni religiose, e praticanti, vivono come se Dio non esistesse.
Ma siccome il pensiero deve dilatarsi nella vita, dob­biamo prender in considerazione anche un altro ateismo, al quale raramente si presta attenzione: l’ateismo etico, di quelli cioè che si rifiutano di credere, perché non riescono a scorgere nelle vicende umane, anzi soprattutto nella costruzione stessa della vita alcuna traccia di una mens etica. È un ateismo che può anche esser privo di ogni base dottrinale; ma, come osserva Jean Rostand: « le plus haut des esprits n’a peut-étre pas qualité pour comprendre l’univers; mais le dernier des coeurs qui souffrent a le droit de l’incriminer ». (Pensés d’un biologiste – Paris, 1954 – pag. 108).
Interessante notare che, mentre in passato vi era la tendenza ad “accusare” facilmente di ateismo tutti quel­li che si allontanavano dall’ortodossia dominante, anche se appartenenti ad altre diverse ortodossie о liberi cre­denti, ora che la schiera degli atei è diventata numerosa, si cerca, con mille astuzie verbali, di far rientrare nella serie dei credenti anche gli atei veri e propri, in quanto il loro numero e, talvolta, la fama acquistata potrebbero favorire la diffusione delle loro convinzioni. E questo fanno non soltanto le persone timorate di Dio, ma per­fino studiosi laici, о che, per lo meno, dovrebbero essere equanimi. I quali tuttavia non riescono a superare il pregiudizio ancestrale del biasimo congiunto alla pa­rola “ateo”, e, perciò, vorrebbero salvaguardare da simile riprovazione il maggior numero possibile di pen­satori.
Si giudica, di solito, che l’ateismo sia un fenomeno sviluppatosi nell’epoca attuale e dovuto soprattutto al progresso scientifico. Invece l’ateismo si manifestò fin dai primordi del pensiero e della civiltà. Così noi potre­mo trovare atei nei lontani secoli, prima dell’era cri­stiana. Tuttavia sono quelle qualità, sprigionate dalla co­scienza umana, che l’uomo attribuisce a Dio in grado sommo, illimitato, quali la bontà, la giustizia, la retti­tudine, la sapienza, alle quali è essenziale tener fede, per il progresso della civiltà e per lo sviluppo del senti­mento etico: per questo scopo, la fede nell’Ente, al quale tali qualità spetterebbero, non ha importanza alcuna.

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Nota dell’Archivio
-Prima Edizione: Agosto 1973

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