Edito da Samizdat, Pescara, 1996, 96 p.
La personalità di Paolo Schicchi è una figura molto complessa, che disorienta coloro che cercano di collocarla storicamente in una determinata corrente del movimento anarchico. Onde è necessario poter scandagliare la psicologia schicchiana per raggiungere sia risultati positivi sia risultati negativi di codesta affascinante individualità . Egli fu un grande uomo d’azione più che teorico; per cui come uno dei maggiori protagonisti dell’antifascismo militante nel maggio 1924 fu costretto a prendere le vie dell’esilio, continuando così la battaglia antifascista all’estero. Filippo Gramignano, nel suo saggio, ricostruisce con abbondanza di particolari il tentativo rivoluzionario del 1930, il qua le doveva soprattutto fallire per colpa di una spia, o forse di un apparato di spie, agli ordini del ministero degli Interni.Tuttavia l’attività di pubblicistica dello Schicchi è caratterizzata maggiormente da due idoli polemici: Casa Savoia e il fascismo. Essa era seguita da decine e decine di spie, per cui amba sciata e consolati italiani, d’accordo con i ministeri degli Esteri dei governi di cui era “ospite”, sopprimevano i suoi periodici e gli rendevano altresì la vita impossibile. Schicchi si ridusse così ad essere espulso da una nazione all’altra: Tunisia, Francia, Lussemburgo, Belgio, Austria, e infine fu costretto a vivere una vita clandestina. Sicché da un momento all’altro poteva essere arrestato e consegnato alle autorità fasciste come “indesiderato”. Poiché egli era un uomo che non ebbe pace e non diede mai pace, lanciava nel 1928 il numero unico “La guerra civile” e nel 1929 il manifestino-appello Siciliani!. Queste due ultime pubblicazioni sono un incitamento alla rivolta del popolo dei Vespri.