Edito da Anarchismo Edizioni, Trieste, Novembre 2013, 59 p.
Nota introduttiva di Alfredo Maria Bonanno
Parrebbe una difesa contro l’accusa di pacifismo ad oltranza e in questi articoli, al contrario, viene ribaltata non solo l’accusa – assolutamente fuori luogo e per giunta proveniente da pulpiti non certo adeguati – ma viene, con grande attenzione, indicato il limite che la violenza rivoluzionaria finisce col trovare in se stessa, nel proprio fondamento morale e nell’obiettivo che deve sapersi dare di contribuire a realizzare la libertà non solo degli anarchici ma di tutta l’umanità, sfruttatori compresi.
Ora, siccome la strada è lunga, e il percorso liberatorio indicato, con relative precisazioni riguardo il reperimento dei mezzi organizzativi e dei metodi di attacco per realizzare questa violenza liberatrice, è accidentato, ci sono molti poveri di spirito che finiscono per bloccarsi nel corso delle tante realizzazioni – acquisizioni e perdite comprese – e, fermandosi, si arroccano sulla difesa di quello che sono riusciti a stringere fra le mani, e accuratamente lo difendono, diventando, con sfumature più o meno sgradevoli, piccoli “proprietari” di miserabili appezzamenti di “libertà”, mentre la libertà si contrae in un sogno ormai alimentato solo da contributi letterari, in genere di scadente qualità.
E del ritorno ai progetti di un tempo? e quella violenza che doveva scardinare le porte del vecchio mondo? È possibile che non si sia capito che ogni volta bisogna ricominciare daccapo? che non ci sono fatti rivoluzionari compiuti una volta per tutte?
Quello che Malatesta ci dice, a volte chiaramente a volte fra le righe, è proprio questo. La violenza è indispensabile, ma da sola non risolve per sempre i problemi della rivoluzione, questi si ripresenteranno sempre e quindi occorrerà sempre tornare ad attaccare i futuri sopraffattori, con una nuova violenza liberatrice, fin quando questa stessa violenza diventerà superflua per avere finalmente ottenuta la libertà non solo per gli anarchici ma per tutti.
Ci dispiace, ancora una volta, di guastare i sogni pacifici dei reduci e degli ex combattenti
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