L’Alba Libertaria. Periodico mensile di propaganda femminile anarchica

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Durata: 15 Febbraio 1915 – 16 Maggio 1915
Luogo: Pontremoli
Periodicità: Mensile
Pagine: 4

Nota dell’Archivio
– Bettini, nella “Bibliografia dell’anarchismo : periodici e numeri unici anarchici in lingua italiana, 1872-1971”, scriveva che il giornale era “diffuso in tutto il centro e nord Italia (particolarmente in Liguria, da dove riceve anche corrispondenza). Il periodico era diretto da Emma Pagliai con la collaborazione assidua di Priscilla Fontana e Leda Rafanelli. Insiste soprattutto sul tema antimilitarista (La Guerra e la Donna, a. I n. 1); I delitti del militarismo, a. I n. 2 (15 mar. 1915); Le cifre della guerra, a. I n. 3 (11 apr. 1915) etc.
– Fournier-Finocchiaro, in “Anarchismo e femminismo nelle riviste La donna libertaria (1912-1913) e L’Alba libertaria (1915)“, scende più nel dettaglio rispetto a Bettini: “La seconda rivista anarchica femminile, L’Alba libertaria, non fa alcun riferimento alla precedente esperienza editoriale [La donna libertaria, ndr]. Il sottotitolo indica Periodico mensile di propaganda femminile anarchica, e nel contesto di guerra europea e agitazioni interventiste, ribadisce il bisogno di educare le donne ai principi anarchici, in particolare all’antimilitarismo e all’opposizione alla guerra, come si legge nell’editoriale «Sorgendo!», riprodotto qui di seguito. La rivista si presenta come l’organo ufficiale del gruppo libertario femminile di Pontremoli, sotto la responsabilità editoriale di Giovanni Romiti. I nomi dei membri del comitato di redazione non sono indicati, ma uno degli articoli del primo numero è firmato Irma, molto probabilmente Irma Pagliai. Anche se la maggior parte dei testi sono anonimi, compaiono alcune firme di note scrittrici e militanti anarchiche come Priscilla Fontana, Leda Rafanelli e Nazzarena Diamanti. L’Alba libertaria pubblica duri attacchi contro le «madri incoscienti» che mandano i loro figli a morire, ma soprattutto contro gli anarchici che non hanno educato le loro compagne alla politica. L’epigrafe della rivista, riprodotta in ogni numero, annuncia: «La donna non schiava, ma compagna consolatrice dell’uomo…». La lotta contro l’antifemminismo, già intrapresa ne La donna libertaria, per esempio nel testo «Guerra alla donna!», […], è ripresa, ne L’Alba libertaria, in un articolo di Emma (forse un altro pseudonimo di Irma Pagliai) intitolato «L’emancipazione della donna», che conclude la nostra selezione. Ci sembra importante sottolineare il coraggio delle redattrici, che non solo affrontano le innumerevoli difficoltà di tutti i periodici anarchici, regolarmente sequestrati e condannati dai tribunali, ma che devono altresì lottare, all’interno del loro stesso movimento, contro i pregiudizi e gli attacchi nei confronti del sesso femminile, difendendo l’eguaglianza e invitando le donne a spezzare le catene della doppia schiavitù.

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Chanteclair

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Durata: Ottobre 1942 – Ottobre 1945
Luogo: Bronx, New York
Periodicità: Mensile; dall’Aprile 1944, varia
Pagine: 8; 12 (n. 6, Maggio 1943); 16 (nn. 15 e 16, Giugno e Agosto 1944); 20 (n. 14 Aprile 1944; n. 17, Ottobre 1944; n. 18, Marzo 1945)

Si ringrazia Franco S. per le scansioni.

Note dell’Archivio
– Nel n. 6, a. 1, manca pagina 8.
– Presente il n. 3 de “La cena delle beffe”, Agosto 1942
– Come scritto da Di Lembo, “Guerra di classe e lotta umana. L’anarchismo in Italia dal biennio rosso alla guerra di Spagna 1919-1939”, Gozzoli, allo scoppio della Seconda Guerra mondiale, “sarà tra i pochi che riusciranno a raggiungere l’Inghilterra prima che tutto crollasse di fronte alla fulminea avanzata nazista. Da Londra Gozzoli passò negli Stati Uniti dove collaborò alla stampa li­bertaria di lingua italiana finché anche l’America entrò in guerra e Gozzoli si schierò a favo­re di quell’intervento. Di fronte allo strapotere delle forze nazifasciste infatti Gozzoli, e non è il solo negli ambienti dei libertari in America, pensò che ormai l’unica soluzione fosse la vittoria delle potenze liberali. In questa ottica, assieme a Tintino Rasi, pubblica «Chanteclair – mensile antifascista».” (pag. 188, nota 60)

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L’Internazionale. Ebdomadario di critica anarchista. A Michele Bakounine

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Durata: 1 Luglio 1912
Luogo: Vittoria (Ragusa)
Periodicità: Numero Unico
Pagine: 8

Note dell’Archivio
– Giornale fotografato
– In Gurrieri Pippo, “Giorgio Nabita, sarto. Socialismo, anarchismo e antifascismo a Vittoria. 1889-1938”, viene riportata la seguente su questo numero unico: “Frattanto il 1° luglio, Nabita e Nicosia danno alle stampe un altro numero unico, stampato presso la tipografia Destefano, recante il titolo A Michele Bakounine-, la testata è sormontata dalla scritta «Leggete e diffondete L’Internazionale – ebdoma­dario di critica anarchista», e con sotto la data «1876 – 1° lu­glio 1912», il 46° anniversario della scomparsa dell’anarchico russo. Questi gli articoli del giornale: La vita, il pensiero e l’opera di Filippo Turati quando ancora non era deputato (senza firma); Bakounine e Marx, attraverso la rivoluzione (F.N.); L’Internaziona­le e gli intrighi della consorteria marxista (Luigi Galleani); I denigratori (Ursus), C. Cafiero e M. Bakounine (J. Guillaume); Le Jene (Balilla); La nostra patria (Michele Bakounine); Ai signori dominatori di Nabita, ottavo articolo che chiude la pubblicazio­ne; Francesco Nicosia firma in vario modo la maggior parte de­ gli articoli, mentre nel suo unico pezzo il sarto, dopo una lunga premessa sullo sfruttamento umano e i derelitti sociali, scritto in stile Zola, passa ad analizzare la realtà soffermandosi sui mas­sacri dello zar, su Ferrer, sulle condanne in Francia, sull’arresto della Rygier, sullo sciopero nell’Isola d’Elba, attaccando «la ca­naglia riformista», i Ferri, i Bissolati, i Turati. «In tutti i con­traddittori fra Socialisti ed Anarchici – scrive – «si è dimostrato che la quistione sociale non difetta per causa di cattivi ammini­stratori politici ma esclusivamente per ragione di dominio che crea i suoi carnefici, i suoi leader»-, poi, dopo un escursus su Giordano Bruno premonitore, su Colombo e Galilei, riprende: «Signori del dominio, fucilate, impiccate, torturate, condannate, stuprate, uccidete, fateci morire di fame e di freddo. Non vi la­mentate però se in un prossimo domani raccoglierete i frutti di ciò che voi stessi avete seminato»-, per concludere: «Salve o precurso­ri del pensiero che la causa della umana redenzione avete difeso in mezzo al supplizio, alla forca e ai tormenti. Salve a voi che con il proprio sangue avete innaffiato l’Albero della Libertà per il ge­ nere umano schiacciato sotto il peso enorme della prepotenza!».” (pagg. 135-6)

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Guillaume James, “Michele Bakounine”

Edito a cura dello Studio grafico Appiano, Torino, 1964, 46 p.

Estratto dell’Introduzione del gruppo editore
Con la pubblicazione di questa « Vita di Bakunin » dovuta a James Guillaume, abbiamo voluto portare — noi pure — il nostro contributo alla celebrazione del centenario della fondazione della Associazione Internazionale dei Lavoratori, avvenuta a Londra, come è noto, il 28 settembre 1864. La vita di Michele Bakunin è infatti così strettamente legata alla storia della Prima Internazionale che in una narrazione, sia pure sommaria, di quella vita, non possono fare a meno di entrare — in primo piano — le vicende gloriose, e le lotte memorabili, dell’Associazione Internazionale. James Guillaume fu al fianco di Bakunin in quelle lotte. Fu suo amico e convinto seguace. E lo difese strenuamente in tutte le polemiche che Bakunin si trovò a sostenere contro Carlo Marx per impedire che l’Associazione diventasse — dominata da Marx e dai suoi seguaci — strumento politico di egemonia autoritaria. Quando poi al Congresso dell’Aja (2-5 settembre 1872) Marx ed i suoi amici riuscirono ad avere il predominio ed a far votare dai congressisti l’espulsione di Bakunin dalle file dell’Internazionale, tale espulsione venne estesa anche a James Guillaume che, in quel Congresso, si era levato a difendere strenuamente il proprio amico e compagno ed i principi antiautoritari, antilegalitari ed antistatali da Bakunin propugnati. In queste note l’attività di Bakunin in seno all’Internazionale è narrata con particolari precisi ed anche con molta obiettività. Ma di tutta la vita — così prodigiosa ed interessante – di quel gigante del pensiero e dell’azione che fu Michele Bakunin, è stato tracciato da James Guillaume un compendio storico particolarmente avvincente. I lettori se ne renderanno conto sicuramente. Si tratta di notizie preziose, notizie di prima mano, alle quali hanno poi attinto largamente i biografi di Bakunin. La « Nota biografica » venne compilata da James Guillaume come premessa al volume II delle « Opere » di Bakunin pubblicato a Parigi nel 1907 (Editore Stock) e fu immediatamente tradotta in italiano dalla rivista « Il Pensiero », che usciva a Roma, redatto da Pietro Gori e da Luigi Fabbri. Noi ne abbiamo riprodotto fedelmente il testo, apparso nei numeri della rivista portanti le date del 1° e del 16 febbraio, del 1° e del 16 marzo 1908, ne ci risulta che sia stata finora raccolta in opuscolo, almeno in lingua italiana. Le note a pie’ di pagina sono dello stesso Autore.

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Nettlau Max, “Michele Bakounine. Uno schizzo biografico”

Edito da Biblioteca dell’Avvenire Sociale, Messina, 1904, 67 p.

Prefazione di Eliseo Reclus
Questo opuscolo, denso di fatti e soprattutto sobrio di divagazioni e commenti personali, è il riassunto di un’opera che potrebbe esser chiamata “colossale”, la Biografia di Michele Bakounine, in tre volumi, di cui ogni grande biblioteca d’Europa possiede un esemplare. Questo riassunto è, come l’opera maggiore, un documento che abbiamo ragione di ritenere perfetto, dato lo scrupolo del biografo, la precisione rigorosa con cui ogni fatto, ogni nome, ogni data sono state controllate. Sulla parola di Max Nettlaus possiamo leggere ogni pagina di questo lavoro con l’assoluta sicurezza che ciò che leggiamo si avvicina, per quanto è possibile, con la massima precisione alla verità. Il Bakounine di cui Nettlau ci parla è proprio il medesimo che noi avemmo la fortuna di conoscere. Perciò vivissima è la nostra riconoscenza verso il biografo, grazie al suo impareggiabile lavoro la personalità di Bakounine, del quale i lineamenti ed il carattere stavano per essere dimenticati, ci è presentata in tutta la sua interezza. L’azione del grande agitatore internazionalista essendo stata conosciuta e condivisa da migliaia di individui, sparsa in innumerevoli lettere, epistole e proclami veementi indirizzati a uomini di tutte le opinioni in tutte le lingue dell’Europa civile, l’insieme ed il risultato di tanto immenso lavoro così sparpagliato avrebbe corso rischio di confondersi in un ricordo caotico, se Nettlau, assumendosi una fatica straordinaria, senza pari, di viaggi, di visite, di corrispondenze, di collezioni e di verifiche, non fosse riuscito a ricostituire tutta la vita prodigiosamente attiva dell’agitatore russo, se non ne avesse in tal modo per sempre fissati il movimento ed i tratti. Possiamo dire che Nettlau ci ha restituito Bakounine. Certo, questo superbo genio della rivoluzione, odiato più di tutti dai conservatori del suo tempo, apparirà in avvenire come uno dei personaggi più notevoli del periodo compreso tra la rivoluzione del 1848 e la Comune di Parigi del 1871. Egli si mostra a noi tra due grandi scosse dell’umanità e ce ne spiega il vero senso. Quando tutte le storie di guerre e di conquiste saranno dimenticate, la possente figura di Bakounine irradierà al di sopra del secolo nel quale nacque il socialismo cosciente, emancipatore dell’umanità. Poichè Bakounine fu un precursore, sottomesso meno di tutti gli altri al turbinio delle influenze esteriori, del tempo, dell’ambiente e delle società sempre mutevoli; come pensatore egli si distacca e si emancipa da ogni sopravvivenze dei pregiudizi e delle usanze; fu insomma un “previvant” dell’avvenire, colui che maggiormente predicò la “società senza leggi”, il propagandista della Internazionale futura, immaginata non come un nuovo Stato diretto da pontefici, ma come una alleanza fraterna di uomini uguali e liberi. La vita di Bakounine fu ricchissima di avvenimenti i più disparati; egli conobbe tutte le traversie, tutti gli estremi, dalla gioia e più nobili e dolci amicizie fino all’isolamento assoluto e alla tortura della prigionia. Le impressioni successive riportate nei lunghi viaggi, le cospirazioni, le migliaia d’interviste con i rappresentanti di ogni classe e partito occuparono tutti i minuti della sua esistenza, e intanto, in mezzo a questo turbine incessante, egli conservò la più meravigliosa unità di pensiero e di volere. “La rinnovazione non può nascere che dalla distruzione”: questo fu il principio che egli professò e proclamò fino dai più giovani anni, e che fece risuonare come rintocchi di morte in mezzo al mondo spaventato dagli oppressori. È dopo aver perseguito il suo scopo con una passione e perseveranza che non hanno uguali, quando infine atterrato dal destino, stanco per le persecuzioni, le calunnie e le sofferenze, sentì mancarsi lo spirito ed essere preso dalla morte, allora riassunse la sua esistenza e le diede l’ultima consacrazione ridicendo il grido di guerra del secolo XVIII: “schiacciamo l’infame!”
E voleva dire: “Riafferriamo la lancia con cui l’arcangelo leggendario credette aver vinto per sempre Lucifero, simbolo del libero pensiero, della rivendicazione eterna, e serviamocene alla nostra volta per distruggere per sempre la Chiesa autoritaria, per costruire infine la società degli Uguali e dei Liberi!”. Ed oggi, mezzo secolo dopo Bakounine, continuiamo noi la sua opera con lo stesso ardore, la stessa sua passione. È il mezzo migliore di rendere omaggio alla sua memoria.

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Nota dell’Archivio
– Nella “Bibliografia di Bakunin“, a pag. 152 si riporta la seguente voce: “Michael Bakunin. Eine biographische Skizze(con epilogo di G. LANDAUER) Berlino, Ed. P. Pawlowitsch, 1901, 64 pp. in traduz. italiana: Michele Bakunin uno schizzo biografico – Trad. di L. MERLINO – Prefaz. di E. RECLUS, Messina, Biblioteca dell’Avvenire Socia­le, 1904, pp. 67.
in lingua russa nelle edizioni Golos Truda, Leningrado, 1920.

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Rose Giuseppe, “Bibliografia di Bakunin”

Edito da Anarchismo Edizioni, Catania, Febbraio 1976, 172 p.

Introduzione di Vincenzo Di Maria
Giuseppe Rose : un uomo riflessivo, dalla sensibilità vibratile di chi offre alle cogitazioni il miele delle sfu­mature artistiche; un compagno che viveva in dimensio­ne umana quella che rimane per i contemplativi l’utopia dell’anarchia. L’azione intellettiva, però, in lui era costan­te, rapida, anche se apparentemente velata di una paca­tezza che, talora, poteva sembrare stordimento ed eva­sione dalla realtà primaria del vivere quotidiano. Ma in questa sua dualità, l’idea fissa di Peppino Rose era di edi­ficare una conoscenza concreta di tutto ciò che ricade­ va nell’orbita del suo interesse di studioso e di libertario. I compagni delle due ultime generazioni sanno qua­ le sia stata l’attività ininterrotta di Peppino Rose nel cam­po della pubblicistica e della saggistica, sanno che nel­la sua silenziosa diuturna fatica di scrittore fu sempre presente l’ordine di una prospettiva chiara, di un collo­camento preciso dei valori dell’idea anarchica in rappor­to e nello scontro con tutte le negatività, evidenti o sub­dole, del pensiero filosofico idealista e contro tutte le ne­gatività della reazione. Non sorprende, quindi, se in questi ultimi anni è sta­ta sua premura volgersi alla sistemazione bibliografica di quel colosso dell’anarchismo che porta il nome di Bakunin: diametralmente opposto al nostro Giuseppe per quanto concerne la positività dell’azione immediata, del­la presenzialità operativa, dell’impegno fisico per por­tare avanti una rivoluzione che non ha soste nei suoi fer­menti evolutivi, ma che rimane il motivo dominante e l’orizzonte finale di ogni vero anarchico volto alla defi­nizione dei problemi più che alle controversie che at­torno alla problematica sociale continuano a sorgere. Mancava, del resto, una completa bibliografia su Bakunin e colmarne il vuoto era indispensabile. Il lavo­ro di Rose, però, si è fermato quasi in prossimità della sua conclusione, quando occorreva revisionare gli appun­ti e aggiornarli con le notizie più recenti e le pubblica­zioni, in diverse lingue, che nell’ultimo anno erano ve­nute fuori e che egli non aveva avuto modo di poter re­ perire nella loro totalità. Nondimeno, è sembrato opportuno, soprattutto alla vedova del nostro Giuseppe, non intaccare né dilatare, né perfezionare le sue note, ma di passarle alle stampe così come sono state disposte in schede, senza apporta­ re modifiche fondamentali e tralasciando di riferire at­torno alle eventuali, od anche certe, notizie che servireb­bero ad arricchire il suo lavoro. Rimane il dato di fatto che Giuseppe Rose per primo, ai nostri giorni, ha sentito la necessità di riprendere la bibliografia bakuniniana ed assommarla in una costruzione di assoluto interesse per i ricercatori, gli studiosi del movimento operaio e i compagni tutti. E ciò in quanto il documento bibliogra­fico su Bakunin rientra in una prospettiva storica che non ha cessato di offrire pretesto per una formulazione, nell’attualità, di criteri di lotta che vanno riscontrati nel tempo presente con le relative motivazioni che possono scaturire da un confronto dei tempi e dei modi nei quali e con i quali bisogna agire in vista di una lotta che non è soltanto immaginaria ma possibile e cocente, diremo improrogabile, per l’infittirsi delle trame reazionarie nel contesto di una democrazia ipotizzata ma non realizzata nei suoi più profondi contenuti, e non realizzabile se non alla luce di una previsione effettivamente sfrondata da ogni superfetazione verbale ingannatrice. Sembrerebbe eccessivo voler individuare nel lavoro di Giuseppe Rose l’intenzione di riportare allo stato di concretezza e di applicazione pratica le idee di Bakunin; ed invece, appunto nella scelta e nel ragguaglio bakuniniano delle diverse tematiche trattate, si ricava un ben definito esercizio politico, che è stato talora ignorato o ritenuto arcaico dai compagni del movimento anarchico. Sicché, lo studio di Giuseppe Rose (e tale può essere de­ finito il suo saggio bibliografico, anche se scarno nella sua obiettività di trascrizione) assume un significato giu­diziale che va oltre l’elencazione e l’archiviazione dei da­ ti raccolti, ma vuole richiamare l’attenzione dei compa­gni anarchici a rivedere, a ripensare, a riconsiderare at­tuali nella loro sostanzialità quelli che furono gli argo­ menti che fecero da supporto alla chiara e incisiva azio­ne di Bakunin. Un richiamo, pertanto, alla nostra realtà; un intendimento di puntualizzazione dei dati intercorren­ti tra il nostro momento ed il momento del passato bakuniniano, che fra loro si agganciano per stendere una globale linea d’azione senza fermarsi sulle remore dei dettagli, ma travalicandoli nella connessione che fra i fat­ti di ieri e di oggi esiste. Assurdo, infatti, sarebbe ritenere che le mutazioni economiche e sociali degli ultimi cento anni abbiano sov­vertito i termini della problematica esistenziale, al pun­to di annullare il pensiero bakuniniano, anziché innovar­ lo e adattarlo alle esigenze contemporanee. Non possia­mo scoverchiare la botte della nostra anarchia e disper­derne al vento gli aromi e gli aneliti rivoluzionari, per riempirla di nuove ventate ribellistiche le quali, spesso, manifestano le loro carenze di carattere generale quan­do non siano rapportate alla originaria volontà di non concedere nulla al trasformismo, qualunque esso sia e da qualunque pulpito possa venire, compreso quello marxista, che sta dimostrando di essersi alienato, di essere giunto, comunque, a quelle fasi conclusive che appunto Bakunin aveva in gran parte previsto. A Giuseppe Rose va il merito di una riproposta che non deve essere delusa dagli anarchici, né può essere elu­sa, se si vuole conservare l’autenticità di un discorso che non ha smesso di correre lungo il filo della inderogabi­lità del pensiero e dell’azione anarchica. Ed è oltretutto un monito, sommesso com’era nello stile di Giuseppe Rose, a riprendere le pubblicazioni di Bakunin per ristudiarle attraverso le complesse ricognizioni che su es­ se si sono fatte in ogni parte del mondo. Accogliendo l’invito della vedova Dora Rose, questo lavoro viene pubblicato nella Collana « Classici dell’Anar­chismo », come premessa alle Opere Complete di Baku­nin che ci accingiamo a dare alle stampe.
Catania, 5 febbraio 1976

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Occhipinti Maria, “Anni di incessante logorio. Pensieri poetici”

Edito da Sicilia Punto L, Ragusa, Gennaio 2016, 130 p.

Maria Occhipinti ha trovato le «parole per dirsi», sfi­dando con coraggio il rischio di confondersi con la ba­nalità del quotidiano e con il linguaggio a volte sconta­to о i tanti luoghi comuni che lo delimitano. Ma il suo linguaggio, pur nella difficoltà di tradurre le più intime emozioni dell’animo, è schietto, sincero, capace di far presa diretta su chi legge le sue parole comunica­ no una tensione verso una purezza perduta, un arden­te e superbo appello all’umanità, sotto i raggi di un so­ le assunto ad emblema di «libertà». […] Sentimenti semplici e profondi, uniti a sprazzi di utopie svanite, a inni di riscossa, a speranze di rivincita. Tutto questo e molto altro si può leggere in questa poesia semplice e schietta che anela all’amore come al «pane del cuore».
Adriana Chemello (dalla prefazione)

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Materialismo e libertà. Periodico di azione e studi libertari

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Durata: Gennaio 1963 – Maggio 1963
Luogo: Milano
Periodicità: Varia
Pagine: 8

Nota dell’Archivio
– Giornale fotografato

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Bakunin Michele, “Lavoro manuale e intellettuale”

Edito da La Fiaccola, Ragusa, Novembre 1968, 60 p.

Introduzione
A un secolo di distanza dalla fondazione della Prima Inter­nazionale dei Lavoratori ci è sembralo opportuno portare un contributo ad una maggior conoscenza dei testi anarchici attra­verso la ristampa di una serie di articoli pubblicati da Baku­nin su «Egalité» nel luglio e nell’agosto 1869. Pubblicando que­sti articoli, che in se contengono cose naturalmente chiare per coloro che fanno parte del Movimento Anarchico, noi abbiamo anche pensato al rinascere dell’interesse di molti storici e stu­diosi per il nostro Movimento, così come a quello di molti mi­litanti delusi dei partiti di sinistra. Ma va da sè che tale pubblicazione non è punto per questi studiosi che, con la pretesa di «riscoprire» il nostro Movimen­to (in tempi di pace), molto spesso scientemente, altre volte per ignoranza, lo riscoprono come fa comodo a loro, e, tralascian­do ogni indagine seriamente scientifica, travisano fatti e idee. Basta pensare a G. Woodcock che, ne «L’Anarchia» (ed. Fel­trinelli, 1966), crede di poter accusare gli anarchici d’essere de­ gli idealisti che si pongono contro la corrente della storia, nu­trendosi della visione di un futuro idillico e restando contem­poraneamente attaccati agli aspetti più attraenti di un passato moribondo. Basta pensare, ancora, alla pubblicazione della « Filosofia della Miseria » di Proudhon in estratti che ne travisano il ve­ro significato, affiancata dall’edizione integrale della « Miseria della Filosofia » di Marx e da una prefazione che non fa che ripetere gli argomenti di Marx; oppure ancora basta leggere l’introduzione fatta da Emile James per « Che cosa è la proprie­tà » di Proudhon (pubblicata recentemente per l’ediz. Garnier Flammarion), in cui le idee di Marx che presentano Proudhon come « liberale progressista, о piccolo borghese (?) » sono presentate come idee dell’autore della prefazione. Tale autore, che pare insegni in una università, si è dimenticato non solo di con­trollare fatti che la storia ha contestato, ma perfino ciò che il confronto del testo di Marx con quello di Proudhon rende evi­ dente: la volontaria falsificazione, da parte di Marx, di ogni pensiero di Proudhon, attraverso citazioni errate. Per ultimo si è dimenticato di dire che Proudhon era anarchico. Tale discorso, « mutatis mutandis » e con altro intendimen­to, va fatto anche ad alcuni militanti ai margini dei partiti della sinistra che, abbagliati dalle analogie esteriori di alcune loro costruzioni mentali con la pratica anarchica, pretendono di por­tare avanti « un’azione parallela » invece di PENSARE seria­ mente alla necessità di un salto qualitativo. Con questa digressione non si pensa tuttavia di condanna­ re degli interessi e dei lavori che in ogni caso possono sortire l’effetto di avvicinare molti al movimento anarchico e di spin­gerli ad approfondire la pratica dell’anarchismo. Tale digres­sione serve piuttosto a chiarire la nostra scelta nel pubbli­care per primi questi articoli di Bakunin. Abbiamo preferito que­sti semplici articoli a molti testi anarchici più complessi perchè ci permettono di mettere a fuoco l’irriconciliabilità dell’anarchi­smo con qualsiasi dottrina che non ponga come PRESUPPOSTO della Rivoluzione la distruzione dello Stato e delle classi e per­ chè ci permettono di puntualizzare, al di là di ogni apparen­za, la profonda unità che compenetra l’ideologia anarchica ed il Movimento Anarchico Internazionale.

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Note dell’Archivio
– Gli articoli, tradotti parzialmente dal francese all’italiano e con note di James Guillaume, sono “Les Endormeurs” e “L’instruction intégrale”, pubblicati su “L’Égalité : journal de l’Association internationale des travailleurs de la Suisse romande”
– In questo opuscolo vi sono, oltre l’introduzione e gli articoli di Bakunin, “Lavoro manuale e lavoro intellettuale” del gruppo “Materialismo e Libertà” di Milano, “Risposta al compagno Claude Faure” di Corradini, “La meritocrazia come ideologia del feudalesimo industriale” – che verrà stampato come opuscolo dai Gruppi Giovanili Anarchici Federati -, e “Diritto allo Studio” degli Studenti anarchici aderenti alla Gioventù Libertaria di Milano

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Bartalini Ezio, “In difesa dell’Anarchia”

Edito da Libreria Internazionale di Avanguardia, Bologna, 1951, 24 p.

L’arringa che segue fu rac­colta su note stenografiche dell’avv. Domenico Perrone e pubblicata sul N. 7, Anno II, della Rivista « La Difesa Sociale » di Genova. Noi dobbiamo la possibilità della ristampa di questo opuscolo alla cortesia dell’amico perso­nale Ezio Bartalini.

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