Di Marca Melina, “Lo spazio della libertà”

Edito da: Edianlibe
Luogo di pubblicazione: Catania
Anno: Maggio 1991
Pagine: 110
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Introduzione/Premessa/Presentazione/Sinossi/Quarta di Copertina/Sintesi:
Non è stato facile prendere la decisione di scrivere questo libro. Subito dopo, dovetti affrontare il problema di come presentarlo. Avrei potuto ingannare definendolo “romanzo”. Saremmo stati tutti più tranquilli. Chi l’avesse letto avrebbe potuto, volendolo, dare il solito giudizio estetico. Positivo о negativo, poco importava. Da parte mia, mi sarei assicurata la tranquillità oggettiva. Non è mai esistita, per quanto ne so, persona che si sia data la pena di uccidere un cattivo romanziere. E invece non ce l’ho fatta. E stata la mia coscienza a ribellarsi. E la speranza. Non si tratta di un romanzo, quindi, ma della vita di una donna che porta ancora sulla pelle profondi segni. Una donna segnata dal tempo. Vive ai margini di una sofferente foresta, vicino a una sorgente. Una casa piccola e bassa, ricoperta da edere. Lontana dal mondo della tecnologia. Sola. Vecchia, ha fatto questa scelta perché, come asserisce, “oggi, la vita è tornata com’era prima, prima ancora di tutto”. Scrivo questa storia com’essa l’ha raccontata e mi permetto di pubblicarla dopo che lei stessa me ne ha dato autorizzazione. Un sola la condizione: non fare il suo nome e non dare alcuna indicazione su di lei. Cambio quindi di proposito tutti i nomi ed evito di indicare gli anni in cui tutto questo accade. Chi leggerà, sarà così solo con se stesso. Forse rifletterà su molte cose e troverà la forza di lottare per la liberazione. Può anche darsi che quanto vi è scritto non gli toccherà cuore e cervello. Sono affari suoi.

Nota dell’Archivio: ///

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Mühsam Erich, “Anarchismo e Comunismo”

Edito da: ///
Luogo di pubblicazione: San Casciano in Val di Pesa
Anno: 2009
Pagine: 49
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Introduzione/Premessa/Presentazione/Sinossi/Quarta di Copertina/Sintesi:
Nel novembre del 2008 iniziarono a Monaco di Baviera le commemorazioni per il 90 o anniversario della Repubblica dei Consigli della Baviera, in cui si ricordava anche il grande contributo di anarchici quali Ernst Toller, Gustav Landauer ed Erich Mühsam. Il poeta anarchico Erich Mühsam è abbastanza conosciuto nel mondo anarchico italiano, ma le sue opere tradotte potevano contenere soltanto frammenti del suo pensiero politico-anarchico. Su quest’ultimo desidera concentrarsi questo scritto che vuol essere un ulteriore contributo a questo grande anarchico. L’obiettivo politico di Mühsam – non raggiunto – è stato: “L’unificazione del proletariato rivoluzionario nel bolscevismo”; era anarchico da un lato, comunista – senza tessera – e rivoluzionario dall’altro. Era soltanto utopista credendo all’uomo nuovo? Credo di no: Il suo motto: “Tutto per tutti tramite tutti “ riferito ai Consigli, vediamo ora realizzato nel Chiapas (Territorio Zappatista): “Todo para todos, nada para nosotros”. Mühsam era sempre coerente: proclamava e viveva secondo il suo motto: Piegarsi vuol dire mentire. Fu odiato dall’apparato comunista e disprezzato dagli “anarchici puri” (fu espulso dall’associazione anarchica tedesca per il suo impegno nel Soccorso Rosso, ma non entrò mai nella Federazione degli anarchici comunisti). Preferì militare nell’Associazione anarchica berlinese e lasciò il suo ruolo di spicco nel Soccorso Rosso quando questo fu troppo pilotato dal partito comunista. Mühsam voleva e doveva rispondere alle domande del proletariato quali: “ Come vi immaginate una società senza stato ed autorità? Non c’è nell’espressione “Comunismo anarchico” una contraddizione interiore? Il suo periodo più produttivo è stato quello tra il 1919 ed il 1924, in carcere (nonostante la censura e altre difficoltà).
E così scrisse : “L’unificazione del proletariato rivoluzionario nel bolscevismo”, “Anarchismo e rivoluzione” e dopo la sua liberazione il suo testamento politico: “La liberazione della società dallo stato” (sottotitolo: Cos’è l’anarco-comunismo).
Esso è sicuramente l’opera programmatica principale di Erich Mühsam . E’ la sua ultima pubblicazione prima del suo arresto da parte delle SA, nel 28 febbraio del 1933. Forse questo mio scritto, così com’è strutturato, è diventato un mosaico dei pensieri Mühsamiani: Però per comprendere meglio questo suo testamento politico (La liberazione..) ed il suo mondo anarchico è – a nostro avviso – necessario “entrare di più” nel pensiero di questo grande anarchico tedesco. Poiché dobbiamo citare e “elencare” i suoi concetti principali, c’è il rischio – naturalmente – che diventi una “lista di spesa anarchica”. Nella prima parte ci occupiamo delle sue idee sulla libertà e sulla rivoluzione, dei suoi scritti sull’anarchia in generale e di chi ha influenzato il suo pensiero anarchico e libertario e i suoi scritti sul comunismo. Non potevano mancare il “Manifesto idealistico”, “La libertà come principio sociale” e l’inserimento di alcune delle sue poesie inerenti al tema. La seconda parte contiene i pensieri principali di: “La liberazione della società dallo stato”. E così ho fatto il tentativo di unire in una edizione unica (riassuntiva) i pensieri politici anarchici di Mühsam, soprattutto a partire dalla prima guerra mondiale.

Nota dell’Archivio
– Come scrive il traduttore in una nota della Prefazione, “il sottotitolo, tradotto letteralmente, sarebbe “Cos’é anarchismo comunista?” L‘opera: “Die Befreiung der Gesellschaft vom Staat. Was ist kommunistischer Anarchismus?“ era uscita in tre puntate nel “periodico internazionale per il movimento rivoluzionario operaio” (Internationale Zeitschrift für die revolutionäre Arbeiterbewegung, Gesellschaftskritik und sozialistischen Neuaufbau) del sindacato anarchico tedesco FAUD nel 1932. Nel 1933 fu pubblicato come edizione speciale nella casa editrice “Fanal” di Erich Mühsam.”

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Riesenfeld, Rossi, Souchy, Theissen, Walter, Wilhelms, “Piegarsi vuol dire mentire. Germania: La resistenza libertaria al nazismo nella Ruhr e in Renania 1933-1945”

Edito da: Zero in Condotta
Luogo di pubblicazione: Milano
Anno: 2005
Pagine: 96
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Introduzione/Premessa/Presentazione/Sinossi/Quarta di Copertina/Sintesi:
Nel gennaio 1933, Hitler, dopo aver vinto le elezioni, diventa Cancelliere. Cinque giorni più tardi le libertà di stampa e di associazione sono soppresse. Il 10 luglio dello stesso anno l’anarchico Erich Mühsam viene impiccato dalle SS nel campo di concentramento di Oranienburg. Questo opuscolo testimonia della resistenza dei libertari e degli anarcosindacalisti tedeschi contro il nazismo, della dura repressione che subirono, del sostegno che riuscirono comunque a dare alla rivoluzione spagnola. Rinchiusi nei campi di concentramento, assassinati, perseguitati, la loro lotta non ebbe fortuna; per lungo tempo venne persino dimenticata. Oggi, la loro testimonianza viene finalmente pubblicata, per la prima volta, in italiano.

Nota dell’Archivio: ///

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Badia Gilbert, “Lo spartachismo: storia di una rivoluzione “minoritaria.” Germania 1918-1919. Storia di due “estremisti”: Rosa Luxemburg e Karl Liebknecht”

Edito da: Savelli
Luogo di pubblicazione: Roma
Anno: 1976
Pagine: 253
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Introduzione/Premessa/Presentazione/Sinossi/Quarta di Copertina/Sintesi:
Nata originariamente in Germania come corrente interna al Partito Socialdemocratico, la Lega Spartachista (Spartakusbund) rappresentò di fatto il primo nucleo del Partito Comunista tedesco. Nel tormentato scenario della Grande Guerra, la spinta rivoluzionaria del movimento mirava a riproporre in Germania un’esperienza simile a quella bolscevica, ma senza le sue derive autoritarie. Gilbert Badia ripercorre gli ultimi anni di vita di Rosa Luxemburg e di Karl Liebknecht, fondatori nonché leader della Lega: dalla carcerazione del 1916 all’insurrezione di Berlino del 1919 fino al loro assassinio ad opera dei Corpi Franchi con la complicità del cancelliere socialdemocratico Friedrich Ebert.

Nota dell’Archivio

– Traduzione del libro Le Spartakisme. Les dernières années de Rosa Luxemburg et de Karl Liebknech, L’Arche, Parigi, 1967

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Schäfer Leonhard, “Contro Hitler. Gli anarchici e la resistenza tedesca dimenticata”

Edito da: Zero in Condotta
Luogo di pubblicazione: Milano
Anno: 2015
Pagine: 74
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Introduzione/Premessa/Presentazione/Sinossi/Quarta di Copertina/Sintesi:
La Germania non ebbe i suoi 25 luglio e 8 settembre e mancò una resistenza popolare significativa. Inoltre la resistenza contro il nazionalsocialismo fu resa più difficile dalla passività e dalla fedeltà al regime da parte della maggioranza della popolazione tedesca che, con le elezioni del 1933, aveva mandato al potere Hitler e la sua cricca, legittimandoli democraticamente.
Nonostante ciò questa resistenza esisteva ed era variegata e diffusa anche se in Germania vengono ancora celebrati ufficialmente soltanto i movimenti riconosciuti dalla storiografia statale che, dopo la spartizione del paese, si è servita della resistenza per dare una base identitaria, ideologica e di legittimazione ai diversi sistemi e strutture dei due Stati tedeschi. Con questo scritto si intende rendere omaggio alla resistenza del movimento operaio ed anarchico, ai gruppi dei giovani ribelli, ai gruppi “trasversali” e alla resistenza individuale in gran parte trascurati, “dimenticati” o taciuti dalla storiografia e nella consapevolezza popolare.

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Bernardini David, “Contro le ombre della notte. Storia e pensiero dell’anarchico tedesco Rudolf Rocker”

Edito da: Zero in Condotta
Luogo di pubblicazione: Milano
Anno: 2014
Pagine: 148
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Introduzione/Premessa/Presentazione/Sinossi/Quarta di Copertina/Sintesi:
Rudolf Rocker (1873-1958) costituisce un tassello fondamentale nella storia del movimento anarchico internazionale. Dalla Germania di Bismarck alla Francia della “propaganda del fatto”, dalla Londra degli anarchici di lingua yiddish, dove viene soprannominato “rabby goy”, ai campi di concentramento per “alien enemies” (stranieri di nazionalità nemica), dall’anarcosindacalismo della repubblica di Weimar alla colonia libertaria Mohegan nel Maine, dove finisce i suoi giorni, Rocker attraversa ottant’anni di storia senza mai rinunciare a lottare a fianco degli sfruttati ed a riflettere sulle possibilità di un avvenire libertario. Autore di una miriade di libri, opuscoli e articoli sparsi sulla stampa anarchica di tutto il mondo, la sua vita illumina scorci del passato spesso lasciati nell’ombra ed esperienze politiche poco conosciute, le sue riflessioni colgono le tensioni del tempo e cercano di coniugare teoria e azione. Questo libro si propone di costituire un primo approccio allo studio della figura di Rudolf Rocker, ricostruendo i differenti contesti nei quali si delineano il suo pensiero e la sua straordinaria parabola esistenziale.
Quella di Rocker  una storia poco conosciuta, eppure  bella come solo può essere quella di un uomo coerente, determinato, dotato di un pensiero acuto, originale e insofferente a qualsiasi tipo di dogma.


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(a cura di) Connessioni per la lotta di classe, “L’estremismo, risposta a Lenin lettera aperta al compagno Lenin, 1920 Hermann Gorter. Materiali sulla rivoluzione e sinistra tedesca”

Edito da: Connessioni per la lotta di Classe
Luogo di pubblicazione: ///
Anno: 2012
Pagine: 138
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Introduzione/Premessa/Presentazione/Sinossi/Quarta di Copertina/Sintesi:
Abbiamo deciso di pubblicare questo testo di Hermann Gorter, Lettera a Lenin, scritto nel 1920 perché fissa alcuni presupposti del cosiddetto estremismo. E’ un testo storico legato ad uno specifico dibattito, era la risposta al saggio di Lenin Sull’estremismo malattia infantile del comunismo, dove venivano attaccate tutte le componenti radicali del movimento operaio dell’epoca, dalle sinistra tedesche agli IWW americani, compresa la stessa sinistra italiana anti-parlamentarista. Per molti versi le sigle, le situazioni che vengono riportare pensiamo possano essere lette da molti lettori come saghe di cartoni animati, belli ma sicuramente datati.. Detto ciò i dubbi che pone, le problematiche che affronta, possono rivivere in tutti coloro che si pongono il problema dalla rivoluzione e dell’essere pro-rivoluzionari oggi. E’ facile criticare il testo di Gorter, se ci basiamo sul realismo è evidente che le soluzioni e sviluppi che proponeva si sono rilevate fallaci. In retrospettiva, tutte le cause perse appaiono come sforzi irrazionali, mentre quelle che hanno successo sembrano razionali e giustificabili. Gli scopi di una minoranza rivoluzionaria sconfitta sono stati invariabilmente descritti come utopistici e, perciò, indifendibili. Il termine “utopia” non si applica, comunque, a progetti oggettivamente realizzabili, ma a sistemi immaginari, che potrebbero o non potrebbero avere fondamenti materiali concretamente dati che permettono la loro realizzazione. Non c’era niente di utopistico nel tentativo di guadagnare il controllo della società tramite i consigli dei lavoratori e nel finire con l’economia di mercato, per il sistema capitalista sviluppato il proletariato industriale è il fattore determinante nel processo di riproduzione sociale nel suo insieme, che non è necessariamente associato con il lavoro come lavoro salariato. Che una società sia capitalista o socialista, in ogni caso è la classe lavoratrice che permette ad essa di esistere, la produzione può essere portata avanti senza riguardo per la sua espansione in termini di valore e per le esigenze di accumulazione del capitale. La distribuzione e la ripartizione del lavoro sociale non dipendono dalle relazioni di scambio indirette del mercato, ma possono essere organizzate consapevolmente attraverso apposite nuove istituzioni sociali sotto il controllo aperto e diretto dei produttori. Il capitalismo occidentale nel 1918 non era il sistema necessario di produzione sociale, ma solo quello esistente, la cui caduta lo avrebbe semplicemente liberato dai suoi vincoli capitalisti. Lo spegnersi della possibilità di una rottura, dovuta alla capacità del capitale di riattivare un proprio ciclo di accumulazione e sviluppo, rese quindi inefficace ogni possibile rottura rivoluzionaria, tale da rendere l’estremismo una sterile proposizione di minoranze rimaste su posizioni e prassi pro-rivoluzionarie. Le stesse componenti sociali che potevano in base ai loro bisogni diretti optare per una scelta di radicale cambiamento diventavano minoritarie nella società nel suo complesso. Il fallimento della rivoluzione tedesca sembra rivendicare l’affermazione bolscevica che, lasciata a se stessa, la classe operaia non è in grado di fare una rivoluzione socialista e quindi richiede la leadership di un partito rivoluzionario pronto ad assumere poteri dittatoriali. Ma la classe operaia tedesca non ha tentato di fare una rivoluzione socialista e quindi la sua incapacità di farlo non è in grado di dimostrare la validità della proposizione bolscevica. Inoltre, vi era un’ “avanguardia” rivoluzionaria che ha cercato di cambiare il carattere puramente politico della rivoluzione. Anche se questa minoranza rivoluzionaria non sottoscrisse il concetto di partito bolscevico, non era meno pronta ad assumere la leadership, ma come una parte, non come dominatore, della classe operaia. Nelle condizioni dell’Europa occidentale, una rivoluzione socialista dipendeva chiaramente dalla classe e non sulle dalle azioni del partito, perché qui è la classe operaia nel suo insieme che deve prendere il potere politico e dei mezzi di produzione. È vero, naturalmente – ma vale per tutte le classi, la borghesia e il proletariato – che è sempre solo una parte del tutto che si impegna nelle questioni sociali, mentre un’altra parte rimane inattiva. Ma in entrambi i casi, è la parte attiva che è determinante ai fini del risultato della lotta di classe. Non è dunque una questione di tutta la classe operaia che partecipa letteralmente al processo rivoluzionario, ma di una massa sufficiente per contrastare le forze mobilitate dalla borghesia. Questa massa relativa non si è aggregata abbastanza velocemente per compensare il crescente potere della contro- rivoluzione. La polemica di Gorter quindi era già all’epoca indietro rispetto alla fase che si apriva, tuttavia è naturale che un periodo rivoluzionario produca rivoluzionari i quali non spariscono completamente quando il vecchio sovrasta e ricaccia indietro il nuovo. Per quanto alcuni vengano uccisi, demoralizzati, o altri cambino di campo, rimane sempre una traccia pur minima. Per molti versi è proprio in questo periodo che i pro-rivoluzionari possono sviluppare una teoria, lo stesso marxismo è in fin dei conti una teoria delle contro-rivoluzioni e rivoluzioni future, in quanto può agire solo nel passato o nel futuro, ma mai nel presente perché immediato e diretto. Nel momento in cui la lotta di classe assume connotati radicali, praticando direttamente la critica dell’economia politica, lo stesso marxismo sparisce, gli stessi rivoluzionari intesi come singoli spariscono. Nel momento che non esiste questa condizione, dove i nuovi rapporti sociali sono cosi deboli di fronte ai vecchi, dove il movimento del capitale non presenta crepe, è inevitabile che i pro-rivoluzionari si trovino fuori dal tempo. Ma se è vero che i realisti hanno la meglio è altresì vero che ogni possibilità rivoluzionaria è negata. In questo senso la difesa dell’estremismo di Gorter contro il realismo di Lenin è la dinamica che ancora oggi tutti i pro-rivoluzionari vivono sulla loro pelle. Non esistono vie di mezzo, scorciatoie, lo stesso Marx, in modo crudele ricordava che il proletariato o è rivoluzionario o non è nulla. Il tentativo di Gorter letto in retrospettiva era inchiodato a questa dinamica, era il tentativo disperato di individuare una possibile prospettiva rivoluzionaria comunista in occidente, avendo ben presente le differenze che esistevano rispetto ai diversi contesti spaziali e sociali. Era la comprensione dell’impossibilità e della debolezza del modello bolscevico applicato a livello mondiale, critica che successivamente verrà ampliata dalla corrente che si svilupperà dentro la sinistra comunista tedesco-olandese denominata comunista dei consigli. Non era quindi una critica alla rivoluzione, all’assalto al cielo, ma come questa potesse effettivamente svilupparsi e non generare movimento per il capitale. In fondo la critica di Gorter a Lenin verte su un preciso punto: la contrapposizione tra sviluppo del movimento del comunismo contro lo sviluppo del movimento del capitale. Non è nostra intenzione riprendere i diversi aspetti della polemica e prospettiva di Gorter, e sarebbe riduttivo ridurre unicamente a lui e alla sua componente l’intera sinistra comunista tedesco-olandese. Per molti versi sarà un teorico della propaganda del fatto, di un acceso volontarismo, contrapposto all’interno della stessa sinistra comunista tedesco-olandese ad altri come Otto Ruhle che ponevano al centro la sola lotta autonoma di massa del proletariato. Il contesto in cui era inserito Gorter, la Germania uscita sconfitta dalla prima guerra mondiale, era una società avanzata, che presentava problematiche inedite se viste in rapporto alla Russia. Esistevano una molteplicità di soggetti sociali che componevano la diverse fasce sociali, in un contesto sempre più legato alla dimensione urbana e industriale. Ma dove le componenti sociali radicali rimanevano comunque minoranze, se non nel brevissimo periodo post conflitto nel 1918. Vi era tuttavia in nuce il tentativo nel testo di Gorter di individuare nella figura del lavoratore collettivo l’agente del cambiamento, nel individuare l’impossibilità del proletariato di servirsi degli strumenti e fasce sociali esterne ad esso rispetto ad una possibile prospettiva rivoluzionaria, che veniva vista immanente visto la crisi considerata generale del capitalismo. Già Marx parlava dello sviluppo del proletariato rivoluzionario, non sulla base della distinzione tra i tipi di lavoro, ma nei cambiamenti che intervengono nei rapporti di classe mentre continua l’accumulazione del capitale e aumenta quindi la divisione della società in due grandi classi con una progressiva proletarizzazione delle masse. In questo senso la stessa categoria di ceti medi non è corretta perché rappresenta semplicemente un periodo reddituale che investe fasce del proletariato o della stessa borghesia. Non è un caso che il termine classe media in paesi come gli USA abbia avuto una caratterizzazione più ideologico-sociale che realmente legata a quello che sono in realtà i rapporti di produzione capitalista. Col termine lavoratore collettivo, intendiamo una massificazione del proletariato a classe universale, questa ovviamente non appare come d’incanto, ma è sicuramente una tendenza insita nello stesso movimento del capitale. La persistenza di svariate stratificazioni sociali indica solamente la capacità del movimento del capitale, di esercitare una concorrenza al suo interno, ma tale da non creare una sua auto-dissoluzione. Il processo integrativo del capitale aveva dato vita ad un “ceto medio” che da un punto di vista ideologico rendeva superfluo il solo parlare della rivoluzione, della sua necessità. In questo senso il proletariato era interno al movimento del capitale e ne rafforzava il suo sviluppo. Non vi quindi tradimento, ma solo sviluppo conseguente del movimento del capitale (in questo senso la categoria di tradimento per la sinistra ufficiale o antagonista è stupida). La difficoltà di Gorter stava nel difendere una ipotesi rivoluzionaria, in assenza di una effettivo processo prolungato di de-integrazione prodotto dal capitale. Solo più tardi, pur esprimendo approcci diversi, i comunisti dei consigli, svilupperanno una analisi delle contraddizioni immanenti alle società capitaliste avanzate e delle tendenze economiche di crisi, superando i tratti volontaristici propri della fase di nascita della sinistra comunista tedesco-olandese. Quindi le componenti sociali radicali rimanevano, anche se in un primo periodo numericamente consistenti, comunque minoranze se viste nel complesso della società tedesca. Aveva quindi gioco facile il realismo leninista, ma la sua vittoria sia sotto il profilo teorico che pratico era la dimostrazione dell’impossibilità rivoluzionaria e dall’ennesimo sviluppo del movimento del capitale, prodotto come in Russia dalla sinistra stessa. Abbiamo voluto inserire il testo di H.C. Meijer, Il movimento dei consigli in Germania, che pur limitato nella analisi storica e a tratti apologetico, offre una panoramica di quello che è stata la sinistra comunista tedesco-olandese, tale da rendere possibile ai lettori districarsi all’interno delle diverse componenti e fazioni in campo nel contesto tedesco uscito dalla prima guerra mondiale. Il lettore potrà inoltre trovare una lista ragionata delle principali sigle utilizzate. Sempre come appendice pubblichiamo il testo di P.Mattick, La rivoluzione tedesca. Mattick fu un protagonista diretto di quegli avvenimenti. Riteniamo che sia uno dei più importanti lavori di valutazione critica di quello che è stata la rivoluzione tedesca e della stessa sinistra comunista tedesco-olandese, cogliendone i limiti sia di fase che teorici. L’approccio di Mattick, è radicalmente non apologetico e capace di svelare le dinamiche interne alla “possibilità” e impossibilità rivoluzionaria in Germania. Inseriamo un breve saggio dello stesso Gorter scritto nel 1920, La vittoria del marxismo, pubblicato in italiano sulle pagine del “Soviet” diretto da A.Bordiga, che illustra la sua posizione di fronte al marxismo e alla rivoluzione e fa capire quale sensazione di imminenza vivevano i rivoluzionari, tale da giustificare il loro estremismo. E per illustrare, anche se in modo molto sommario, le posizioni della sinistra radicale tedesca pubblichiamo il programma della KAPD e le tesi di orientamento della AAU-E. Al testo di Gorter, la risposta a Lenin, abbiamo allegato l’introduzione di Serge Bricianer, uscita nel 1979, per il libro, Herman Gorter, Reponse a Lenin, per l’edizione Spartacus francese. Come curiosità segnaliamo che la prima traduzione del testo in tedesco della lettera di Gorter, usci per opera di un gruppo di comunisti francesi e esuli italiani in Francia nel 1929, vicini alle posizioni dei comunisti dei consigli, attraverso il giornale L’Ouvrier comuniste.

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Bernardini David, “Il barometro segna tempesta. Le schiere nere contro il nazismo”

Edito da: La Fiaccola
Luogo di pubblicazione: Ragusa
Anno: 2014
Pagine: 80
File: PDF
Introduzione/Premessa/Presentazione/Sinossi/Quarta di Copertina/Sintesi:
Avete tra le mani un libro di storia contemporanea spe­ciale, scritto da un autore che nei prossimi anni sono sicu­ro continuerà a tirarci fuori piccole perle come questa sulle Schwarze Scharen, le Schiere Nere. David Bernardini non è soltanto un bravo storico, che conosce gli archivi e in questo caso anche la lingua tedesca ma è un ottimo narratore, ha compreso che non basta scri­vere dei dati storici ma che bisogna saperli raccontare e già leggendo la sua breve introduzione capirete di cosa sto parlando. Il periodo compreso tra il 1914 e il 1945, come ci ricorda l’autore, è segnato indelebilmente da una serie di eventi im­portanti: rivoluzioni, crisi, controrivoluzioni e guerre. Que­sti anni, densi di eventi, determinano una mutazione so­ stanziale della militanza, che si contraddistingue sempre più per una peculiare simbiosi tra politica, violenza e cultura, al­ la quale si associano specifici processi generazionali; svariati gruppi della galassia rivoluzionaria decidono di mettere in discussione il monopolio della violenza statale e compren­dono l’urgenza di doversi difendere da soli. Un esempio su tutti è quello degli arditi del popolo in Italia che già nell’e­state del 1921 decidono di organizzarsi e armarsi contro il fascismo. Lo stesso faranno le Schiere nere che si formeranno a otto anni di distanza dagli arditi del popolo, nel 1929, per difendersi dalla violenza del nazismo. I punti di connessione tra i due gruppi sono molti, è in­teressante notare vari aspetti: la simbologia, l’uso del colore nero, la modalità di autodifesa durante i cortei delle orga­nizzazioni rivoluzionarie, l’uso delle canzoni e delle armi della prima guerra mondiale. La cosa più importante però che accomuna le due organizzazioni è sicuramente la neces­sità di non delegare a nessuno la difesa dagli attacchi fascisti e nazisti. Per questo un punto in comune da non sottovalu­tare è che entrambe le organizzazioni si impegnavano a co­struire un fronte unico antifascista: «la “Lega di lotta anarco-sindacalista ‘Schiera nera K pone la necessità di riunire tutti i partiti, i sindacati, i consigli di fabbrica ed i comitati di disoccu­pati in un organizzazione di difesa antifascista costruita dal basso, in vista della creazione di un comitato d’azione unitario» (Der Syndikalist, 1931, n. 50). Certo ci sono anche molte differenze, una su tutte è che quello degli arditi del popolo è stato un movimento che in pochi mesi è riuscito a raggruppare migliaia di iscritti in tut­ta la penisola italiana e soprattutto attingeva militanti in tutto il proletariato rivoluzionario: socialisti, anarchici e co­munisti. Le Schiere nere invece anche nei momenti di mag­giore estensione contavano qualche centinaio di militanti in tutta la Germania ed erano tutti militanti anarcosindacalisti. Dato non trascurabile e molto interessante è che le Schwarze Scharen avevano le idee più chiare degli arditi del popolo, erano anarchici e antimilitaristi e nel loro programma non si limitavano soltanto a parlare di difesa armata an­tinazista. Cosa invece che tristemente accomuna i due movimenti è la velocità della loro scomparsa (2-3 anni di vita) e l’oblio nel quale la storia dei vincitori ha relegato due movimenti che con forza hanno saputo reagire alla violenza nazifascista. Interessante notare che nella Spagna del 1936 i militanti del­ le Schiere nere e degli arditi del popolo si sono trovati uniti, ancora una volta armi in pugno a combattere contro quel mostro chiamato fascismo. Concludo la mia breve prefazione a questo saggio di Bernardini ribadendo una convinzione che ci accomuna ov­vero che la storia non si compone solo di vittime e carnefici, ma anche di ideali, valori, progetti per i quali gli individui hanno combattuto. La storia deve uscire dai muri di costri­zione intellettuale e fisica delle accademie, deve trovare la forza di parlare dei militanti, degli attivisti che hanno cerca­to di determinare il loro futuro. La storia non può e non de­ ve essere solo quella dei vincitori, la nostra storia è quella delle Schiere nere, degli arditi del popolo e dei tanti piccoli o grandi gruppi che nel corso del Novecento ci hanno inse­gnato con la loro azione che anche in situazioni difficili sce­gliere di non delegare a nessuno l’immaginazione e la co­struzione di un futuro migliore è possibile. Mi piace pensare che quel ragazzo vestito di nero dal nome Eugen Benner, il 13 novembre del 1931 per le strade di Wuppertal dopo aver sparato e messo in fuga un nutrito gruppo di SA , rimase lì fermo in mezzo alla piazza con la sua pistola in pugno rivolta verso il cielo a pensare a quel mondo nuovo che abbiamo nei nostri cuori.

Nota dell’Archivio: ///

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Renato Souvarine, “Vita eroica e gloriosa di Paolo Schicchi”

Edito da: Giuseppe Grillo
Luogo di pubblicazione: Napoli
Anno: [1957]
Pagine: 208
File: PDF
Introduzione/Premessa/Presentazione/Sinossi/Quarta di Copertina/Sintesi:
Da Parecchio tempo cercavo nel mio cervello un pensiero che fosse degno di Paolo Schicchi da mettere sul frontespizio. Rileggendo le Annate della sua rivista, i miei occhi si posero su queste linee scritte da Paolo Schicchi stesso su «L’Era Nuova» di novembre-dicembre del 1947 n° 11-12 a pag. 13: “Il vero combattente della Libertà e della Giustizia deve poter dire come Farinata degli Uberti nel Canto 10° dell’«Inferno» di Dante, mettendo però al posto della parola «Fiorenza» la parola «Idea».” Ora, se Paolo Schicchi, letterato consumato, che riveriva ed esaltava l’«Altissimo Poeta della rettitudine», si è permesso questa licenza poetica, è segno che si poteva fare…. Paolo Schicchi non faceva mai nessuna cosa se non n’ era documen­tatissimo. Certo egli possedeva degli esempi di licenze dei versi di Dante, come di altri grandi poeti. Quindi noi applichiamo questo pensiero a LUI stesso, perchè nessun altro pensiero gli si addice meglio di quello di Farinata degli Uberti, Grandissimo Combattente della Libertà e della Giustizia, cosi come Egli fu.

Nota dell’Archivio
– Renato Souvarine era lo pseudonimo di Renato Siglich.

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Corvisieri Silverio, “Il mago dei generali. Poteri occulti nella crisi del fascismo e della monarchia”

Edito da: Odradrek
Luogo di pubblicazione: Roma
Anno: 2001
Pagine: IV+263
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Introduzione/Premessa/Presentazione/Sinossi/Quarta di Copertina/Sintesi:
La perlustrazione di fondi archivistici finora poco noti ha stimolato, negli ultimi anni, una sempre più intensa ricerca sui retroscena della storia. Questo libro di Corvisieri, studioso-militante esperto di Resistenza e di movimenti contestatori, pur imboccando tale via evita di sconfinare nell’improbabile o nel dietrologico, e rievoca invece con singolare lucidità una vicenda finora mai affrontata, quella di Giuseppe Cambareri. Il tutto senza cedimenti di fronte al fascino dell’esoterico, ma anzi con una costante attenzione ai rapporti reali intercorsi tra fascismo, circoli massonici e monarchia prima e durante la seconda guerra mondiale. Calabrese, esponente di spicco della Fraternitas Rosacruciana Antiqua, amico dell’esoterista razzista tedesco Arnold Krumm-Heller, squadrista della prima ora, quindi emigrato in Brasile e, di ritorno in Italia, sempre vicino al fascismo, ma intenzionato a “rosacrocianizzarlo”, e poi ancora via via, secondo alcuni, agente della massoneria britannica dell’Arco Reale negli anni di guerra in funzione antifascista, intimo di Peron e fazendeiro brasiliano in strettissimi rapporti con Getulio Vargas, come pure con lo “stregone” argentino José Lopez Rega (leader dei locali squadroni della morte anticomunisti), Cambareri fu un uomo che, trovandosi ad agire durante l’occupazione tedesca a Roma in tempi di vuoto istituzionale, colse prontamente quell’occasione per crearsi una propria cerchia d’influenza e seppe poi conservarla, almeno in parte, a guerra conclusa. Leggendo la sua storia si comprende peraltro in che modo un personaggio come Gelli abbia in seguito potuto trovare, pur all’interno d’un sistema democratico come quello atlantico, gli spazi necessari per la propria attività di condizionamento della politica nazionale.


Nota dell’Archivio: ////

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Pubblicato in Libri | Contrassegnato , | Commenti disabilitati su Corvisieri Silverio, “Il mago dei generali. Poteri occulti nella crisi del fascismo e della monarchia”