Cossutta Marco, “Enrico Malatesta. Note per un diritto anarchico”

Edito da Edizioni Università di Trieste (EUT), Trieste, 2015, 222 p.

“Se respingiamo la legge lo facciamo per raggiungere qualcosa di meglio”; con questa lapidaria frase Errico Malatesta nel 1925 evidenzia come certa esegesi del pensiero anarchico, protesa a dipingerlo come una teoria anti-sociale che vorrebbe espungere ogni forma di regolamentazione dal contesto comunitario, sia lontana dalla realtà. Malatesta in particolare e l’anarchismo in generale non negano la necessità di una forma di regolamentazione giuridica dei rapporti sociali, ciò che aspramente criticano e combattono sono le forme di regolamentazione eteronome, che la modernità politica ha prodotto e che vedono nella compagnie statuale il proprio indiscutibile fulcro. Gli studî qui presentati tendono a proporre una lettura del pensiero anarchico che evidenzi, a partire dalle riflessioni malatestiane, l’intimo ed inscindibile rapporto fra anarchismo e diritto. Un pensiero anarchico quello qui tratteggiato, il quale, più che proteso a portare agli estremi limiti le prospettive politiche moderne (in “primis” il liberalismo), appare ricollegabile a forme di speculazione riconducibili alla grecità classica, ove emerge una contrapposizione irriducibile fra rapporto politico e rapporto dispotico. L’anarchismo, pur sorgendo in epoca moderna, appare dunque pensiero “anti”-moderno in quanto radicale critica delle forme politiche che dalla modernità sorgono.

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