Malatesta Errico, Nettlau Max, Galleani Luigi, “Organizzazione e Anarchia”

Edito da Edizioni Gruppo Studi Sociali, Parigi, 1927, 32 p.

Tutto è organizzato e tutto si organizza intorno a noi. Un tempo si governavano gli uomini col bastone, li si sfruttavano con l’ignoranza, li si tenevano a freno con la paura. La grande rivoluzione da un lato, il progresso industriale dall’altro, hanno rotto le dighe dell’ignoranza e della paura. La vecchia gerarchia è crollata. Le folle straripano. Il bastone non basta più. La chiesa è impotente. La legge ha bisogno di freni più solidi che le manette. Come contenere la fiumana che sfugge da tutti i lati? L’organizzazione a cui i lavoratori erano spontaneamente ricorsi per coalizzare i loro sforzi di liberazione, offriva ai padroni dell’ora la sola possibilità di contenere le folle e manovrarle.
Gli anarchici – o, almeno, una parte di anarchici – si sono associati a questo culto universale dell’organizzazione. Oppressi dal peso formidabile delle altrui coalizioni, non sanno sottrarsi al fascino di tanta forza umana impiegata a fini di conservazione sociale, e pensano, con amarezza, ai trionfi di cui priva l’anarchia, il non avere essi la possibilità di smuovere così immense riserve di energia sociale. Onde sognano di pervernirvi un giorno, e predicano, con l’anarchia, il mito dell’organizzazione.
Ma il culto dell’organizzazione, come tutte le religioni del successo, porta necessariamente, anche gli anarchici, all’adattamento, all’oblio dei principii, alla diluzione dell’anarchismo, che, perduta la sua fiera intransigenza, diventa presso gli organizzatori uno strumento più o meno efficace di dominio. Come dimostra il Progetto d’organizzazione anarchica lanciata or fa due anni da un gruppo di compagni russi all’estero, ed applicato dal Congresso di Parigi (Ottobre 1927) dell’Unione Comunista Anarchica Francese, trascinata da un’inconcepibile follia di rinnegamento ad instaurare la censura sulla propria stampa e l’onnipotenza, in seno all’Unione, del suo comitato centrale esecutivo.
Noi pensiamo che in questo senso si batta una falsa strada. In questa società in cui tutto s’ingolfa nel meccanismo rigido, gerarchico, opprimente di un’infinita di organizzazioni politiche, economiche, sportive, culturali etc, manifestamente intese a vincolare l’individuo al posto assegnatogli sull’ingranaggio sociale, la posizione dell’anarchismo, secondo noi, non è già quella di secondare l’andazzo delle cose, ma di prendere un atteggiamento deciso ed energico di rivolta. Mentre tutto si meccanizza, l’anarchico deve esaltare l’autonomia, la libertà di iniziativa, gli scatti iconoclasti della coscienza che non accetta catene.
Dove tutto si organizza per sfruttare, opprimere, cristalizzare la gerarchia sociale dell’ordine democratico uscito dalla grande rivoluzione, ad instaurare il feudalesimo della dittatura capitalista, l’anarchico deve uscire dai ranghi, scandalizzare le gerarchie, schiaffeggiarle in pieno, col praticare, al di fuori dell’organizzazione che avvilisce, la cooperazione e la solidarietà che redime.
Il compito dell’anarchismo è quello di estrarre l’individuo dall’ingranaggio meccanico delle organizzazioni che lo schiacciano, e farne un uomo libero.
Ma com’è possibile, questo, se il culto dell’organizzazione incomincia dagli anarchici?
Quale contributo alla discussione, noi raccogliamo in queste pagine quanto ebbe a scrivere sul Risveglio di Ginevra in merito al progetto di organizzazione proposto dagli anarchici russi, il compagno Errico Malatesta.
Il quale, come ognuno sa, si professa organizzatore, ma egli insorge contro l’idea di adottare in seno all’organizzazione anarchica idee e metodi autoritari.
Riportiamo in seguito uno scritto di Max Nettlau, pubblicato dall’Anarchie di Parigi in sede d’inchiesta sul Partito Anarchico. È ovvio che un’organizzazione anarchica per la lotta sarebbe in sostanza un vero e proprio partito politico. Infine, abbiamo giudicato opportuno, estrarre dal libro “La fine dell’Anarchismo?” di Luigi Galleani, le pagine che, in polemica con F. S. Merlino, vi sono dedicate tanto all’organizzazione politica (partito) quanto all’organizzazione economica (sindacato) degli anarchici. Le conclusioni a cui giungono i compagni Nettlau e Galleani sono diverse – essendo categoricamente opposte all’organizzazione degli anarchici- alle premesse del compagno Malatesta. Riunendo queste a quelle, noi non abbiamo inteso fare opera di imparzialità. Siamo tutt’altro che indifferenti alla discussione.
Ci è parso infatti che la critica contingente del Malatesta al progetto degli anarchici russi, valorizzasse le conclusioni teoriche degli antiorganizzatori, mentre distrugge ogni possibilità di organizzazione quale è intesa oggi da quanti anarchici o no si interessano della questione.
Gli Editori

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