Da alcune parole, dissepolte come residuati bellici, che inizia questa ricerca su alcuni risvolti della guerra dentro la guerra, aldilà del ricorrere e commemorare anniversari. Quella sconfinata macellazione umana, subito entrata nella retorica dei racconti pubblici come la Grande Guerra, venne consumata dentro una dimensione, individuale e collettiva, inenarrabile e irrappresentabile che soltanto talune fotografie, pitture e poesie sono riuscite a restituirci attraverso frammenti veridici proprio in quanto surreali. Immagini e parole dalle quali emerge la solitudine, disperata e ammutolita, dell’individuo precipitato in un incubo incomprensibile che mostra il rovescio sia dei miti della civiltà romantica che del positivismo scientifico: una generazione, che era andata a scuola col tram a cavalli, stava in piedi sotto il cielo in un paesaggio in cui nulla era rimasto immutato tranne le nuvole e, al centro, in un campo di forza di correnti distruttive e esplosioni, il fragile, minuscolo corpo umano. altronde, il primo massacro mondiale avviene proprio tra le na zioni europee che erano state prima la culla della cristianità e poi della cultura illuminista, mentre l’industria della guerra disumanizza, annien ta o invalida generazioni di giovani grazie alle più importanti scoperte della scienza e della tecnica dell’epoca tanto che, tra i gruppi economici fautori dell’intervento, non si trovano quelli retrivi, ma piuttosto quelli maggiormente dinamici e i settori più avanzati della ricerca. Nei faticosi racconti di molti morituri in divisa si coglie infatti una rottura esistenziale su due fronti, in contraddizione coi valori tradizio nali del passato, divorati in un’immorale carneficina, ma anche contro quella modernità che aveva consegnato l’umanità ai meccanismi stritolanti di un progresso senz’anima, concretizzando le apocalittiche profezie sul declino dell’uomo sopraffatto «dalle stesse creature meccaniche che egli aveva inventato». Annullati dentro questa anomala dimensione, «i combattenti, sotterraneo personale di servizio assegnato a macchine mortali, spesso non si rendono conto per settimane di trovarsi uomini contro uomini». Peraltro, distacco e disincanto erano già latenti nell’anteguerra e avevano portato anche all’illusione mortifera che un conflitto totale fosse il rimedio estremo per azzerare e rigenerare un mondo in cui si sentivano estranei i settori più irrequieti della società, incapaci di trovare una collocazione – e quindi un senso – nel conflitto tra le classi.
Edizioni BFS, Pisa, 2014, pag. 90
Note:
Referenze immagini: in copertina foto dalla collezione privata dell’Autore.
p. 2 e p. 52 archivio privato F. Schirone, Milano.
P. 6 Biblioteca F. Serantini, Pisa, Carte M. Antonioli, collezione fogli volanti.
P. 80 collezione privata dell’Autore
Le altre illustrazioni sono vignette di Scalarmi tratte da G. Trevisani, Mezzo secolo di storia nella caricatura di Scalarmi, Cultura nuova, Milano, 194
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