Autogestione Rivista

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Durata: Inverno 1978-1979 – Maggio/Luglio 1986
Luogo: Milano (dal n. 1 al n. 9); Roma (dal n. 10 al n. 12)
Periodicità: Trimestrale (dal n. 1 al n. 9); irregolare (dal n. 10 al n. 12)
Pagine: 96 (n. 1); 140 (n. 2); 124 (n. 3); 92 (n. 4 e n. 6); 52 (n. 5 e n. 10); 100 (n. 7); 68 (n. 8, n. 9, n. 11 e n. 12)

Note dell’Archivio
-I “Quaderni di Autogestione” non sono presenti in questo archivio.
-Dall’editoriale del n. 1:
“Una rivista anarcosindacalista per un movimento anarcosindacalista
Anarcosindacalismo perchè?
L’incapacità della sinistra di fabbrica a dare risposta al processo ristrutturativo in corso e ad opporre al riformismo egemone una pro­posta credibile, sta mettendo in crisi la stessa praticabilità degli stru­menti organizzativi sindacali e di lotta cresciuti nel solco della tradi­zione socialista autoritaria. D’altra parte il procedere della crisi sta, oltre a provocare sfiducia e disgregazione, “liberando” una serie di lavoratori dalla gabbia riformista spingendoli su una strada di critica politica che si va facendo più globale. Non solo, molti miti stanno cadendo uno dopo l’altro facendo ripartire un processo critico verso istituzioni, concezioni, ideologie che si credevano ormai largamente acquisite se non trionfanti. Tutto questo crea le premesse, per la prima volta dopo più di cinquant’anni, per una significativa esistenza di un “movimento operaio libertario di massa”, che sulla lotta di classe, l’autonomia, l’azione diretta, la solidarietà ed il federalismo fonda la sua pratica e la sua teoria, riallacciandosi in questo alla gran­de esperienza dell’anarcosindacalismo mondiale.
Quale chiarezza per quali obiettivi.
Ma se è vero che la possibilità di esistenza di questo “movimento operaio libertario di massa” è reale, è anche vero che molto forti sono i rischi che, a causa di interventi che non sappiano cogliere la complessità del momento, esso abbia uno sbocco minoritario, setta­rio e fortemente ideologizzato.
Ed è per evitare questo che oggi è soprattutto importante lavorare a dar corpo al consolidamento della resistenza operaia, sostenendo fino in fondo il rifiuto della politica dei sacrifici, aggregando su que­sta base tutti i lavoratori disposti a lavorare e a lottare su questo fronte, dando vita a strutture di classe a carattere stabile e spingendo sia ad un loro coordinamento costante su scala nazionale (d’azienda e di settore) che ad un confronto tra tutti gli embrioni di resistenza operaia oggi esistenti. Questo è il terreno più favorevole allo sviluppo dei contenuti dell’anarcosindacalismo oggi in Italia. Ma per meglio favorire questo sviluppo, per meglio sapere esaltare le tendenze liber­tarie ed egualitarie già OGGI esistenti, non basta ricollegarsi ad una esperienza per quanto gloriosa essa sia. Occorre soprattutto aver la coscienza che la costruzione odierna di un punto di riferimento organizzativo, teorico, per il proletariato non può non essere simulta­nea alla costruzione del punto di riferimento per gli stessi militanti interni alla lotta di classe. Occorre, cioè, se di anarcosindacalismo si parla (cioè di una pratica e di una teoria che sappia saldare la lotta economica e la lotta politica), superare la mentalità di “specifico”, basata sul principio dell’affinità ideologica, per costruire una menta­lità nuova, un comportamento anarcosindacalista che sappia riunifi­care non solo le varie tendenze libertarie operanti sul terreno della lotta di classe e di massa, ma soprattutto l’intero proletariato teso alla liberazione dell’umanità.
Fino a questo momento molti compagni hanno sempre ricercato la preparazione, la “certezza d’analisi” necessarie al lavoro di massa, nelle strutture di “specifico”, siano esse gruppi anarchici o partiti. E’ questo un vizio di fondo che va superato. La pratica anarcosinda­calista necessita di una mentalità anarcosindacalista. In questa luce non hanno senso strumenti di “linea”, di “schieramento” precosti­tuite; quelli che hanno senso sono strumenti che favoriscono processi di aggregazione di lavoratori consapevoli e coscienti, superando nei fatti la concezione e la pratica dell’avanguardia codificata. Certo questo non vuol dire che oggi ogni strumento sia GIÀ’ della classe, ma vuol soprattutto dire che comunque si rifiuta, all’interno dell’anarcosindacalismo, momenti di dibattito “interno” tipici delle organizzazioni specifiche, nell’affermazione contemporanea che ogni strumento, ogni momento, deve essere DELLA CLASSE.
Quindi se è vero che oggi qualsiasi strumento parte dall’iniziativa di compagni dell’area militante libertaria, è anche vero che si rifiuta ogni teorizzazione di un ruolo intermedio. Le strutture di raccolta degli anarchici, dei libertari, degli anarcosindacalisti, dell’autonomia operaia (quella reale), sono un insieme composito e diversificato. Un punto di partenza necessariamente in­termedio alla costituzione di un’organizzazione anarcosindacalista espressione reale della classe. In sostanza sono UN embrione che, nella misura in cui saprà collegarsi ad altre pratiche di azione diretta oggi esistenti a livello di massa, potrà risultare ESSENZIALE alla formazione del “movimento operaio libertario di massa”.
Dove si inserisce la proposta di una rivista
La battaglia che dobbiamo condurre dentro e fuori il “movimen­to”, nella classe, per riaffermare pratiche di azione diretta e per il riemergere dell’anarcosindacalismo, necessita di uno strumento di collegamento e di socializzazione delle informazioni, delle esperienze, delle analisi. Uno strumento di formazione e di dibattito che sappia svilupparsi.
Al di là di schieramenti precostiuiti
attraverso il lavoro COLLEGIALE dei militanti anarcosindacalisti operanti all’interno della lotta di classe.
Una rivista in sostanza con un suo spessore d’analisi, che sappia da un lato mettere a fuoco i meccanismi della trasformazione (econo­mica, politica, sociale, …) in atto sia da parte del potere che da parte del proletariato, e dall’altro innescare un processo d’identificazione che partendo dalla continuità sostanziale delle problematiche poste dalla lotta di classe in questo secolo riesca a definire con maggiore precisione le forme e gli obiettivi dell’azione militante. Una rivista che sia momento di riflessione, di dibattito, ma anche di cronaca odierna dello scontro di classe, di storia vista dalla parte del proletariato, di documentazione. Una rivista come specchio e patrimonio del ricostituendo movimento anarcosindacalista.”

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