Individuo e insurrezione. Stirner e le culture della rivolta. Atti del Convegno promosso dalla Libera Associazione di Studi Anarchici. Firenze 12-13 Dicembre 1992

Edito da Editrice Il Picchio, Bologna, 1993, 189 p.

Nota introduttiva.
Gli eventi di questi anni di fine secolo sembra che abbiano fatto piazza pulita anche di tutti quei deterministici modelli interpretativi della società e della storia del dominio. Le contraddizioni sociali sembra che non producano più la storia, perché non hanno più un fine a cui approdare. Sembra non esserci più possibilità di un rivolgimento e di una gestione alternativa dell’esistente.
La massificazione dei modelli di vita («la piccola borghesia ha ereditato il mondo, essa è la forma in cui l’umanità è sopravvissuta al nichilismo» ) rende l’identità individuale un’imitazione di ruoli e modelli precostituiti, in cui la libertà non ha valore né senso. L’integrazione sistemica e la sua legittimità sono date dall’aver sposato ognuno, in cambio delle “piccole comodità domestiche”, le sorti del sistema stesso. Ma questo sistema, che si presenta come il codice della razionalità tecnologica, è pur sempre, parafrasando Stirner, un prodotto mal fatto dell’uomo alienato.
Allora la rivolta, a partire da quell’unico soggetto capace di attuarla, che è qualunque individuo, ridiventa il necessario punto di partenza per riconsiderare le possibilità della affermazione di sé e dei propri rapporti, della libertà, al di là della marginalità come ambito precostituito dal sistema, in cui è relegata. Max Stirner è l’autore che più di ogni altro può offrirci, in merito, gli strumenti critici e l’opportunità di riflettere sull’esistenza di ognuno di noi, destrutturando l’impero concettuale metafisico e religioso («il sacro») che ancora oggi “forma” la cultura dentro la quale siamo impigliati.
Come Libera Associazione di Studi Anarchici, nell’organizzare questo convegno di studi, ci eravamo proposto l’obiettivo di discutere e approfondire la visione critica di due categorie: l’individuo e l’insurrezione, proprio a partire dalle dimensioni della rivolta nel pensiero di Stirner. Le relazioni e il dibattito svoltesi in queste due giornate raggiungono appieno detto obiettivo. Le analisi e gli spunti critici proposti dai relatori (che hanno stimolato un proficuo dibattito anche sulle diverse concezioni e interpretazioni del pensiero e del movimento anarchico) offrono l’opportunità di addentrarci nel pensiero filosofico stirneriano, mettendoci in guardia, nel contempo, contro il rischio di una sacralizzazione di questo, come dell’individuo o della stessa rivolta.
Bisogna — come è stato sostenuto nel dibattito — rovesciare il libro e la vita: chi si addentra nella filosofia stirneriana, non può farlo come chi intraprende la lettura di un libro alla ricerca di una rivelazione che rimodellerà le proprie visioni della vita e i propri comportamenti. Così facendo, in Stirner troverà un demolitore delle certezze e delle costruzioni filosofiche e ideologiche del pensiero moderno, un «grumo di puro nichilismo». Spesso, con la critica all’ideologia viene coniata una nuova ideologia, e la sacralizzazione del pensiero, anche del pensiero critico, porta alla pontificazione di nuove sette, di nuovi archismi.
Allora, è rimettendosi in gioco, riconsiderando se stessi e la propria vita, che anche la lettura di Stirner — e forse anche di questi atti — può fornire validi strumenti per una critica radicale, che pone l’unicità di se stessi come nuovo soggetto della propria autoliberazione, all’interno della quale le dimensioni della rivolta e l’insurrezione assumono concretezza storica.
Vincenzo Talerico

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Nota dell’Archivio
-Come riportato dai curatori Xerri e Talerico, “nel pubblicare gli atti abbiamo scelto di seguire l’ordine cronologico dei vari interventi come si sono susseguiti nel convegno. Le relazioni sono state tutte riviste dagli autori dopo la deregistrazione, o ci sono state consegnate direttamente dagli autori stessi in dattiloscritto. Per i dibattiti, invece, è stata fatta la deregistrazione da parte nostra, riportando fedelmente quanto detto, anche se per alcuni interventi non è stato possibile mantenere lo stile dell’oratore, e la stesura finale non è stata rivista dagli oratori stessi.

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