Pozzi Mattia Luigi, “Parodia e soggettività in Max Stirner. Per un’etica della consumazione”

Università Cattolica del Sacro Cuore, Milano, Dottorato di Ricerca in Discipline filosofiche, artistiche, archeologiche e del Teatro, Anno Accademico 2011-2012, 456 p.

Introduzione
Il presente studio propone un’indagine critica in merito all’opera di Johann Caspar Schmidt (1806-1856), meglio noto con lo pseudonimo di Max Stirner, volta, da un lato, a problematizzarne la posizione all’interno del contesto di pensiero tedesco prequarantottesco e, più in generale, nella storia della filosofia e, dall’altro, a saggiarne la specifica validità teoretica, al fine di valutarne la cogenza e l’attualità. Nella storia della filosofia poche figure hanno conosciuto un destino così singolare, sospeso tra un interesse febbrile al momento dell’apparizione della sua opera più nota e compiuta, ossia Der Einzige und sein Eigentum del 1844, e un oblio tanto precoce quanto ostinato, motivato da accuse di eccentricità, quando non di stravaganza o di inconsistenza rivolte alla sua riflessione. In maniera complementare, all’interno della cerchia di coloro che, a vario titolo, se ne sono occupati, lo spettro delle letture e delle interpretazioni risulta talmente ampio e contrastante da legittimare la medesima impressione di un corpo di pensiero quantomeno ambiguo, se non addirittura contraddittorio o aporetico.
La storia della ricezione stirneriana – talmente complessa da sostituirsi, a volte, come oggetto d’indagine all’attenzione diretta al suo pensiero – si rivela tuttavia indice delle difficoltà reali che lo studioso di Stirner si trova ad affrontare. Sarebbe infatti sterile e intellettualmente disonesto imputare all’influenza di questa o quella tendenza ermeneutica il totale travisamento di un pensiero talmente semplice e talmente limpido da non poter essere frainteso; d’altro canto, e reciprocamente, lo sarebbe altrettanto la negazione di una ripercussione di alcune letture sulla percezione dell’opera stirneriana, scegliendo di relegarsi nella finzione dell’immutabilità di un pensiero e dell’ineffettualità del pensiero successivo.
Si tratta, di contro, mediante una rigorosa attenzione al testo stirneriano, di assumere in toto la complessità di una riflessione che, per propria stessa intenzione, rifugge le possibili categorizzazioni filosofiche, lavorandone dall’interno la cogenza, e che si qualifica quindi primariamente come sperimentale, in quanto compie su di sé, sul proprio corpo di pensiero, un singolare esperimento della conoscenza in cui ne va di sé stessi, senza riserve. Rispondervi e corrispondervi significa quindi, per lo studioso, una sua altrettanto radicale messa alla prova, mediante un’ipotesi di lavoro che funga da reagente per squadernarne la reale portata e focalizzarne validità e limiti. Solo in tal modo sarà poi possibile istituire un confronto realmente proficuo, perché non ideologico né apologetico, con la stessa storia della ricezione e comprendere, forse, quale sia il ruolo che Stirner ha rivestito all’interno della storia del pensiero e, al contempo, la sua possibile attualità. A mio avviso, tale ipotesi risiede in un approfondimento della presenza di un portato a prima vista ironico nella riflessione stirneriana, già tematizzata da alcuni studiosi, in direzione della declinazione di una consapevole e raffinata strategia parodica, avente come fulcro l’umorismo. Cercherò di dimostrare come sia precisamente mediante tale paradigma che Stirner si relaziona alle istanze derivategli dalla tradizione, sia hegeliana sia giovane-hegeliana, e, contemporaneamente, possa elaborare la propria originale proposta teoretica, che consiste in un’inedita configurazione della soggettività in grado di rinunciare alle rassicurazioni dell’astrazione e di vivere
l’evenemenzialità dell’esistenza e della storia nella fatalità della loro consumazione. Gli obiettivi che questo studio si propone consistono quindi, in prima battuta, in una precisa declinazione della strategia parodica stirneriana che passa sia attraverso la definizione della metodologia, dell’ambito e degli intenti che le sono peculiari, sia attraverso una rigorosa problematizzazione dello strumento “parodia” e del contesto storico in cui la proposta teoretica emerge. In seconda battuta, mi occuperò di dimostrarne l’operatività su entrambi i livelli: evidenzierò come nella pars destruens sia sempre operante la pars construens, indagandone la tecnica, gli esiti e le possibilità applicative anche in merito all’ambito etico e politico. A tale programma di lavoro risponde la costruzione architettonica della tesi, la quale si declina nelle tre parti su cui ora è opportuno soffermarsi.
La prima parte del testo, intitolata Tra il lutto e lo sberleffo: spazi e tempi della parodia, risponde alla preliminare necessità di una precisa definizione della strategia. In primo luogo renderò infatti conto della gestazione della mia ipotesi di lavoro all’interno di un dialogo critico con una tendenza che, per quanto minoritaria, si rivela costante nella ricezione stirneriana, a partire dalle prime reazioni a Der Einzige passando per la codificazione storico-filosofica della fine del XIX secolo e dei primi decenni del XX, per giungere sino alle posizioni attuali, volte a esplicitare la vicinanza di Stirner alla pratica della critica linguistica o a un ripensamento del quadro generale dei rapporti di forza interni al giovane hegelismo. Tendenza non univoca, né condensantesi in una scuola, ma comunque identificabile proprio grazie alla proposta di una lettura ironica del testo stirneriano. Non negando né la valenza né la cogenza argomentativa di queste posizioni, anzi, di contro, assumendone in positivo alcuni spunti, intendo però mostrare come esse non siano sufficienti a restituire la reale portata della strategia parodica stirneriana e procedere in direzione di una modificazione del fulcro della strategia, da me identificato non tanto con l’ironia, bensì con l’umorismo, e di una maggiore pervasività euristica e pragmatica della parodia stessa, tale da investire, mediante l’irrisione, l’intero campo del discorso significante, pur non potendo esprimersi che in esso. In secondo luogo, svolgerò un’operazione genealogica volta a ricostruire la preistoria del riso stirneriano, ripercorrendo pertanto un itinerario che da Kant a Heine, attraverso l’ironia romantica schlegeliana e solgeriana, la scepsi di Jean Paul e la dissoluzione dell’hegelismo estetico propugnata da Weisse, Rosenkranz e Ruge, sia in grado di restituire la cogenza del comico all’interno del pensiero tedesco nel periodo compreso tra la fine del XVIII e la metà del XIX secolo: cogenza e importanza non confinate in un’ontologia regionale di tipo estetico, ma che assumono una valenza al contempo metafisica e politica. Si descriverà infatti la parabola di un movimento di pensiero che, interrogandosi sui limiti costitutivi della rappresentazione, di sé e del mondo, procede da una metafisica dell’ironia a una pratica dell’umorismo e apre al progressivo depotenziamento comico delle istanze ideali e infinite in direzione di una recuperata dignità del reale che diventa ora sia legittimo oggetto di indagine sia campo di possibili trasformazioni pratiche. Alla dimostrazione di tale valenza del portato comico, farà da contraltare la disamina sia dell’influenza diretta di tale orizzonte di pensiero sull’elaborazione stirneriana sia, di contro, l’azione stirneriana su di esso. Una disamina più accurata della tematica comica spetterà poi al contesto culturale e politico del giovane hegelismo in cui Stirner viene storicamente collocato. Pur non essendo materia corrente per gli studiosi del Vormärz, si mostrerà come la comicità svolga un ruolo centrale all’interno della speculazione giovane hegeliana sia in merito ai processi di autodefinizione del gruppo sia per quanto concerne la costruzione della dissidenza nei confronti del sempre più oppressivo regime prussiano. Nel primo caso, infatti, illustrerò come la comicità si declini mediante una teatralizzazione del discorso filosofico e politico, legata a una mimetica (in termini propri una parodia) di ruoli e simboli della Rivoluzione Francese, mentre, nel secondo caso, si tratterà di restituire la funzionalità del portato simulativo e dissimulativo della loro riflessione, operante sin dal mito della “fodera rossa” di Hegel ed evidente in Die Posaune des jüngsten Gerichts di Bruno Bauer, al fine di salvaguardare uno spazio per un’azione filosofico-politica innovativa. Tale valenza sarà poi evidenziata sia nella frattura espressiva che i giovani hegeliani operano nei confronti del contesto culturale dell’idealismo e della stessa opposizione liberale sia nella configurazione della cosiddetta “commedia storica” declinata rispettivamente da Ruge (Die historische Komödie) e da Marx (Zur Kritik der Hegelschen Rechtsphilosophie), il cui ruolo storico universale risulterà terminale in quanto distrugge, nell’irrisione, le anacronistiche sopravvivenze del passato. La centralità della tematica consentirà pertanto la problematizzazione sia del debito sia dell’originalità di Stirner rispetto a queste concezioni, con particolare attenzione al testo ad esse più affine, ossia Kunst und Religion (1842).
Infine, sarà necessario e conclusivo concentrarsi su una tematizzazione più specifica dello stesso genere parodico, per indagarne le tipicità e per saggiarne la validità in senso filosofico, ma anche politico. A tale scopo, se ne ripercorrerà brevemente la storia, dalle origini al Romanticismo sino a giungere allo sfruttamento del genere nella contemporaneità stirneriana e, in particolare nella scuola giovane hegeliana; ciò consentirà quindi di esplorarne la cogenza al contempo oppositiva e generativa di nuove pratiche (non solo testuali) e la complessa interazione tra gli abiti che essa dispiega, nonché di comprendere quali di questi elementi trapassino nella terribile serietà della parodia stirneriana e di apprezzarne la peculiare rielaborazione.
Nella seconda parte del testo, dal titolo Ir-ridere l’eredità: Stirner e la tradizione, si analizzerà puntualmente il primo (e più esteriore) movimento della parodia stirneriana, mostrando come essa si declini precisamente come un modo, irrisorio e appropriativo, dell’eredità. Se ne specificherà pertanto il linguaggio e la dinamica, in particolare nelle sue connessioni con il sistema hegeliano: si mostrerà come Stirner ricostruisca puntualmente, a partire dall’acustica e della termica, il movimento di ipostatizzazione del Geist hegeliano per opporvi la propria fenomenologia del fantasma e sancire, in un peculiare contromovimento di ritorno ad una naturalità artificiale, la dissoluzione dello spirito attraverso lo spirito, ossia quel procedimento di riscrittura “colossale” che va sotto il nome di parodia.
Si svilupperà poi in maniera puntuale il confronto con i corpi di pensiero dei suoi avversari, procedendo, per così dire, dalla superficie alla profondità, ossia dagli obiettivi polemici espliciti come Feuerbach e Bruno Bauer, sino alla radice comune della sua e di queste riflessioni, ossia alla speculazione hegeliana. Per quanto concerne Feuerbach la disamina verterà innanzitutto su un confronto metodologico che dispieghi il ricorso allo humor nell’economia dei rispettivi pensieri: vedremo come Feuerbach miri a sfruttarne il potenziale di rovesciamento nei confronti dell’hegelismo e come Stirner, di rimando, raddoppi precisamente tale rovesciamento al fine di mostrarne l’aporeticità costitutiva ed esaurirne la presunta valenza emancipatrice. Esporrò la critica stirneriana contro l’Uomo di Feuerbach, lo sfruttamento degli assunti complementari in merito alla teologia come credenza nei fantasmi e dell’antropologia come inveramento del cristianesimo e mi concentrerò infine sulla persistenza del Gattungswesen feuerbachiano al livello dell’astrazione per comprendere come, da queste istanze, Stirner sia in grado di elaborare la propria nozione di ineffabilità. Il caso di Bauer, anche per la comprovata vicinanza tra i due autori, si rivelerà, se possibile, ancora maggiormente produttivo in quanto sarà precisamente nell’estenuazione del pensiero di Bauer che Stirner attingerà a nozioni essenziali del proprio filosofare. Tematizzerò la parodizzazione stirneriana degli assunti baueriani concernenti il principio di esclusione, l’universalità, la radicalizzazione del contrasto tra vecchio e nuovo e l’assenza di presupposti, per mostrare come essi si convertano rispettivamente nell’esclusività dell’unico stirneriano, nell’evenemenzialità del soggetto, nella tematizzazione della sollevazione e dell’impossibilità della rappresentanza e infine nell’assenza di pensieri.
Per quanto riguarda infine Hegel, cercherò di dimostrare come il peculiare modo stirneriano di corrispondere all’eredità hegeliana si declini, sin dagli albori della sua produzione intellettuale, sotto il segno della parodia e dell’irrisione. Proporrò in tal senso una rilettura della dissertazione stirneriana Über Schulgesetze (1834) e, con i medesimi parametri, affronterò la questione del fanatismo della Bildung e della coincidenza tra vita e storia nel pensiero hegeliano, nonché i ripensamenti che Stirner proporrà in merito all’inizio hegeliano del filosofare e alla valenza del rapporto Aufhebung-Auflösung all’interno del sistema. In tutti i casi, si tratterà quindi di mostrare come Stirner, mediante la propria parodia, miri ad una reductio ad absurdum di tutti i suoi referenti filosofici, in un’estremizzazione dei loro esiti ultimi per giungere alla dissoluzione del loro pensiero.
Nella terza parte del testo, intitolata Per un’etica della consumazione, si giungerà infine al culmine teoretico stirneriano, ossia al secondo (e più intrinseco) movimento della parodia stessa: esso consiste in primo luogo nella consumazione anche delle figure provvisorie in cui la sua speculazione potrebbe cristallizzarsi – nell’ordine: l’egoista, l’individuo, l’io – al fine di attingere quella nozione che garantirebbe la vera immissione nella praxis. Questo passaggio consiste, come mostrerò, nello spostamento del discorso filosofico dal livello del significato al livello dell’evento di cui la figura dell’unico si fa segno. In tal modo Stirner è in grado di configurare un’idea di soggettività inedita, la quale si declina come struttura di differenza sempre operante, come divenire della forza che si fa di volta in volta evento della soggettivazione. In secondo luogo, tematizzerò la peculiare nozione stirneriana di proprietà, mostrandone sia la genealogia storica, sia l’evoluzione economico-filosofica per attingerne poi la condizione paradossale di totale appropriazione e totale espropriazione e di personalizzazione del pensiero, che troverà nell’umorismo la sua verità e in un peculiare ripensamento dell’homo homini lupus la sua soluzione.
Da ultimo, proporrò una tematizzazione del portato etico e politico dell’operazione stirneriana. In primo luogo, mostrerò infatti come Stirner, in un’anticipazione marxiana derivatagli da Adam Smith, individui nella preminenza del valore di scambio e della conseguente impossibilità d’uso la peculiarità del vivere sociale, opponendovi, mediante l’organo della profanazione, un’etica altra che, finalmente avulsa dalla mediazione coercitiva e astraente di un assoluto, nonché dell’altrettanto coercitivo ideale di una missione morale, faccia dell’uso e consumo di sé e degli altri l’unica garanzia della valorizzazione dell’unicità e, al contempo, di una reale reciprocità relazionale. In seconda battuta, si problematizzerà come Stirner proponga una svolta epocale nella concezione dell’esistenza che, opponendosi all’economia del senso e dell’ascesi, propenda per la ritrovata naturalità di un’economia del dispendio e della consumazione, che sembrerebbe anticipare, quantomeno nei temi, le posizioni sostenute recentemente da Bataille. Si mostrerà infine come tale economia si condensi nella pratica eminentemente politica dell’Empörung, unico strumento in grado di risolvere il problema del pauperismo, inteso nello specifico senso stirneriano che illustrerò, e di proporre nuove configurazioni relazionali (come il Verein des Egoisten) in quanto sollevazione dell’unico al rango di persona e, con essa, alla possibilità di una vita etica.

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