(a cura di) Bonanno Alfredo Maria, “Estetica libertaria”

Edito da Tringale Editore, Catania, 1976, 199 p.

Introduzione
Se il prodotto artistico è una realtà, la riflessione sulle condi­zioni che ne determinano la realizzazione, cioè l ’estetica, deve fornire chiarimenti riguardo questa realtà. Se la contrapposizione di classe nella nostra società è un fatto innegabile, opposti interessi strutturali costringono i riflessi sovrastrutturali (e quindi anche l’arte) a disporsi in funzione di quella realtà di base. Da ciò la posizione dell’artista come intermediario tra due parti in lotta. Obiettivamente estraneo come estrazione, privilegi e classe, alle due parti contendenti, egli può sostenere il potere, contribuendo allo sfruttamento, edulcorandolo con le sue fanta­stiche costruzioni, distraendo il proletariato dalla sua situazione oggettiva; oppure, lottarlo, inserendosi nella problematica di massa, sviluppando quel ruolo chiarificatore e intermediario che contribuisce alla presa di coscienza degli sfruttati. Ma l’alternativa non è sempre così netta. Gli artisti, come tutti gli intellettuali, sono gli uomini del privilegio, della « spe­cializzazione », della « individualizzazione ». Tra di essi possiamo distinguere almeno tre categorie. Quelli che non temono di per­dere i privilegi di origine e rifiutano quelli di acquisizione, per gettarsi tutto dietro le spalle e costruire sulla realtà delle lotte operaie e contadine, l’ignoto della propria esperienza estetica e il « prodotto finito » della propria capacità di artista. Quelli che sentono con sufficiente chiarezza questa necessità, come l’unica alternativa storica perché il loro lavoro non venga abbandonato ai topi, ma non ne hanno il coraggio fisico, la forza morale : abbandonare tutto il mondo del privilegio passato e delle possi­bilità di una futura — immediata — sistemazione ideale e profi­cua, per loro è un passo troppo duro; preferiscono giocare d’astuzia, utilizzare due mazzi di carte, vestirsi dei panni del contestatore quando si rendono conto che il vento tira verso sinistra, rifugiarsi immediatamente nelle braccia della borghesia quando il vento cambia direzione ; il riformismo è il loro ideale : ben pasciuti, dotati di titoli accademici altisonanti (ma spesso scherzosamente sottovalutati), diretti con tutte le forze a stabi­lire contatti durevoli con l’editoria di potere, riguardosi della legalità, arditi contestatori quando non c’è alcun pericolo ; rappre­sentano la massa di manovra di cui si serve la borghesia, nei suoi diversi livelli d’azione, per contrastare il campo alle lotte dei lavoratori. Esistono, infine, quelli che sono apertamente rea­zionari, ammiratori di temi estremisti di destra, tipo Céline, per fare un esempio, ma sono una piccolissima minoranza senza capacità d’azione. La nostra tipologia, necessariamente sommaria, andrebbe arricchita di una ripartizione per quanto concerne la prima cate­goria. Tra gli artisti che veramente vanno verso il popolo occorre distinguere quelli che intendono « erudirlo », cioè portare al popolo le proprie creazioni, e quelli che intendono « semplicemente » lavorare tra il popolo in modo di riuscire a determinare cer­te condizioni oggettive che possano produrre l’evento artistico sia nel popolo che nell’ispirazione creatrice dell’artista che lavora tra il popolo. Ripartizione non priva d’importanza in quanto distintiva dell’apparato operativo marxista e di quello libertario. L’arte può e deve mantenere la sua visione prospetticamente creativa, ma solo a condizione che gli elementi di questa sua creatività emergano da un contesto popolare, come facenti parte di una « necessità » avvertita a livello di massa. In questa dire­zione l’ignoto è ancora tutto da scoprire, l’artista è ancora da identificarsi, il rapporto tra artista e fruitore del prodotto arti­ stico è ancora da costruirsi.

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Nota dell’Archivio
-Dalla quarta di copertina: “L’antologia comprende una serie di testi, alcuni dei quali inediti in italiano, che segnano lo sviluppo del pensiero libertario sul problema estetico dalla fine del XVIII secolo ad oggi. Godwin, Stirner. Proudhon, Bakunin, Coeurderoy, Wagner, Reclus, Tolstoi, Guyau, Kropotkin, Riner, Emma Goldman, Armand, Wilde, Sorel, Pelioutier, Besnard, Rocker, Camus, Cage, Beck, Dubuffet, Mothé, il Movimento yippie, i gruppi del Teatro di guerriglia, le scritte murali e gli slogans a Parigi del maggio 1968. Un tutto organico nel succedersi della molteplicità delle forme e delle esperienze artistiche, indagate nell’ampio studio intro­duttivo alla luce di un’interpretazione libertaria.”

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