Fabbri Luigi, “Malatesta. L’uomo e il pensiero”

Edito da Edizioni Anarchismo, Catania, 1979, XII + 304 p.

Prefazione di Cesare Zaccaria
Questo libro è la trasposizione in parole d’una profonda comunità di vita, e può venirne un grande insegnamento sempre attuale. Fabbri aveva 19 anni quando, insieme a Malatesta, arrivò al Congresso anarchico di Amsterdam. Malatesta lo presentò, ponendogli un braccio attorno alle spalle, come “mon fils”. E quella paternità spirituale ha tenuti i due uomini tanto vicini lungo tutta la loro vita, giungendo a tramutarsi in una compenetrazione d’anime cosi‘ totale che era possibile a Fabbri, di fronte ad un fatto qualsiasi, anticipare l’idea che ne avrebbe avuta Malatesta – anche in quei pochi casi in cui egli stesso aveva una diversa opinione.
Nessuno meglio di Fabbri poteva quindi esporre il pensiero di Malatesta. E, d’altra parte, anche la forma peculiare di questa esposizione – fatta di citazioni, da articoli e libri ma anche di estratti da lettere non pubblicate ed anche di ricordi diretti, il tutto cosi‘ candidamente esposto che non v’è mai luogo per alcun dubbio d’autenticità – non poteva che realizzarsi che per mezzo di Fabbri: d’uno cioè che in tutta la vita di Malatesta gli stèato piu‘ di ogni altro vicino.
Malatesta non aveva ambizioni di teorizzatore. Anzi, rifuggiva di proposito dal teorizzare: il centro sistematico del suo pensiero era (peculiare paradosso) proprio il ripudio di ogni sistema. Scriveva come parlava, nelle pause in cui s’intrammezzava il suo agire quotidiano. Operaio tra operai non già politico di mestiere, empirico, traente le idee dal vivere suo e del prossimo, non mai pretendente ad assoggettare quel vivere alle norme esteriori d’idee sue astratte, egli era mosso da un insieme d’impulsi spontanei e personali, intellettuali cosi‘ come sentimentali, nutriti nello stesso tempo di ribellioni e d’analisi, di storia e di filosofia, di azione e di riflessione. E rifuggiva dal costituirsi del suo pensiero in ideologia, come rifuggiva da un “far propaganda” che potesse intendersi quasi un altro “seguitemi ch’io vi conduco al paradiso”. Eppure il suo pensiero, cosi‘ apparentemente frammentario, aveva una profonda unità. L’unità che ogni lettore percepisce in queste rievocazione di Fabbri: la quale ricostruisce la vita di Malatesta nel profondo, e quindi spontaneamente trova per via un filo conduttore che mai si spezza.
Anche Malatesta aveva coscienza d’aver raggiunto nella sua maturità, per l’ampiezza dei pensieri via via suggeritigli dal suo partecipare alle circostanze maggiori della vita sociale del suo tempo, un orientamento ben definito. Qualche volta gli veniva la tentazione di accingersi ad un’esposizione complessiva che ne desse contentezza e ragione anche agli altri. Ma le esigenze o dell’azione sociale o del lavoro per vivere gli hanno sempre negato il tempo necessario ad un’opera che esigeva un periodo di pensiero riposato. Fabbri ci dà quella esposizione. E possiamo essere certi che essa ci presenta Malatesta come egli stesso si sarebbe detto a noi, se ne avesse avuto la possibilità. Ecco dunque Malatesta, ecco la sua perenne attualità. Malatesta è l’anarchico in cui si esprimono le caratteristiche forme italiane del pensiero quand’è spontaneo (il distinguere, il rifiutare le generalizzazioni, ciò che pare scetticismo o empirismo puri ed è invece il risultato d’una lunghissima esperienza storica nutrita di disinganni e di sofferenze oltre che d’illusioni e di fedi). Egli dice, in sostanza: i mezzi condizionano i fini, per la libertà ci si deve battere con strumenti che già siano in se stessi libertà. E questa non è verità che fluisca da “teorie”: è l’esperienza del vivere che ci mostra sempre l’oppressione nascere dall’oppressione, e sole costruzioni sociali valide nel tempo quelle in cui si ha il coraggio della molteplicità, dell’apertura, della libertà. L’anarchismo – messo in disparte (quand’anche non deriso) dai molti che ne avvertono l’intima verità ma lo trovano troppo scomodo per farne la propria bussola nella vita sociale – mostra ancora una volta quanto “realistico” esso sia nella considerazione dei fatti, nella determinazione d’un atteggiamento umano di fronte ad essi.
Ecco la bussola.
Essa indica una direzione di vita chiara ed efficace, in questo nostro mondo in cui troppi dicono: bisogna armarsi per la pace, bisogna mentire per la verità bisogna odiare per l’amore, bisogna comandare od ubbidire per la libertà. La offriamo alla meditazione di quanti oggi, ansiosi, cercano se è possibile ancora dirigersi verso qualcosa d’umano, o se invece bisogna davvero abbandonarsi alla barbarie ed al caos.

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Note dell’Archivio
-La prima edizione di questo libro venne pubblicata da RL nel 1951. Il titolo dell’edizione originale: Vida y pensamiento de Malatesta (Tradiccion de D. A. De Santillana – Editorial Tierra y Libertad, Barcellona) La presente edizione, preparata in accordo con Luce Fabbri sui manoscritti dell’autore, ha omesso la parte della “Vita di M.” che sarà pubblicata più tardi a parte ed ha per contro incluso l’estesa Bibliografia originale curata da Ugo Fedeli.
-Nella versione digitale pubblicata manca la bibliografia malatestiana curata da Fedeli.

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