Opuscoletto sul Comitato Nazionale Anarchico contro le Carceri “Gianfranco Faina”

[Prima metà degli anni ’80], Roma, 30 p.

La proposta della formazione di un comitato contro le carceri è nata dalla ana­lisi che alcuni compagni hanno fatto rispetto alla situazione carceraria e al socia­le in generale. Non si può negare che soprattutto negli ultimi tempi tutte quelle strutture che legavano i compagni in carcere con la realtà fuori e viceversa sono andate via via scomparendo per vari motivi. Il risultato di tutto ciò non può esse­re che disastroso in quanto ci porta in un terreno di «difesa», lasciando spazio al potere di continuare indisturbato il suo lavoro di totale annientamento. Riprendere tutti i fili di comunicazione fra i compagni, creare punti di riferi­mento per sviluppare il nostro antagonismo, cercare di organizzarci a livello operativo con quei gruppi e individualità che anche in questo momento manten­gono contatti con il carcere in maniera isolata e frammentaria, ci pare fonda­mentale per ricercare un terreno qualificato da dove partire. Nella generale discussione all’interno del movimento anarchico sulla questio­ne carcere/controllo sociale noi crediamo sia opportuno mettere in piedi una struttura con caratteristiche di attività e mobilità che vada direttamente ad inci­dere all’interno della problematica degli istituti di massima sicurezza. In merito a ciò la specificità del comitato è un approfondimento della nostra attività contro la repressione: infatti il carcere speciale è solo la punta di diaman­te della repressione che noi quotidianamente subiamo all’interno del circuito so­ciale.
Gli interventi che il comitato intende attuare sono:
1) Bisogna tener presente che tutti i compagni anarchici colpiti dalla repressione vanno in ogni caso sostenuti.
2) L’allestimento di una simile struttura prevede tutto un lavoro specifico (collo­qui, pratiche giudiziarie, promozione di assemblee specifiche ecc.) e richiede un numero di compagni non certo esiguo e uno stretto collegamento con tutte le strutture del movimento anarchico.
3) Si propone di svolgere una funzione controinformativa su ciò che accade sia all’interno che all’esterno del carcere (pestaggi, arresti, trasferimenti, ecc.) con la dovuta tempestività, utilizzando tutta la stampa anarchica ed alcune testate in particolare. 11 comitato deve altresì essere in grado con la lotta e con la con­troinformazione di opporsi a tutte le disposizioni liberticide che di volta in volta il potere articola contro e sulla vita dei compagni.
4) La creazione di strutture legali e mediche ricorrendo anche a quelle già esi­stenti nel movimento e l’utilizzo di tutti gli strumenti a disposizione per sot­trarre i compagni dalle carceri anche facendo leva nelle crepe della cosiddetta «giustizia».
5) La costituzione di una serie di punti di riferimento sul territorio a far si che il comitato non sia una struttura centralizzata premettendo che i gruppi hanno autonomia e libertà di azione.
6) Il sostegno non si attua attraverso una pratica assistenziale ma nella continui­tà e intensificazione delle lotte contro il controllo sociale.
7) La formazione del comitato si basa sulle affinità dei compagni che lo costitui­scono, sulla loro reale comunicazione e cooperazione: in quanto la prospetti­va dell’estinzione del carcere e la liberazione dei prigionieri siano alcuni pas­saggi concreti per una lotta generale di estinzione dello stato e di liberazione.

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