Proudhon Pierre-Joseph, “La giustizia nella Rivoluzione e nella Chiesa”

Edito da UTET, Torino, 1968, 798 p.

Questa opera di Proudhon è una somma che contiene tutti i grandi temi già trattati o abbozzati e quelli che verranno sviluppati in seguito. È la grande opera della maturità: Proudhon aveva quasi 50 anni quando l’opera apparve nel 1858; era da tempo famoso, ascoltato e temuto, ammirato e odiato; e l’opera annunciata era attesa come un evento. Ma la maturità di Proudhon è quella del combattente quanto quella del pensatore: è il polemista che si fa avanti e scopre, con una forza a volte sconcertante, una libertà di parola che rivendica come diritto inalienabile acquisito nel 1789 e che usa con giubilo. Anche la sua scrittura porta il segno di questa esaltante libertà: rompe con tutti gli accademismi e si concede tutti gli stili, tutti i toni, tutte le forme.
L’opera, divisa in tre tomi nell’originale in francese, pone in tutta la sua ampiezza e complessità uno dei problemi fondamentali lasciati in eredità dalla Rivoluzione francese. Questo problema, affrontato in modo molto diretto da Proudhon, è quello di una giustizia sociale che ha perso il suo fondamento e la sua origine nel diritto divino, e che d’ora in poi si ritiene debba essere radicata nel diritto umano e allo stesso tempo fondare questo diritto; e questo a partire dal primo testo fondativo, cioè la Dichiarazione dei diritti dell’uomo e del cittadino.

Link Download: https://mega.nz/file/OFBiECIT#nlA91hVUHF_vWouNTyg_ppKkWJm03mdEphgqsrEGspc

Note dell’Archivio
-Traduzione di parte del libro “De la justice dans la révolution et dans l’église”, 1858
-Come riportato dal curatore, Mario Albertini: “Ho condotto la traduzione sul testo della nuova edizione delle Opere Complete. Questa edizione riproduce il testo apparso nel 1868 a Parigi presso Lacroix (prima edizione delle Opere Complete). Si tratta di quello della seconda edizione della Justice. Proudhon pubblicò una prima edizione della Justice nel 1858, a Parigi, presso Garnier, e una seconda edizione nel 1860, a Bruxelles, in due serie di fascicoli, la prima intestata « Office de publicité, 1860 » (la testata è quella di un modesto giornale belga dell’epoca), la seconda «Bruxelles et Leipzig, A. Schnée, 1860 »). L ’indice della prima edizione recava, per ogni studio, una sintesi dell’argomento, che è stata conservata. La seconda edizione recava inoltre, alla fine di ogni Studio, un certo numero di articoli di politica contemporanea, intitolati Nouvelles de la Revolution. Questi articoli, che trovano una giustificazione nella pubblicazione a dispense, non hanno alcun rapporto diretto con gli argomenti degli Studi, e sono stati perciò esclusi.
La Justice comprende dodici Studi, che sono dodici monografie perfettamente compiute piuttosto che dodici capitoli di un libro nel senso corrente della parola. Essa costituisce una sorta di summa del pensiero di Proudhon, e a parere di molti studiosi, il suo lavoro più importante. Io ho scelto il primo (Posizione del problema della Giustizia), il secondo (Le Persone), il terzo (I Beni), il quarto (Lo Stato), il sesto (Il Lavoro), nonché due capitoli del settimo (Le Idee) dedicati alla ragione collettiva. Questi Studi e questi capitoli sono, a mio parere, quelli di maggiore interesse sociologico, perché presentano con maggiore chiarezza, o precisione: 1) la visione proudhoniana della società, 2) la dottrina della forza collettiva, della ragione col­lettiva e dell’essere collettivo. I titoli degli altri Studi sono i se­guenti: quinto, L ’Educazione, ottavo, Coscienza e Libertà, nono, Progresso e Decadenza, decimo, Amore e Matrimonio, undicesimo, Sèguito dello stesso argomento, dodicesimo, Della sanzione morale. Questi argomenti sono toccati, in certa misura, anche negli Studi di questa scelta. In particolare il fondamento sociale dell’educa­zione è trattato nello studio sul lavoro.
Per quanto riguarda la traduzione, tra la fedeltà al testo sino all’articolazione formale della frase, e un italiano corrente, ho scelto, nei limiti del possibile, la prima via. Mentre scrive, spesso di getto, Proudhon lotta come se avesse di fronte, in un vero e proprio « corpo a corpo » (Sainte-Beuve), coloro che ostacolano, a suo parere, la marcia della giustizia. Perciò traducendolo lo si tradisce se non si cerca di conservare, nella misura del possibile, la risonanza emo­tiva del suo dettato.

-In questa opera, Proudhon mostrava apertamente la sua misoginia e il suo conservatorismo. Per il pensatore francese, le donne dovevano accudire il focolare domestico. Nella “Nota G, p. 701” riguardo il servizio domestico (pagg. 733-734) scriveva: “Le famiglie agiate, per procurarsi buoni domestici, non hanno scoperto altro segreto che l’attrattiva del salario. Da ciò, una ano­malia rattristante; il domestico è retribuito al di sopra del suo valore, la serva è più danarosa dell’operaia, cosa che costituisce il sovvertimento di tutti i rapporti sociali, politici ed economici. I padroni non sono per questo meglio serviti: con il rialzo del costo dei domestici, lo sfruttamento della classe ricca da parte della ser­vitù non fa che aumentare: questa sarà una delle cause della distru­zione della borghesia.
Al vuoto lasciato da domestici depravati, non c’è che un rimedio: che le donne, le giovani, ritornando coraggiosamente alle cure dome­stiche, ridiventino le domestiche di sé stesse; che le famiglie si rico­stituiscano, che il figlio non abbandoni la casa paterna, che la sorella non sposata non si separi dalla sorella sistemata, che le madri restino con i loro figli, gli zii e le zie con i loro nipoti. In Germania esiste una abitudine felice, lo scambio che le famiglie fanno fra di loro dei loro figli, al fine di formarli ai lavori dell’industria, alle abitudini di diverse famiglie e alle cure domestiche. Non la consiglierei in Francia: nell’attuale stato dei costumi, non c’è nessuna sicurezza per la giovane, e neanche per il giovane, se si allontanano dal foco­lare paterno. Ma è certo che, se qualcosa potrà un giorno sostituire la servitù feudale, che non aveva niente di umiliante, questo è, dopo la riforma dei costumi femminili, la servitù scambievole.

Questa ostilità di Proudhon verso le donne si sarebbe manifestata anche in altre opere – la cui summa maxima si sarebbe raggiunta con la pubblicazione postuma di “Pornocrazia”.
Nel periodo storico in cui visse Proudhon non mancarono le critiche: basti pensare a Dejacque che, nella lettera inviata al pensatore francese, “Dell’essere umano maschile e femminile”, criticò aspramente questa misoginia che di socialista non aveva nulla. O Louise Michel che, pur essendo d’accordo sulle impostazioni politiche di Proudhon, ne rigettava apertamente la misoginia.

Questa voce è stata pubblicata in Libri e contrassegnata con , . Contrassegna il permalink.